Le mistificazioni sul dissenso

L’importanza di questa documentazione - da noi mai tenuta nel cassetto ma sempre a disposizione dei compagni - sta nel fatto che essa non solo costituisce l'unico terreno di indagine sulle ragioni, circostanze e responsabilità della scissione internazionalista del 1952, ma altresì perché tale documentazione è stata sempre volutamente ignorata e pertanto negata, sia dai fautori stessi della rottura organizzativa, che dai successivi gruppi e gruppetti filiali dai primi.

Ancor oggi, infatti, si fa cenno, con superiore distacco, a ciò di cui in superficie si sarebbe macchiata "Battaglia comunista" (in realtà, dal n. 18/1950 al n. 1/1952 sotto la direzione politica dei futuri programmisti): pose attivistiche e demagogiche, fregola elettoralista e parlamentarista, artificiosità macchinosa della struttura organizzativa, eccetera. Al "fondo" del dissenso, invece, vengono attribuite ai Battaglisti altrettanto inverosimili visioni di sfumate teorie del superimperialismo e di storture pannekoekiane o di supposte nostre intenzioni degenerative e opportunistiche per la formazione del partito attraverso aggregazione di nuclei di origine disparata, eccetera. E viene poi sempre respinta con orrore la nostra definizione, fin da allora formulata, dell'Urss quale società capitalistica e stato imperialista.

Le ultime sentenze critiche provengono da elementi che oltretutto non possono certamente vantare alcun rapporto con il P. C. Internazionalista del 1943, ne con la scissione del 1952, ma che a nomi e fatti si rifanno unicamente per alimentare una faida interna al bordighismo, prevalentemente basata su equivoci e confusioni sia politici che ideologici.

Nel complesso, tutti coloro che celebrano l'anno 1952 come la vera data di nascita del partito, quando sono stati costretti dalla curiosità dei più giovani compagni ad alzare qualche sipario si sono sempre limitati a sussurrare pettegolezzi e falsificazioni a buon mercato, sempre vani tentativi di giustificare quella che fu una dispersione organizzativa e un cedimento politico tanto concreto quanto astratte e idealiste erano le presunzioni di una missione di restaurazione teorica.

Un "lavoro lungo e difficile" che solo un unico cervello e pochi gregari potevano portare a compimento con successo. Una procedura - culminante nel commissario unico permanente fiduciario della... invarianza - giustificata a sua volta dalla constatazione che gli altri si erano irreparabilmente marchiali di "stupido attualismo, esistenzialismo di partito, scapigliato volontarismo, crasso adattamento allo status quo e alle sue immediate e misere prospettive; metodologia di praticoni; scimmiottatura di antiche posizioni antimarxiste; stupido spirito di rapida avventura e di successi a breve scadenza;" eccetera. (Tutte citazioni testuali dalle tesi e dai proclami in quel periodo sfornati a getto continuo).

Un bilancio politico

A che scopo - potrebbe chiedersi qualcuno - dopo quarant'anni di decantazione storica, ritornare su una diatriba politica apparentemente riservata a pochi e immalinconiti collezionisti di ricordi del tempo perduto?

Perché, come scriveva Onorato Damen:

una volta tanto bisogna pur fare il controllo dei dati della propria contabilità politica, per rivedere criticamente la propria condotta in confronto agli avvenimenti e anche in confronto a chi si pretendono depositari di non si sa quale coerenza ai principi e ai metodi che ci dovrebbero essere comuni.

Ora che è venuta meno, o si è notevolmente affievolita, quella che chiamavamo "la permanenza di certi dati soggettivi della crisi e della conseguente scissione", possiamo serenamente confrontare le nostre posizioni di allora e di oggi, e il nostro lavoro di marxisti e rivoluzionari, con quanto dall'altra parte è rimasto.

Da quella parte e nei suoi dintorni, il muro della sufficienza e della infallibilità è franato più volte; sotto macerie e detriti di ogni genere è spesso rimasta sepolta anche la buonafede e gli sforzi generosi di sinceri compagni rimasti impigliati nel gioco di chi, nel timore di affrontare un dibattito chiarificatore ha preferito sommare errore a errore, e sconfitta a sconfitta.

Lasciamo al lettore confrontare - alla luce dei dati obiettivi della situazione storicamente concreta e di una auspicabile conoscenza delle rispettive dinamiche politiche successive - le esperienze fatte e i risultati conseguiti rispettivamente dai due tronconi in cui si spezzò il partito nel 1952.

Per quanto riguarda certo "bordighismo", quale particolare fenomeno ideologico e politico successivo al crollo della III Internazionale e al secondo conflitto mondiale imperialistico, il nostro partito lo ha più volte criticamente analizzato (vedi per esempio la raccolta di scritti di O. Damen in "Bordiga, validità e limiti di una esperienza nella storia della Sinistra Italiana" - EPI - seconda edizione, 1977).

Gli accadimenti del 1951/52 si collocano appunto nel periodo in cui alcune caratteristiche più negative di quella tendenza - che successivamente avrebbe continuato ad arrecare altri danni, specie a opera degli epigoni si manifestavano per la prima volta.

Per la loro natura e pericolosa insistenza dovevano necessariamente essere denunciati e combattuti, senza debolezze e remore di alcun tipo, tanto meno di personalistico opportunismo. Conseguentemente soprattutto a quella fedeltà al marxismo rivoluzionario e alla sinistra comunista che altri hanno solo preteso e pretendono di esibire all'insegna di posticce invarianze.