I compiti del congresso

Da Battaglia comunista n.2 - febbraio 1952

Perché si pone il problema del nostro secondo Congresso, qualunque possa essere l’opinione che i singoli compagni possono avere intorno ai dissensi in cui il Partito si dibatte?

Fino a che si è potuto applicare in seno agli organi centrali e nell’organizzazione una politica unitaria informata più o meno bene alle direttive tracciate dal Congresso di Firenze, si guardava al II Congresso come a meta di normale consultazione per farvi il bilancio di quanto si è fatto o non si è fatto, si è fatto male, e infondere nuovo vigore alla organizzazione.

Ma quando dopo oltre tre anni di lavoro comune realizzato al centro a costo di una continua opera di smussamento e di accomodamento per il tentativo sempre rinnovato contro la maggioranza di sbarazzarsi alla chetichella d'ogni impegno apertamente assunto a Firenze, la necessità del Congresso si è presentata in tutta la sua drammatica urgenza, come la sola strada rimasta ai compagni sinceramente rivoluzionari che sentono di dover discutere i loro problemi e appianare i loro dissensi con conoscenza di causa ed obiettività prima di sapere se possono ancora andare avanti per affrontare insieme le lotte del proletariato o momentaneamente separarsi affidando ad una ulteriore esperienza la precisazione di certe impostazioni teoriche e tattiche e la selezione dei combattenti per tornare a serrarsi nelle file del Partito di classe.

Urge sapere quanti sono gli iscritti al nostro Partito che si dichiarano tuttora solidali con le idee, i programmi, la tattica e le prospettive proprie del Partito e della sua tradizione.

E va detto subito che bisogna impedire, anche a costo di una lacerazione del tessuto organizzativo del Partito, che dietro il tentativo di non volere il congresso si nasconda l'obiettivo di varare sottomano piattaforme che finirebbero col fare della nostra organizzazione una forza ausiliaria dell’imperialismo e della guerra.

Il Congresso non soltanto dovrà indicare la via da seguire nei rapporti con le masse, i sindacati e le agitazioni, ma dovrà finalmente affrontare il problema russo, della sua economia, della sua classe dirigente e del ruolo giuocato dal suo Stato.

Non farlo significa mantenere il Partito in uno stato d'impreparazione, impedire l'elaborazione di un serio contributo alla teoria rivoluzionaria e fare della sua forza una massa di manovra alla portata ora dell’ambizione ora della vigliaccheria, sempre possibili.

In una parola i compagni vogliono veder chiaro nella vita del loro Partito, tanto al vertice come nella organizzazione di base; i congressi sono fatti per questo.

E il nostro II Congresso è chiamato a dire:

  1. se i comunisti internazionalisti devono essere a fianco degli operai nelle loro lotte rivendicative;
  2. se devono lavorare o no nei sindacati, raggruppati con simpatizzanti e senza partito in frazione sindacale per condurvi una opposizione di classe;
  3. se devono entrare a far parte delle commissioni interne per svolgervi, finché sarà loro reso possibile, un'azione di critica e di difesa degli interessi operai;
  4. se la Russia Sovietica è da considerare alla stregua di un paese capitalista, o tuttora “tendente al capitalismo”;
  5. quale atteggiamento dovrà assumere il Partito di fronte ai protagonisti della prossima guerra imperialista.

Il nostro II Congresso dovrà decidere infine la linea di condotta valida e impegnativa per tutti, e sulla base di essa creare una solida disciplina rivoluzionaria, senza la quale sarebbe compromesso il ruolo di guida, proprio del Partito di classe.