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Home ›Alitalia: giri di giostra e volontà dei lavoratori
Il dato da cui partire è sicuramente l'esito del referendum sul pre-accordo firmato dai confederali con altre sigle corporative al MISE, con il management di Alitalia e la sponsorizzazione del governo. Il rifiuto che è uscito da parte dei lavoratori è stato netto: NO! al il solito piatto di “merce avariata” funzionale a supportare il terzo “giro di giostra” della ristrutturazione in pochi lustri in Alitalia, a danno solo ed unicamente dei lavoratori come i precedenti, che avrebbe aperto le condizioni da qui a poco tempo per il “quarto giro di giostra”.
Questa volta i lavoratori hanno deciso di scendere.
Il canovaccio era sempre quello: una dialettica formale fra le parti, in cui ognuna nella sostanza e nel suo ruolo di competenza si accollava l'onere di far passare la bontà di questo pre-accordo.
Una strategia sperimentata, che neanche più aveva lo scopo della famosa “riduzione del danno”, come nei tanti “accordi al ribasso “ fatti si enunciava quale filosofia di base. Qui non vi era nulla da scambiare, e questa è la realtà che oramai da svariato tempo pone davanti ai lavoratori la logica capitalistica.
Una situazione di cui in fondo erano consapevoli gli stessi dirigenti sindacali preposti alla trattativa.
Il segretario della FILT-CGIL, Nino Cortorillo, è arrivato a sostenere che
...si chiedono ai lavoratori dei sacrifici 'impropri' perché non è il tema del costo del lavoro la causa dei problemi di Alitalia.
Ma il sacrificio “improprio” rispecchia la logica del sacrificio comunque “dovuto” di fronte alle logiche capitalistiche e ai suoi guasti. E la polemica implicita contro il managemant di Alitalia non è che la foglia di fico delle scelte sostanziali a sostegno dello stesso e contro i lavoratori.
Come si dice conta più un fatto che mille parole.
Non è un caso che in attesa del voto referendario fra i lavoratori, i confederali con gli altri sindacati corporativi, e in piena sintonia con le dichiarazioni da ultimatum del Governo, abbiano messo in piedi una vera e propria campagna di terrorismo verso un eventuale esito avverso del referendum al pre-accordo.
Un simile atteggiamento non è nuovo nelle strategie sindacali, ma sicuramente qui ulteriormente pesavano i tempi della crisi dell'azienda, le pressioni del Governo, la necessità di ricollocarsi, mantenere la propria posizione corporativa e di cogestione dei conflitti dentro ogni passaggio di crisi; ultima cosa, ma non per importanza, il fatto che evidentemente si aveva coscienza che il barometro fra i lavoratori segnava brutto tempo.
Si è palesemente scelta la strada di impaurire i lavoratori fino a prese di posizione pubbliche che agitavano lo spauracchio di “Almaviva” e dei 1666 licenziamenti . Come si dice, una articolazione della dialettica sindacale, di solito molto prolissa, gonfia e tronfia, ridotta veramente all'essenziale. Ma evidentemente i nostri bravi dirigenti si dimenticavano di dire che il successivo accordo sulla sede di Napoli di Almaviva non aveva fatto altro che riproporre, di fronte al ricatto del licenziamento, le estreme ricette padronali da far ingoiare ai lavoratori: perdite sul Tfr maturato, rinuncia agli scatti di anzianità, taglio del 12 /o del salario, incremento di controlli e pressioni sui ritmi di lavoro, senza assicurazioni ulteriori sulle garanzie occupazionali.
Ma così per i lavoratori Almaviva di Roma anche per i lavoratori di Alitalia la vita è stata maestra e dopo anni di calci nel culo si è deciso di rispedire al mittente “l'improprio” sacrificio.
Non bisogna stupirsi della canea mediatica post- voto che faceva apparire i lavoratori come la causa della crisi dell'Alitalia . Di solito riflette il posto che viene assegnato alla nostra classe di fronte agli interessi capitalistici, quando anche parzialmente vengono messi in discussione.
Scrivevamo sulla vertenza Almaviva:
La resistenza messa in piedi dalla parte più combattiva dei lavoratori è stato un chiaro NO! ad ulteriori sacrifici, accettando il terreno di scontro posto dall'azienda , nella consapevolezza che arretrare vuol dire alla fine perdere tutto comunque.
E questo vale anche per i lavoratori dell'Alitalia.
E' altrettanto chiaro che la vittoria del NO! al referendum segna una fragile linea di resistenza, prodotto oggettivo più della reazione all'esperienza che si è subita sulla propria pelle che di una linea definita. In gran parte la vera partita si giocherà adesso nella consapevolezza che le classi dirigenti vorranno trasformare questa parziale sconfitta in una vittoria.
Le dichiarazioni dei più avveduti esponenti borghesi e del fronte padronale già impegnano questo passaggio come occasione per mettere mano ai nodi della ristrutturazione del settore in maniera definitiva. Facendo cioè risalire i guasti di indirizzo dei vecchi management e le scorribande delle cordate proprietarie a questo deficit di decisione sugli indirizzi da prendere .
Ma ovviamente poi le ricette in campo e le relative decisioni dovranno giocoforza tener conto dei processi di concentrazione, concorrenza e specializzazione che nel mercato dell' “aria” si sono dati.
I famosi piani industriali sempre richiesti dai sindacati nonché le altrettanto famose proposte di “nazionalizzazione” del settore si scontreranno con questo processo che prevede ulteriori destrutturazioni industriali e danni per i lavoratori.
Per questo scrivevamo ancora sulla vicenda Almaviva e vale anche per i lavoratori Alitalia:
Il nodo che i lavoratori si trovano sempre più spesso davanti è questo: o accettare le brutali compatibilità capitalistiche aziendali, sapendo che comunque alla fine saranno dei 'vuoti a perdere', o mettere in gioco tutto in una costruzione di forza e di organizzazione di lungo periodo che superi i limiti di azienda, categoria, corporativi a cui il rapporto immediato capitale-lavoro li lega per puntare all'unità della classe sfruttata contro il capitalismo.
Questo è il nodo che le lotte dei lavoratori, i singoli punti di resistenza espressi si trovano di fronte e che devono saper affrontare in queste difficili situazioni.
Battaglia Comunista #05-06
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