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Home ›Riforma del mercato del lavoro - Si stringe il cerchio intorno al proletariato
Dove eravamo rimasti? Eravamo rimasti che gli animali da preda del capitale stavano stringendo il cerchio attorno alla vittima, intenti a discutere con i suoi falsi amici i dettagli della spartizione del bottino.
Stiamo riparlando, ovviamente, delle trattative in corso tra “parti sociali” e governo per dettare le nuove regole del mercato del lavoro o, più propriamente, per finire di smantellare le ultime barriere che tengono timidamente a freno lo strapotere padronale.
Dall'ultima volta che abbiamo affrontato la questione, non molto è cambiato, grandi proposte non sono uscite ufficialmente, se non che - ma è una sorpresa? - i sindacati hanno fatto aperture rispetto all'intransigenza (?) con cui avevano accolto le prime dichiarazioni di Monti-Fornero sulla rottamazione dell'articolo 18 e sullo stravolgimento, cioè cancellazione, di una parte importante dei cosiddetti ammortizzatori sociali. Inutile dire che CISL-UIL sono state le prime a prendere al volo qualche dichiarazione della ministra del lavoro per rendersi più che disponibili a discutere, cioè a calare tutti gli indumenti dalla cintola in giù, com'è loro abitudine fare, giustificando la totale sottomissione ai desiderata del padronato con la solita ipocrita motivazione che se non si trova un compromesso onorevole (per chi?), il governo procederà comunque sulla strada della “riforma”. E' una storiella che non smette di disgustarci pur sapendo, in quanto lavoratori, che è “l'attacco” di ogni assemblea sindacale. Tradotto: care/i lavoratrici/ori, se vi lasciate immobilizzare da noi, vi farete meno male quando “l'impresa” vi bastonerà, altrimenti, se vi scomporrete, dando in escandescenze nel rifiutare la cura, vi farete più male ancora. Come dice Bonanni:
sappiamo che [il governo, ndr] vuole intervenire sull'articolo 18 [...] speriamo ci sia ragionevolezza da parte di tutti. E spero saremo all'altezza anche come sindacato per offrire soluzioni, perché se noi ci chiudiamo a riccio e diciamo che non vogliamo discutere allora ci pensa il governo, come con le pensioni.
F. Piccioni, il manifesto, 16 febbraio 2012
Il segretario generale della CISL non è nemmeno sfiorato dall'idea che, eventualmente, si potrebbe contrastare con uno scontro frontale, cioè con scioperi veri, la politica padronal-governativa, perché è un'ipotesi contraria al sindacalismo in generale e, in particolare, se così vogliamo dire, a quello “complice” (Sacconi dixit). La paralisi del sistema produttivo-distributivo e dei servizi, al limite, per Bonanni and Co. rientra nella categoria “incubi peggiori”, poiché prima di tutto viene il famigerato “bene del paese”, anche se, come è sotto gli occhi di ognuno, il sacrificio necessario, cioè il pestaggio, avviene sempre a senso unico.
Anche la CGIL, seppure con qualche problema in più, a causa della sua ala radical-riformista (in primis, la FIOM), non si tira indietro dal confronto con governo e Confindustria, per far quadrare il cerchio della propria costante disponibilità a mettere i lavoratori sotto il giogo dell'“interesse nazionale” con l'immagine di difensore incrollabile dei lavoratori medesimi. Che Camusso abbia incontrato segretamente Monti per parlare di articolo 18 con annessi e connessi, è, in fondo, irrilevante: a parte le aperture che si intravedono tra il muro di intransigenza eretto, a parole, in difesa dell'articolo 18, ogni volta che “il paese” ha chiamato, la CGIL non si è mai tirata indietro nel cacciare rospi grossi come gatti nella gola della classe operaia (intesa in senso lato). È stato così nei decenni scorsi ed è così anche oggi, sebbene la gravità della crisi e gli stravolgimenti intervenuti nel corpo operaio conseguenti alla “globalizzazione” abbiano spinto il padronato a una politica molto più aggressiva del solito, costringendo il sindacato (indebolito) a un riadattamento, parziale, della sua prassi tradizionale. Inutile sottolineare che il sindacalismo è corresponsabile di queste trasformazioni, avendole sostenute, per gli ambiti di sua competenza, ogni volta che gli era richiesto.
In breve, il problema della CGIL non è se rifiutare i sacrifici e organizzare dure lotte (sindacali), ma come far passare i sacrifici conservando la pace sociale e, allo stesso tempo, la propria immagine, senza apparire uno spudorato servo del padrone come i suoi soci CISL-UIL. Non solo e, anzi, non tanto perché tra la base fermenta una sincera, benché impotente, opposizione alle politiche governative, quanto perché se si appiattisse sull'andazzo di CISL e UIL, perderebbe ciò che rimane del suo ascendente, e dunque il controllo, su quelle fasce di proletariato meno rassegnate che, nonostante tutto, hanno nella CGIL un punto di riferimento. Se questo accadesse, chi potrebbe assicurare le piazze vuote o docili “processioni” sindacali?
D'altra parte, la crisi morde e il padronato ha bisogno di eliminare tutto ciò che può rallentare lo sfruttamento: è evidente come non sia l'articolo 18 a impedire la “crescita”, visto che
negli ultimi 5 anni i casi regolati in base all'articolo 18 sono stati 310.
P. Carniti, la Repubblica, 13 febbraio 2012
Ma la sua abolizione potenzierebbe fattori produttivi importanti - soprattutto quando una determinata composizione organica del capitale rende l'estorsione del plusvalore problematica o meno efficace, tramite nuovi investimenti - quali il ricatto, l'intimidazione, la minaccia: in sintesi, il terrorismo padronale sul posto di lavoro.
La Confindustria (e il suo governo) vuole tutto e subito, il sindacato e, in parte, il centro-sinistra vogliono gradualismo o, meglio, articolazione degli interventi, per non far esplodere il conflitto sociale. Il governo, però, per bocca di Monti e della Fornero, non si stanca di ripetere che la riforma del mercato del lavoro si farà comunque, assumendo, anzi, atteggiamenti anche più oltranzisti della stessa Confindustria relativamente alla proposta di cancellazione - totale o parziale - della cassa integrazione, per sostituirla con nuove forme del sussidio di disoccupazione, per le quali, però, mancano i soldi. Finanziamenti che, del resto, stanno venendo meno anche per la cassa integrazione - in particolare quella in deroga e straordinaria - in calo deciso, il che tuttavia non significa una ripresa dell'occupazione, ma, al contrario, uno sbocco verso la disoccupazione (vedi “Cassa integrazione in calo...”, in rassegna.it - 18 febbraio 2012).
Vediamo dunque cosa uscirà dai laboratori della borghesia, ma una cosa è certa: qualunque sia la pillola che stanno confezionando, sarà molto, ma molto amara.
CBBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #03
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