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Home ›Scuola: licenziamento di massa
Continuano i licenziamenti, ma riparte anche la mobilitazione
Anche quest’anno, sui lavoratori della scuola e in particolare sui precari, si abbattono con violenza i tagli della “riforma” Gelmini/Tremonti. Verranno cancellati altri 25.600 posti di docenti e 15.000 di personale Ata, che sono da aggiungere ai 42.100 docenti e 15.000 Ata già eliminati lo scorso anno.
Quest’anno i tagli avranno una maggiore incidenza nella scuola secondaria di secondo grado, dove spariranno 13.700 posti di lavoro, mentre 8.700 ne perderà la scuola primaria. Un vero e proprio licenziamento di massa. E non basta. Il piano triennale di assunzioni in ruolo previsto dalla legge finanziaria del 2007 (150.000 docenti e 30.000 Ata) è solo carta straccia, e per l’anno scolastico 2010/2011 sono state previste solo 16.500 assunzioni a fronte di 100.000 posti vacanti.
Le prime iniziative di protesta sono cominciate già a fine agosto. Mobilitazioni e manifestazioni si sono svolte a Pisa e in quasi tutte le città della Sicilia: A Palermo, a Catania, a Trapani e a Messina. Dei 25.600 posti che verranno tagliati, oltre il 50% saranno infatti nel già martoriato Sud. Salvo Altadonna, Giacomo Russo e Caterina Altamore, insegnanti precari siciliani, e Rocco Altieri, precario di Pisa, hanno cominciato lo sciopero della fame, preannunciato anche dai precari di Milano e Salerno.
A Roma, il 27 agosto, si è tenuto un nutrito sit-in davanti Palazzo Montecitorio, animato dal Comitato Precari Scuola (Cps) della capitale e da delegazioni provenienti dalla Sicilia, docenti e personale Ata. Iniziativa sostenuta dall’RdB-Usb e dall’Flc-Cgil, l’organizzazione sindacale che nella scuola ha il maggior numero di tesserati.
Il buon risultato di partecipazione ottenuto dallo sciopero degli scrutini dello scorso giugno indetto dal sindacalismo di base e boicottato dai vertici dell’Flc, e le mobilitazioni che si vanno ora diffondendo in tutta la penisola contro i licenziamenti di massa nella scuola, sono il segno che il malcontento cresce e trova per adesso espressione sia nelle iniziative promosse dai sindacati o comunque da gruppi organizzati, sia in gesti spontanei ed “estremi” come può essere lo sciopero della fame, l’incatenamento o la salita sui tetti di uno o più individui.
Di fronte alla totale inerzia che per anni ha caratterizzato il mondo del lavoro nella scuola, questo è senz’altro un fatto positivo. Ma, ovviamente, non basta.
Il Comitato Precari Scuola spiega che è in piazza "per evitare qualsiasi tentativo di soluzione localistica e assistenziale: non accettiamo elemosine (il riferimento è al decreto salva-precari che dovrebbe garantire circa metà dello stipendio ad almeno 20mila precari non confermati - ndr) che servano a tirare a campare ancora un anno nel precariato, ma vogliamo l'assunzione a tempo indeterminato e il ritiro dei tagli" (dal Manifesto del 28 agosto). Quale lavoratore precario della scuola potrebbe dirsi contrario a queste richieste? Ma il problema è: come raggiungere questo obiettivo minimo? Come imporre al governo un cambiamento di rotta di 360 gradi? Perché è esattamente di questo che si tratta, e bisogna esserne consci.
Morsi dalla crisi mondiale, i governi, per conto dei padroni, falciano tutte le spese che non sono immediatamente produttive per il capitalismo (scuola, sanità, servizi pubblici) favorendo e sostenendo allo stesso tempo i privati in ognuno di questi settori. E’ chiaro dunque che soltanto una mobilitazione di massa che rompa gli argini e i vincoli imposti dal sindacalismo (leggi anti-sciopero, preavvisi, deleghe, ecc.) può sperare di strappare qualcosa. Quando invece leggiamo che contro i tagli l’Flc proclamerà lo sciopero di “un’ora di lezione a partire dal 1 ottobre, reiterato ogni quindici giorni fino a dicembre 2010”, capiamo che il maggior sindacato della scuola non ha alcuna intenzione di opporsi seriamente a questo feroce attacco, nonostante la buona fede e la buona volontà di tanti suoi militanti di base.
Ma tutte le iniziative meramente sindacali – anche quelle più dure – risultano sterili se si fermano di fronte alle compatibilità del sistema. Perché è il capitalismo che esige questi tagli, così come esige l’aggressione complessiva al mondo del lavoro inaspritasi con l’esplosione della crisi. Mobilitiamoci quindi contro i tagli, ma iniziamo a farlo davvero: iniziamo a mettere in discussione dalle fondamenta questa economia e questa società, dominata dal dio profitto.
GekBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #9
Settembre 2010
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