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Home ›Alitalia: come volevasi dimostrare, i lavoratori pagano i borghesi fanno affari d'oro
È finita come doveva finire. A meno di sorprese dell'ultimo minuto, l'Air France-KLM entrerà nella “rinata” Alitalia, ex CAI, con il 25% del capitale, acquisendone, quindi, il controllo di fatto. Tanti saluti, dunque, all'italianità della fu compagni di bandiera italiana, cavallo di battaglia del cavalier Berlusca e della banda di capitalisti riunitisi per spolpare il succulento boccone. A spese dei contribuenti, naturalmente, cioè dei lavoratori, in primo luogo dei dipendenti Alitalia. Dal marzo 2008, quando Berlusconi pose il veto alla prima offerta AF-KLM, facendo balenare l'intervento di una cordata italiana, tutti sapevano che sarebbe andata così, economisti borghesi inclusi, che avevano sottolineato l'assenza di un vero piano industriale della “cordata” - spuntata poco tempo dopo la vittoria del centro-destra alle elezioni - dunque il carattere puramente speculativo-predatorio della “operazione CAI”. In gioco, ovviamente, non c'era il salvataggio del prestigio italiota, men che meno quello dei posti di lavoro, ma la possibilità di lucrare dallo smembramento della compagnia, ripianando i debiti di amici e amici degli amici, vale a dire di AirOne nei confronti di Banca Intesa.
Che dire, poi, dei sindacati “maggiormente rappresentativi” ossia i confederali e l'ex (?) fascista UGL? Che forse hanno superato se stessi nella lunga, lunghissima scia di porcherie commesse ai danni dei loro presunti rappresentati. In primavera, avevano alzato le barricate contro il piano AF-KLM che prevedeva circa tremila licenziamenti diretti: i disinformati o i distratti forse vi avevano visto la ferma volontà di interpretare davvero il ruolo del sindacato, cioè di tutore, sia pure dentro le regole capitalistiche del mercato della forza-lavoro, di quest'ultima.Invece si trattava soltanto di distrazione; a dire il vero, non solo e non tanto relativa all'episodio Alitalia, bensì alla natura del sindacato in generale, difensore degli interessi dei lavoratori ma nel pieno rispetto delle compatibilità capitalistiche, che costituiscono il punto di riferimento primario. Dunque, se tali compatibilità non ammettono altro che il peggioramento delle condizioni di esistenza del lavoro salariato, il sindacato può al massimo trattare l'intensità del peggioramento e spacciare un - assai presunto - male minore per una conquista.
Però, come si diceva, in questo caso il sindacalismo “ufficiale” è stato più realista del re, concedendo senza battere ciglio un numero di licenziamenti tre volte superiore di quello ipotizzato da AF-KLM e un degrado significativo delle condizioni contrattuali per i neo-assunti nella futura compagnia.
Di più, ha sistematicamente perseguito la divisione tra lavoratori: giocando sporco sul pregiudizio, scientificamente alimentato dai mass media, in merito ai “privilegi” del personale di volo, ha isolato quest'ultimi dai lavoratori di terra, depotenziandone così le lotte “selvagge” (le uniche efficaci) a tutto vantaggio, ovviamente, della CAI. Solo quando, poco prima di Natale, i lavoratori di terra si sono accorti che non erano affatto esclusi dalla cassa integrazione, che nuvole nere si addensavano anche sulle loro teste e non solamente su quelle di piloti, hostess, ecc., hanno adottato gli stessi metodi di lotta “selvaggi e incivili” dei “privilegiati”, bloccando Fiumicino.
Infatti, gli accordi sottoscritti dai sindacati, oltre ad accettare la cassa integrazione generalizzata, hanno recepito condizioni di riassunzione non solo peggiorative dei livelli salariali (meno soldi per lo stesso lavoro di prima), ma fortemente punitive (tra cui spostamenti arbitrari da una città all'altra) in particolare dei lavoratori più deboli: per esempio, delle madri sole con figli piccoli o dei genitori con figli portatori di handicap, i cui “diritti” sono stati buttati nella pattumiera (per non parlare, va da sé, dei precari: vedi BC 10-08).
Ma la borghesia, si sa, non riconosce nessun diritto al lavoratore, se questo non glielo impone con la forza, cioè con lotte che, per forza di cose, travolgano i reticolati stesi dai sindacati a difesa dell'ordine sociale borghese. Al quale, per altro, non mancano certo i mezzi giuridici, ossia il potere, per fronteggiare le emergenze della lotta di classe. Non per niente, i lavoratori che protestavano sono stati precettati - come i ferrovieri qualche tempo fa - dal ministro Matteoli, moralmente sostenuto dall'ineffabile Brunetta, tonante, al solito, contro i dipendenti mangiapane a tradimento, topi pasciuti col formaggio del pubblico spreco.
Poco importa che, come ammesso dallo stesso “liquidatore” Fantozzi, Alitalia “paga[sse] tutto il triplo”, compreso il carburante fornito dall'ENI, società a controllo statale, (vedi il manifesto del 2 gennaio 2009), che, a causa delle manfrine della classe politica tutta, per anni abbia perso un milione di euro al giorno (prestito-ponte acceso da Prodi, con approvazione bipartisan, incluso), che la produttività dei lavoratori, dopo aver ingoiato sacrifici su sacrifici, sia tra le più alte del settore e, dunque, il loro lavoro costi (al padrone) poco. Sempre, ma specialmente nei periodi di crisi, per la borghesia il nemico numero uno è la classe lavoratrice e, come tale, deve essere trattata.
Dulcis in fundo, il sindacalismo “alternativo” ha chiaramente dimostrato che quando si sceglie il terreno sindacale come teatro della guerra tra capitale e forza-lavoro, si devono necessariamente accettare le regole del gioco del nostro nemico di classe, del capitalismo.
Oltre ad aver espresso sconcerto e contrarietà di fronte alle lotte che uscivano dai binari dello stesso sindacalismo “di base”, come risposta agli scioperi pre-natalizi l'SdL non ha saputo suggerire di meglio che l'estensione dei contratti part-time, in quanto strumento di “solidarietà sociale tra i lavoratori” per ridurre la cassa integrazione (il manifesto, 24 dicembre 2008). Insomma, che sia CI o part-time, anche l'SdL accetta la logica del presunto meno peggio, scordandosi o, forse ritenendola solo propaganda, della “quarta e terza settimana”, cioè del fatto che se si fa fatica a vivere con uno stipendio intero, con uno dimezzato si fa la fame...
Morale della storia: oltre ai quattro miliardi di euro che l'intera operazione Alitalia costerà alle casse statali (vedi T. Boeri, la Repubblica del 2 gennaio 2009), licenziamenti, precarietà, salari ridotti, contratti capestro sono il prezzo da pagare perché la borghesia possa volare.
cbBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
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