I funerali della sinistra borghese

La scomparsa parlamentare degli eredi dello stalinismo

I canti di vittoria della borghesia nostrana, e internazionale, contro il comunismo si susseguono da decenni: la sconfitta del marxismo e la scomparsa del proletariato come classe antagonista al capitale camminerebbero di pari passo.

Nel coro, oltre ai più fedeli cani da guardia in difesa e conservazione della società borghese, non sono mancati voltagabbana e pentiti d’ogni genere, idealisti delle varie scuole filosofiche e sociali, ex stalinisti e maoisti, delusi personaggi di provenienza pseudo barricadiera e di ispirazione marxiana o gramsciana. Tutti questi facitori d’opinione si sono accodati ai costituzionali poteri borghesi per seppellire l’utopia del comunismo rivoluzionario (sogno infantile del proletariato ottocentesco...) sostituendola con il più becero riformismo, spacciato persino per un anti-capitalismo in salsa democratica. Tutt’al più un “comunismo” edulcorato, ridotto ad una tendenza culturale fra altre, da presentare nei salotti piccolo-borghesi. Alla fine, la democrazia borghese e il “popolo sovrano” hanno dato a questi signori il benservito privandoli delle tanto desiderate poltrone parlamentari: una batosta di tali proporzioni da preoccupare la stessa borghesia, che perde di colpo un paravento politico pur sempre utile. Senza parlare di quello sindacale, tenuto in piedi più col sostegno della polizia (vedi gli episodi di Pomigliano) che con l’appoggio operaio. Passata l’orgia elettorale, col tracollo e lo sconvolgimento di variopinte identità politiche in disperata caccia di consensi, si ritorna all’accavallarsi delle drammatiche manifestazioni di una crisi strutturale che rode ovunque il capitalismo e assesta continue stangate ai proletari. La realtà dell’acutizzarsi della crisi stravolge le condizioni di vita del proletariato ingigantendo i segnali di un imbarbarimento che rischia di trascinare con sé l’intera umanità. La borghesia, in due secoli di gestione del potere, ha affinato le tecniche della prevenzione e del contenimento della lotta di classe sul terreno ideologico e politico; con i suoi intellettuali, economisti e opinionisti, non può che cercare in tutti i modi di cancellare anche il minimo affiorare - nel proletariato - della consapevolezza di essere classe sfruttata e di avere come compito storico la propria definitiva liberazione - economica e politica - dal giogo del modo di produzione capitalistico. La diffusione di tutto ciò che può alimentare smarrimento, confusione e quindi rassegnazione tra le file del proletariato, rappresenta molto realisticamente lo sforzo di conservazione della classe dominante e di difesa dei suoi privilegi. Ma oltre le apparenze, così artificiosamente alimentate, il marxismo rivoluzionario non è morto; la classe operaia non è affatto scomparsa nelle pieghe della società post-industriale; la lotta di classe non è un ricordo romantico che però la borghesia rivitalizza usandola quotidianamente a senso unico contro il proletariato. Il comunismo non è un sogno ottocentesco o una criminale realizzazione di tirannia economico-politica quale fu lo stalinismo (il capitalismo di stato, cioè la negazione del comunismo); il comunismo, il suo programma rivoluzionario di eliminazione di ogni sfruttamento ed oppressione, è una necessità sempre più impellente se non si vuole precipitare nella barbarie che l’imperialismo quotidianamente sta attuando.

Tutto ciò ci riporta al problema delle condizioni soggettive attuali in cui versa la classe, divisa al suo interno in tanti settori a volte persino contrapposti; una classe quindi che non si riconosce in sé e tanto meno per sé, cioè nel programma per il comunismo e nella sua organizzazione politica, il partito rivoluzionario.

Qui sta la debolezza del fronte proletario e l’esiguità delle forze rivoluzionarie che al marxismo si richiamano, nella teoria e nella prassi. Questi allora sono i chiodi da ribattere:

  1. Per quanto minoritaria, l’organizzazione dei rivoluzionari deve spiegare ai proletari più sensibili il significato dei movimenti che si manifestano nella società, in modo da renderli oggettivamente chiari nel loro divenire storico. Un fattore importante per il giusto indirizzo della ripresa della lotta di classe sarà anche il ritorno di quella memoria storica che è patrimonio fondamentale del partito e che solo il partito può richiamare.
  2. Far comprendere ai proletari più combattivi che gli interessi del proletariato si possono far valere soltanto attraverso una concreta solidarietà fra tutti i settori della classe, oltre i confini della stessa nazione.
  3. Senza una lotta, per ora difensiva, contro gli attacchi del capitale; senza un’opposizione ai sacrifici che la borghesia impone al proletariato per conservare il proprio dominio economico e mantenere un clima di pace sociale fondato sul presupposto del comune interesse nazionale, senza di ciò il proletariato ha una sola prospettiva: miseria, fame e guerra.
  4. Per sviluppare e dare forza concreta a un orientamento di classe, e per rispondere alle domande che il proletariato si porrà con la ripresa delle lotte, occorre formare innanzitutto i quadri politici che - attraverso il potenziamento del partito - garantiranno l’orientamento politico necessario.

Presentarsi impreparati ai prossimi e inevitabili appuntamenti, significherebbe andare incontro ad una sicura e forse irreparabile nuova sconfitta.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.