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Home ›Condizioni e lotte operaie nel mondo
Messico
Prosegue lo sciopero dei minatori a Cananea, vicino al confine con l’Arizona. Rovesciando una decisione precedente, la corte federale ha infatti giudicato legale la protesta, che dura ormai da più di 6 mesi. Dall’11 gennaio la città era praticamente assediata da migliaia di poliziotti per impedire la costituzione di picchetti, mentre i crumiri mantenevano in attività la miniera.
Già in passato i minatori avevano subito attacchi violenti da reparti speciali della polizia (gli stessi impiegati per la repressione ad Oaxaca) con decine di feriti, arresti e qualche “sparizione”.
Scioperi di solidarietà ci sono stati e continuano ad esserci in tutto il Messico, con la partecipazione di 15 mila minatori di 85 siti diversi, ma anche negli Stati Uniti e in Perù.
La nuova sentenza non risolve comunque la disputa con il Grupo Mexico, proprietario della miniera di rame, che continua a rifiutarsi di affrontare i problemi della sicurezza sul lavoro e di rispettare i contratti collettivi.
Vietnam
Più di 5 mila lavoratori di una fabbrica di componenti per auto hanno iniziato nei giorni scorsi uno sciopero spontaneo. I sindacati di stato, che in Vietnam sono organismi puramente negoziali e non indicono scioperi, si sono invece subito attivati di concerto con l’azienda per mettere fine alle proteste.
Altri 2 mila lavoratori dello stesso settore avevano scioperato all’inizio di febbraio con richieste sostanzialmente uguali: infatti a gennaio è stato concesso un aumento salariale, ma al contempo sono state abbassate le pensioni e altre indennità. I lavoratori lamentano inoltre angherie, mancanza di rispetto, cibo scadente e ostacoli irragionevoli ai riposi per maternità.
Cile
A seguito di diversi attacchi della polizia, con idranti e gas lacrimogeni, e dietro minaccia di uno sgombero violento, gli operai di diversi impianti di lavorazione del salmone nel sud del Cile hanno deciso di interrompere l’occupazione delle fabbriche.
Gli impianti fanno indirettamente capo al terzo produttore mondiale di salmone, la AquaChile. Tuttavia, secondo un’interpretazione restrittiva della normativa cilena, lo sciopero è considerato illegale, in quanto riguarda aziende diverse, sia pur solo dal punto di vista formale. I lavoratori, un migliaio, che guadagnano circa 800 $ al mese, hanno rifiutato un aumento del 5,6%, assolutamente inadeguato a coprire il 40% di potere d’acquisto perso dai loro salari.
Se l’occupazione delle fabbriche per ora è cessata, tuttavia i lavoratori sono intenzionati a proseguire nella lotta, continuando ad organizzare scioperi improvvisi e sostenendo le barricate che da diversi giorni bloccano una delle principali autostrade della regione.
Mozambico
Circa 600 lavoratori stagionali delle piantagioni di canna da zucchero hanno iniziato a metà febbraio una serie di scioperi improvvisi sfidando l’opposizione dei sindacati di categoria e confederali.
Le richieste includono un aumento delle paghe da circa 46 $ a 104 $, il pagamento delle ore di lavoro fatte di domenica e nei giorni di riposo, la formalizzazione dei contratti, tute protettive.
I lavoratori hanno attaccato gli uffici dell’azienda e appiccato il fuoco a 20 ettari di piantagioni, prima di scontrarsi con la polizia. Sono rimaste ferite negli scontri 14 persone, di cui 4 seriamente.
L’azienda, controllata dalla sudafricana Tongaat-Hulett, avrebbe accettato alcune rivendicazioni, ma senza andare oltre il minimo salariale di 47 $ al mese.
Argentina
Uno dei simboli della crisi del 2001, i cosiddetti “cartoneros” continuano a popolare nottetempo le strade di Buenos Aires, rovistando l’immondizia alla ricerca di carta e cartone, ma anche plastica, lattine, cibo e qualsiasi altro materiale riciclabile o rivendibile.
L’attuale ripresa economica, fragile e contraddittoria, ne ha ridotto le file dai 40 mila del 2001 ai circa 20 mila di oggi. Non dormono più nelle piazze e la loro presenza è tollerata solo nelle ore notturne. Tuttavia i cartoneros sono ancora lì - a testimoniare di una crisi niente affatto superata - e recentemente sono tornati a far parlare di sé, occupando numerose piazze adiacenti alle stazioni ferroviarie. La protesta è nata dalla soppressione del “Tren Blanco” nei cui malandati vagoni i cartoneros si accalcavano ogni notte, spingendo i loro “carritos” con il materiale da rivendere ad intermediari e speculatori nelle aree urbane periferiche.
Il fenomeno pare sia sfuggito per alcuni giorni all’attenzione dei politicanti, che in questa stagione affollano le spiagge piuttosto che le strade della capitale, ma la repressione non si è fatta attendere molto. La polizia ha usato metodi molto spicci per sgomberare i dimostranti, assieme alle loro famiglie, alle baracche e a quanti con loro solidarizzavano.
I manganelli non potranno di certo risolvere il problema, peraltro comune a tutte le grandi città del globo, che è sintomo dei mali profondi della società, di quel cancro sociale che chiamiamo modo di produzione capitalistico.
Ma, d’altra parte, risolvere il problema non interessa ai poliziotti come non interessa alla classe dirigente. Basta ricacciare questa gente un po’ più in là, lontano dalla vista dei turisti e dei borghesi residenti dei quartieri “bene”.
MicBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #3
Marzo 2008
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