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Home ›Gli affari dei boschi in fiamme
In fumo centinaia di migliaia di ettari di bosco, ma responsabile è sempre il capitale
Il fenomeno degli incendi boschivi si ripete ogni estate, ed ogni estate ci viene presentato come una nuova improvvisa “emergenza”, opera sconsiderata di folli “piromani”, di fronte a cui la “società civile” si trova colta di sorpresa ed impotente. Quest’anno però il fenomeno è stato di una gravità senza precedenti, devastando territori e paesaggi unici, confinando in lembi sempre più ristretti gli habitat che permettono la sopravvivenza di specie animali e vegetali ormai rarissime, provocando la morte di decine e decine di persone in tutto il bacino del Mediterraneo. Tutto questo è davvero semplicemente l’opera di pochi folli, oppure presenta radici più profonde, che affondano nella struttura economica della società?
Cominciamo analizzando alcuni numeri, che permettono di chiarire le dimensioni del fenomeno. Secondo i dati forniti dal governo, aggiornati al 26 agosto, quest’anno si sono verificati complessivamente 7.164 incendi boschivi che hanno mandato in fumo 112.740 ettari, di cui 53.698 boscati e 59.042 non boscati. Rispetto allo stesso periodo del 2006, sono aumentati il numero degli incendi (+70%) e la superficie totale percorsa dalle fiamme (+250%), con un particolare accanimento contro le superfici boscate (+330%). In Calabria e Campania si è concentrato il maggior numero di incendi.
Addirittura peggiore la situazione in Grecia, dove i numerosi incendi che hanno devastato larghe aree del Peloponneso, fino a lambire il sito di Olimpia, hanno provocato oltre 60 vittime. A livello mondiale si è registrato il più alto numero di morti in incendi degli ultimi sette anni. Brucia persino la Siberia, dove in dieci anni è stata data alle fiamme, in maniera dolosa, una superficie vasta tre volte l’Italia. Il rischio reale è che il permafrost liberi immense quantità di metano che andrebbero ad aggravare in maniera irreparabile l’effetto serra.
Di fronte ad un fenomeno di questa portata, si può ancora parlare di “piromani”? I dati riguardanti gli arresti in Italia rispecchiano in maniera solo molto approssimativa le reali cause degli incendi, tuttavia è significativo che, su 261 persone denunciate quest’anno per il reato di incendio boschivo, colte in flagranza di reato, solo 29 sono identificabili come piromani, propriamente detti. È noto il caso del diciassettenne sorpreso mentre con un accendino tentava di appiccare, davanti a numerosi testimoni, un incendio nel Parco Nazionale del Gargano. Il ragazzo, su cui si è accanita l’attenzione dei cronisti, si è giustificato dicendo: “Lo fanno tutti, anch’io ho voluto provarne l'emozione”. Ma questi casi di malattia psichica o sprovveduta idiozia, che pur arrecano un gravissimo dolo alla collettività e all’ambiente, non costituiscono che una sparuta minoranza rispetto agli incendiari che possiamo definire “professionisti”, che più facilmente sfuggono alle manette.
È lo stesso governo ad ammettere che “tra gli incendi dolosi, invece, la motivazione più ricorrente è quella che attiene alla ricerca di un profitto”. Tra i fattori predisponesti, il Corpo Forestale dello Stato cita la “perdita dell'attitudine economica del bosco, con conseguenti pressioni per il cambio di uso di suoli divenuti poco redditizi”. In sostanza la presenza del bosco diviene un impedimento per attività più remunerative che - specie nelle aree costiere - si traducono in speculazioni immobiliari. Ma spesso gli incendi sono finalizzati anche ad alimentare, in un circolo vizioso, lo stesso lucrativo business dello spegnimento, con corollario di rimboschimento e ripopolamento faunistico. Ci sono poi gli incendi legati a comuni attività di pastorizia e agricoltura, anche semplicemente per il rinnovo del soprasuolo erbaceo o per la ripulitura dei terreni, ad attività venatorie e di bracconaggio, per finire con ritorsioni contro le istituzioni statali, conflitti personali ed altri atti vandalici.
In teoria, già da sei anni è in vigore una legge quadro in materia di incendi boschivi che dovrebbe impedire tutte queste piccole e grandi speculazioni. In particolare, secondo la legge i comuni dovrebbero provvedere a “censire, tramite apposito catasto, i soprassuoli già percorsi dal fuoco nell’ultimo quinquennio”. Tali zone “non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio per almeno 15 anni. ... È inoltre vietata per 10 anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture ... il pascolo e la caccia ... Sono vietate per 5 anni ... le attività di rimboschimento e di ingegneria ambientale”. In realtà, secondo quanto risulta dall’indagine “Ecosistema Incendi 2007”, la realizzazione del catasto è ancora disattesa da più di tre quarti delle amministrazioni locali, per incuria o connivenza, e la legge è applicata pienamente solo dal 6% dei comuni.
In Grecia la situazione è simile. Dopo un incendio, la zona dovrebbe essere definita “non edificabile” e “da riforestare”. Tuttavia non è ancora stata fornita una definizione precisa di “foresta” e di conseguenza le aree forestali non sono ancora state individuate. Il ministero dell’ambiente, che lamenta la mancanza di mezzi adeguati alla riforestazione, resta inerte.
Fatto sta che i boschi andati in fiamme, anziché essere recuperati, finiscono in poco tempo preda della speculazione e dell’abusivismo edilizio a fini residenziali, industriali o turistici, in Italia così come in Grecia. Si arriva così al solito paradosso: splendidi paesaggi capaci di attrarre e incantare visitatori provenienti da tutto il mondo sono distrutti per far spazio a enormi alberghi e strutture di “accoglienza” per moderni turisti in cerca solo di sdraio, piscine e cemento.
Nel meridione d’Italia, poi, stanno tentando di mettere le mani (e i capitali) sul grande affare degli incendi boschivi anche le maggiori organizzazioni criminali. Ad esempio, in Campania ad inizio agosto un velivolo antincendio è stato costretto a rientrare dopo essere stato bersaglio di alcune fucilate. Negli stessi giorni è stato messo fuori uso il ponte radio di Montevergine (rotto il vetro d'ingresso e tagliati con una cesoia i cavi) rendendo impossibili i collegamenti con la sala operativa regionale.
In sostanza, quello degli incendi boschivi è un problema complesso, che si aggrava di anno in anno, sostenuto anche da una crisi generalizzata dell’economia che indirizza sempre maggiori capitali verso la speculazione. I provvedimenti presi finora si sono dimostrati in gran parte inefficaci ed è illusorio sperare che una presa di coscienza individuale o qualche legge del parlamento possa risolvere il problema. Stante l’attuale situazione, al massimo possiamo aspettarci misure palliative, che servano a dilazionarne gli effetti nel tempo.
Infatti, è l’intera società ad essere incancrenita dalla ricerca del profitto, del vantaggio e del privilegio personale ad ogni costo, nel totale spregio del bene collettivo. Ed è questa intera società che bisogna rivoltare, a cominciare dalle sue strutture economiche e produttive, per rifondarla finalmente sui bisogni dell’uomo. Solo in questo modo le aree naturali, che in fin dei conti rappresentano la possibilità della continuazione della vita sul pianeta, non sarebbero considerate un intralcio, da spazzare via per far posto ad attività più remunerative, ma anzi la loro conservazione sarebbe un vincolo imprescindibile ed assieme un obiettivo primario dell’attività umana.
micBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #9
Settembre 2007
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