Dio patria e famiglia - 1a parte

Le storiche armi ideologiche della classe dominante

Dio Patria Famiglia, il motto della reazione anti-comunista dagli albori del movimento operaio fino ai giorni nostri, pare che abbia trovato oggi piena soddisfazione. Le forze conservatrici - di destra e di sinistra - hanno giocato sporco da sempre, appellandosi a valori spiccioli e demagogici che trovano facilmente terreno nei sentimenti extra-politici della maggioranza.

Il motto in questione è esemplare.

La vittoria di Dio

Il sentimento di paura di fronte alla morte è istintivo e sostanzialmente comune ad ogni essere umano, poiché ciò che per noi risulta essere l’unica e insostituibile fonte di tutta la nostra esperienza, ossia la nostra vita, sappiamo essere destinata ad esaurirsi per sempre e a diventare, almeno fisicamente parlando, niente.

È inevitabile quindi che, fin dalle origini dell’umanità, si sia fantasticato su ciò che potrebbe o dovrebbe attendere ognuno dopo la morte, nel tentativo di trovare una consolazione, o un senso metafisico, all’inevitabile finitezza dell’esistenza individuale. Ma visto che per il momento nessuno è mai tornato dal mondo dei morti per raccontarci cosa c’è al di là della vita, è chiaro che sull’argomento non si possono certo avanzare teorie scientifiche, e il campo delle ipotesi avrà gli stessi confini dell’immaginazione.

Le cose però cambiano radicalmente nel momento in cui l’oggetto su cui si teorizza non è più la morte, bensì la vita: le leggi, i meccanismi, i movimenti che la regolano infatti sono, quando più quando meno, empiricamente accessibili all’indagine umana. Com’è ovvio, più si va indietro nel tempo, più i fenomeni naturali e psichici apparivano all’uomo inspiegabili e, spesso, incontrollabili e dannosi. Ecco allora che sorgono gli dèi, forze extra-mondane che scatenano le tempeste, fanno tremare la terra, danno improvviso coraggio in battaglia, oppure avvolgono nel terrore il cuore dei più temerari. La religione, attraverso i suoi riti e in primo luogo attraverso la preghiera, nasce appunto come strumento per ingraziarsi le divinità.

Ora, il rapporto col divino subì una svolta fondamentale nel momento in cui certi uomini vennero ritenuti in rapporto privilegiato con le potenze superiori: nacquero cioè i sacerdoti, che, da quando la società si divise in classi (molto, molto tempo fa...) fecero sempre parte della classe dominante, in quanto esclusivi detentori di un efficacissimo strumento di controllo sociale. La scienza ha dunque sempre rappresentato una grave minaccia per il potere sacerdotale; in proposito basti pensare alle crociate oscurantiste che la chiesa cattolica ha mosso contro ogni grande scoperta, da Galileo a Darwin, per poi indietreggiare opportunisticamente in un secondo tempo, recitando mea culpa ormai indolori e versando lacrime di coccodrillo per Giordano Bruno.

Il fatto è che, malgrado tutte le scoperte scientifiche di questo mondo, il controllo religioso sulla società continua ad essere molto forte, e non solo nei paesi integralisti o in quelli estremamente poveri in cui seminare l’oppio dei preti è particolarmente facile, ma anche in Occidente. Forse solo nel Medioevo la figura del papa ha avuto un peso politico e culturale come riesce ad averlo oggi, un papa che compare ovunque, che mette parola su tutto e sulle cui parole non si può scherzare, salvo passare per... terroristi! (vedi il linciaggio mediatico ai danni del comico che si è permesso di ironizzare sul papa durante il concerto del primo maggio). Ma la vittoria di dio si manifesta anche in senso più generale: proliferano le sette, i santi, i santoni, le correnti mistiche e i ciarlatani che leggono le carte e fanno l’oroscopo; cresce il mito dei “bei tempi andati”, della tradizione con la “t” maiuscola che va dai druidi al Dalai Lama, e il vasto mare della new age, una specie di moda hippy che si muove fra ambientalismo becero ed esoterismo da bar sport.

A ben guardare, dietro a tutta questa smania spiritualista si cela una motivazione che è il prodotto tipico delle epoche di decadenza sociale in cui sembra mancare qualsiasi prospettiva di cambiamento: è la totale sfiducia nella prassi: l’azione umana che opera sul mondo e sul destino.

La vittoria di dio, quindi, si manifesta oggi sia attraverso il considerevole peso politico e culturale che le chiese e le religioni detengono su scala planetaria, sia attraverso il diffondersi generalizzato di pulsioni irrazionali che spingono un numero crescente di persone, insoddisfatte da ciò che la vita offre loro, a riporre le proprie speranze di riscatto nelle mani di qualche forza soprannaturale, e, quando ci sono, in quelle dei suoi intermediari e conoscitori. Il bisogno di appellarsi a entità non-umane nasce evidentemente da una sfiducia verso l’azione degli uomini sul corso degli avvenimenti, e a sua volta questa sfiducia è il frutto della paura, dell’insicurezza, della crisi complessiva - priva com’è di soluzioni immediate - che oggi il capitalismo genera, in particolare nei ceti medi in via di proletarizzazione e nei proletari stessi.

Possiamo allora concludere l’analisi della vittoria di dio, riassumendone in due punti la sua essenza conservatrice:

  1. affidarsi a dio significa, il più delle volte, affidarsi a coloro che si presentano come i suoi legittimi rappresentanti, ossia le gerarchie delle varie istituzioni religiose che, essendo parte della classe dominante e incarnandone l’ideologia, sono interessate a difendere la società borghese che li nutre e li sorregge;
  2. l’affidarsi a forze soprannaturali comporta automaticamente lo svilimento della prassi, dell’azione pratica, materialistica, ovvero, l’unico strumento attraverso cui è possibile intervenire sulla realtà per mutarla.

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gs

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.