Notti bianche o notti in bianco?

Natale in Calabria: si lavora di più e si guadagna meno

Spettacoli organizzati ad hoc e bancarelle a ogni angolo di strada. Negozi aperti per trentasei ore di fila sulla scia del consumismo più sfrenato, mentre i vip della televisione, ben compensati per l’occasione, passeggiano distribuendo sorrisi ed autografi. Non si tratta del paese dei balocchi, ma delle ormai famose “notti bianche”, un fenomeno che ha interessato le principali città italiane, ma che si è esteso a macchia d’olio in particolar modo in Calabria durante il periodo prenatalizio.

Già, la Calabria, una regione che gli ultimi dati Eurispes definiscono “malata”, a causa della situazione di stallo economico e con un indice allarmante di povertà in cui versa una famiglia su quattro. Senza considerare che, delle tre famiglie restanti, almeno due rischiano la soglia di povertà al verificarsi di un evento negativo che comporti la dilapidazione di metà dello stipendio. Una spirale di impoverimento che interessa principalmente i lavoratori dipendenti con basso salario, i disoccupati e le categorie di soggetti situati al limite inferiore del ceto medio.

Dal 2004 al 2005, sempre secondo l’Eurispes, 740.000 famiglie calabresi hanno dovuto ridurre i consumi di oltre 308 milioni di euro. I principali settori interessati dal calo sono stati quelli dell’abbigliamento, l’istruzione e l’abitazione. Una situazione di completo disagio economico e sociale. Un mix letale, che spinge migliaia di giovani proletari e sottoproletari tra le braccia della 'ndrangheta, ormai divenuta erogatrice dei principali servizi sociali: dal finanziamento per l’acquisto di una casa, all’accaparramento di un posto letto in ospedale o di un loculo al camposanto.

Eppure la borghesia locale riesce a coprire con un velo di vernice candida un ingranaggio arrugginito che continua a corrodersi giorno dopo giorno.

Ma prima di tornare alla “vernice bianca” delle notti reggine, è opportuno fare una breve premessa sulla situazione lavorativa di centinaia di giovani. Partendo dal fatto che il dato della disoccupazione risulta falsato dall’occupazione sommersa, si è registrata negli ultimi tempi una sorta di reazione ai ricatti borghesi. Numerosi esercizi commerciali di Reggio Calabria espongono ormai da tempo il cartello “cercasi personale”, cosa alquanto strana vista la povertà dilagante nella provincia reggina. In realtà, il meccanismo capitalistico perverso ha dato i suoi primi frutti: centinaia di lavoratori scelgono, a causa dei bassissimi salari di stare a casa, non dormendo magari la notte per trovare il sistema di pagare l’affitto o l’istruzione dei figli; oppure, soprattutto i giovani attratti dalla competizione generata dai modelli consumistici, perché optano per la delinquenza.

D’altra parte. Lo stipendio medio netto di chi lavora presso un esercizio commerciale, nella generalità dei casi, è di circa 350 euro mensili per 8 ore lavorative giornaliere (escluso la domenica). Ovviamente, c’è da precisare che le categorie dei lavoratori si dividono in registrati e non. Quelli registrati subiscono oltre al danno anche la beffa, infatti la loro busta paga ufficiale è di circa 800 euro netti al mese, ossia più del doppio del salario effettivamente percepito. La domanda sorge spontanea: che fine fa l’altra metà? Forse si tratta di un “contributo” per pagare i contributi!

Tornando alle mitiche “notti bianche”, da un nostro sondaggio sul territorio è emerso che nonostante le 36 ore di lavoro continuato, solo in alcuni casi ai lavoratori è stato concesso un aumento di circa 100 euro quale “una tantum” per il lavoro straordinario prestato.

Qualche politico locale ha commentato che col sistema delle “notti bianche” l’economia della città gira. Certo, gira per i borghesi. Ma ai proletari gira qualcos’altro.

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Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.