Cresce la spesa militare

Stangate per i proletari e più armi per l’esercito

Dalla finanziaria di... sinistra piovono milioni di euro (1700 per il 2007) per la “cooperazione militare” (4400 miliardi entro il 2009).

Aumentano del 5% rispetto al 2006 gli stanziamenti per la difesa e proseguono gli investimenti per la costruzione del cacciabombardiere F35-Lightning II, con altri 11 mld di dollari per l’acquisto di 131 caccia e 7 mld di euro destinati all’Eurofighter Typhoon (121 caccia): siamo settimi in un mondo che vanta un totale di 1.120 mld di dollari in spese militari.

Al mantenimento dei 193mila militari professionisti va il 70% dell’intero bilancio della Difesa, mentre il teatro degli interventi in “missioni pacifiche e umanitarie” è sempre più vasto: Iraq, Afghanistan, Golfo Arabico, Mediterraneo, Balcani (Kosovo, Albania, Bosnia Erzegovina), Medio Oriente (Hebron, valico di Rafah), Africa (Darfur in Sudan, Congo), Cipro, Palestina, Moldavia, Ucraina ed infine Libano. Si va da operazioni militari con impiego di truppe, logistica militare, opere di “ricostruzione”, ecc. fino ad interventi di sostegno con forze di polizia, carabinieri e guardia di finanza. Il ministro della difesa annuncia pubblicamente anche il finanziamento di forze speciali impiegate “in modalità occulta o clandestina e in aree di difficile accessibilità”. L’italico imperialismo, straccione ma non troppo, mostra qualche muscolo per una “politica internazionale di un certo livello”.

Di fronte a ciò i pacifisti, sconcertati, si sono ritirati in ordine sparso mentre il radical-riformismo si aggrappa all’illusione che, con il ritiro delle truppe dall’Iraq, il governo di centrosinistra avrebbe comunque impresso una svolta alla politica estera del paese. Nel concreto, la massima espressione ideologica di quanti si richiamano all’istanza riformatrice di “un nuovo mondo è possibile” si riduce alla richiesta di passare la patata bollente nelle mani dell’Onu, invocando nuovi e legittimi governi locali col presupposto di un idilliaco quadro politico capace di “mettere fine alla guerra come strumento di intervento nelle crisi internazionali”. Ma poi, dissertando su tali questioni, scoprono che - poiché questo sistema economico-finanziario ha stretti legami con l’industria delle armi - diventerebbero purtroppo inevitabili “scelte di guerre immorali e criminali” fatte per sostenere lo... sviluppo industriale.

Insomma, la stessa industria delle armi si presenta come un “elemento portante” dell’attuale sistema economico-finanziario. Quindi si approvano altri 4 mld di euro in tre anni per finanziamenti in ricerche militari e commesse a Finmeccanica (per un terzo statale) che in 5 anni ha raddoppiato il fatturato e aumentato il personale di 15mila unità: ecco come si combatte la disoccupazione! Con i maneggi di ex Capi di Stato maggiore (ammiragli e generali) entrati nel topmanagement della Finmeccanica saranno acquistati (310 mln di euro) 49 blindati su ruota con torrette per sistemi di lancio di Missili Spike israeliani (100mila dollari al pezzo) già accatastati negli arsenali. Dalla Germania, attraverso sempre Finmeccanica, arriveranno 72 obici semoventi (650 mln di euro) che dovrebbero servire per conflitti di posizione a difesa delle frontiere (strategia militare del 1915-18). Sempre in conto spese, e proseguendo sulla strada del...disarmo, ecco la portaerei Cavour (un mld, escluso il sistema d’arma) e 10 nuove fregate (3,5 mld).

Si distingue però fra guerre di offesa e di difesa; le seconde sarebbero “moralmente accettabili”, secondo quel diritto internazionale che già ha coperto infamie di ogni genere. Siamo in presenza dei tradizionali sepolcri imbiancati per i quali la guerra, in fondo, va bene se ha una sua “fondatezza etica e giuridica”, con l’Onu a far da autorità super partes purché strutturalmente riformato: il relitto va pur tenuto a galla, altrimenti a cosa ci si potrebbe aggrappare? Si pensa quindi all’abrogazione del diritto di veto e alla formazione di un “parlamento di vera rappresentanza dei popoli”. Già, ma forse che un Bush non rappresenta ufficialmente (almeno a tutt’oggi) il “popolo” americano, ed altrettanto accade per gli altri Grandi? Forse che la loro “sovranità”, fondata su interessi e poteri molto concreti, potrebbe essere messa, “democraticamente”, in discussione o, quanto meno, delegata ad un organismo centrale mondiale, al quale aderiscono quelle stesse potenze che si affrontano antagonisticamente per accaparrarsi mercati e risorse strategiche? Qui cala il sipario sulle masturbazioni del pensiero politico riformista, dopo le richieste di una riverniciatura di facciata per l’Organizzazione Mondiale del Commercio, la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, ecc. affidando alla... pubblica opinione il compito di far loro “mutare strategia”.

In conclusione, fra le consuete omelie papali, non rimarrebbe che sperare nel maturare risolutivo di una “svolta, tanto in senso pacifista quanto ambientalista, nelle coscienze di molti”, cioè di quel mitico popolo che non dovrebbe accettare - “ideologicamente, culturalmente e religiosamente” - altri conflitti e incombenti guasti ecologici. Amenità di questo tipo le trovate sulle pagine del Manifesto e di Micromega, che fanno entrare in gioco l’Europa come “un asse che può controbilanciare la prepotenza dell’amministrazione Bush e, in prospettiva, la possibile ascesa di altre potenze”. Un’Europa forte dei suoi... “venti secoli in più di cultura”: Carlo Magno, Carlo V, Napoleone, Mussolini, Hitler e Stalin. Un campionario ad alto livello.

Avanti, dunque, a suon di forum sociali contro le “politiche della destra guerrafondaia”, suggerendo - per salvare la pace (e il capitalismo) - di mettere museruola e manette a quelle 300/400 famiglie che, al posto del “popolo sovrano”, comandano il mondo. Si passerà poi ad “organizzare pacificamente la società civile come nuovo soggetto politico” e saranno giorni migliori. Per il capitalismo, ammesso e non concesso.

Dati tratti da Repubblica, 14 nov.

dc

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.