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Home ›Nanismo industriale e voto operaio
Le ultime elezioni politiche hanno visto il prevalere della coalizione di centro-destra al nord Italia. Il Piemonte, la Lombardia, il Veneto ed il Friuli Venezia Giulia hanno espresso un voto in maggioranza favorevole al centro-destra. A Sesto San Giovanni, l’ex Stalingrado d’Italia, il centro-sinistra ha la maggioranza, ma Forza Italia è il primo partito. Si è subito detto che il nord industrializzato è così all’opposizione. Non sappiamo, però se in questo dato c’e anche parte del voto operaio. Quest’ultimo aspetto ci interessa di più e intendiamo provare a spiegarlo, seppur riduttivamente e con un mono argomento, partendo dalle condizioni materiali di lavoro. Il mono argomento è il nanismo o la polverizzazione del sistema industriale italiano. Pochi dati, riportati nella seguente tabella, sulla percentuale degli addetti per classi di dimensioni nell’industria manifatturiera rendono più chiara la situazione:
N. addetti | 1971 | 2001 |
---|---|---|
1-9 | 19,06 % | 24,15 % |
10-19 | 7,95 % | 15,36 % |
20-99 | 21,35 % | 26,44 % |
100-249 | 11,93 % | 11,18 % |
oltre 250 | 39,72 % | 22,86% |
Come si vede vi è un pesante ridimensionamento della grande impresa con 250 e più dipendenti che occupava circa il 40% dei lavoratori del manifatturiero nel 1971, mentre ne occupa circa il 23% nel 2001. Di contro vi è un proliferare di piccolissime imprese, e quelle da 1-9 e 10-19 dipendenti che occupavano il 27 % dei lavoratori nel 1971, sono passate ad occuparne il 39,5% nel 2001. Le imprese fino a 99 dipendenti occupano nel 2001 il 65,95% dei lavoratori del settore manifatturiero. Il tracollo della occupazione nella grande impresa è visibile anche nel quasi dimezzamento del numero medio di addetti per impresa nel manifatturiero: in Piemonte il numero medio passa da 15 addetti nel 1971 a 8 nel 2001, in Lombardia passa da 13,5 a 8, nel Veneto e Friuli passa da 10 a 7.
Ora questo dato sul nanismo aziendale ha un riflesso sulle condizioni di lavoro e sugli orientamenti per così dire ideologici dei lavoratori. La grande impresa implica la concentrazione dei lavoratori, lavoratori che si confrontano, sono sindacalizzati, hanno la forza passiva, gli ammortizzatori sociali per resistere e difendere (sempre meno) la propria condizione di lavoratori. La piccolissima impresa implica la polverizzazione dei lavoratori, la loro divisione, la scarsa presenza sindacale e una irrisoria forza di resistenza. La piccolissima impresa implica un rapporto diretto tra lavoratore e datore di lavoro, che travalica il rapporto contrattuale per sconfinare in una relazione di fedeltà, ovviamente del lavoratore, rassomigliando a volte, per contenuto, all’impresa famigliare. Inoltre le difficoltà del datore di lavoro sono evidenti, quali monito ai lavoratori e fattori di coagulo.
Insomma le piccolissime imprese sono palestra di sacrifici ed addestrano il lavoratore all’intraprendenza perché, al di là dell’inquadramento, un lavoratore può, ed è portato a compiere le più svariate attività. Queste imprese non vogliono fastidi sindacali, né quelli fiscali, gradiscono governi come quello Berlusconi che implicitamente garantiscono l’evasione fiscale; sono permeate dalla più gretta ideologia padronale, ed anche quali dispensatrici di lavoro precario garantiscono che a quelle condizioni un lavoro continuerà ad esserci. Prendere o lasciare. In questa realtà un voto al centro-destra da parte dei lavoratori non fa che rispecchiare un bisogno, la difesa dell’impresa quale garanzia della difesa del proprio lavoro qualunque esso sia e qualunque siano le condizioni. Non sono del resto i preti ad insegnare che le persone sono tanto più docili e sottomesse quanto più sono bisognose, ed alleviato non deve essere il bisogno, ma lo spirito.
Ecco, possiamo azzardare un voto di bisogno, di necessità o più semplicemente di disperata convinzione, legata al fatto che quei lavoratori pensano di tutelare così i loro interessi. Interessi, al pari dei lavoratori che hanno votato per il centro-sinistra, di sfruttati, cioè la continuità del loro sfruttamento. Per il momento il furibondo attacco portato a tutto tondo dal capitale rende necessaria la difesa della condizione di salariato sfruttato, e del salario ad esso collegato, fosse anche un salario di sopravvivenza. Ed i lavoratori cercano ancora nelle forze politiche borghesi i rappresentanti della difesa di questa condizione.
mrBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #6
Giugno 2006
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