Le elezioni e la dura realtà del capitale

Il mistificatore, il professore e lo psichiatra

La bagarre scatenata dal centro-destra dopo le elezioni è sia il frutto dell’inatteso risultato elettorale che della volontà di Berlusconi di non lasciare il potere per i macroscopici interessi personali che deve tutelare sia sul fronte giudiziario che su quello economico-finanziario. Ad esempio con la normativa “Pex” (legge salva-plusvalenze del 2004) la Fininvest non ha pagato nemmeno 1 euro di tasse a fronte di 1,5 miliardi di euro di plusvalenze incassate con operazioni di Borsa nel 2005. Ecco il vero motivo della tremenda campagna contro la tassazione della rendita finanziaria, riducendola allo spauracchio dell’aumento della tassazione sui Bot. Del resto il presidente del tutto per tutti si è rivelato il presidente del tutto per sé. Cosa poteva fare non potendo disporre degli strumenti di politica economica che sono le gambe su cui poggia un regime populista: l’indebitamento pubblico e la svalutazione della moneta. L’ultima parola su questo argomento la dà la pagina 154 del libercolo “la vera storia italiana” inviato da Berlusconi a tutti gli elettori: il reddito medio degli italiani è passato da 24.670 dollari nel 2001 a 27.119 dollari nel 2005. Vi è apparentemente un aumento, ma il dollaro è stato scelto per far tornare i conti al mistificatore. Infatti siamo in Italia e la moneta è l’euro, così nel 2001, in media, 1 dollaro valeva 1,117 euro, mentre nel 2005 ne valeva 0,807 euro. Ebbene 24.670x1,117 euro fanno 27.555 euro nel 2001, mentre 27.119x0,807 euro fanno 21.885 euro nel 2005. Quindi 27.555 euro di reddito medio nel 2001 meno 21.885 euro di reddito medio nel 2005 da come risultato una riduzione media del reddito pari a 5.670 euro in un quinquennio. Fin qui il governo di centro-destra, e la bagarre di cui dicevamo prima, mista a pressioni, ricatti e minacce tende ad innalzare i toni dello scontro per addivenire ad un accordo minimo sugli interessi di Berlusconi. Ora tocca al professore Prodi ed al centro-sinistra che hanno improntato la campagna elettorale su toni di concordia nazionale, responsabilità e rigore. Certamente la politica economica che è chiamato ad attuare richiede tutte queste cose e lo stesso Bertinotti ha posto come preliminare a qualsiasi politica di sacrifici la ripresa di un rapporto di fiducia con il popolo della sinistra. La situazione è veramente grave, occorre risanare i conti pubblici e rilanciare la competitività delle imprese. Sul primo fronte si dovrà subito correre a Bruxelles per chiedere una proroga al rientro del deficit sul Pil al 3% stabilito per il 2007. Ma il vero problema è l’abbassamento del debito pubblico che secondo gli accordi di Maastricht dovrebbe progressivamente scendere al 60% del Pil. Per quanto riguarda il rilancio della competitività delle imprese e così dell’economia, alla ormai consolidata politica di compressione dei salari e flessibilità/precarietà del lavoro accompagnate dalla contrattazione individuale, dovranno essere affiancate politiche che liberino risorse a favore dell’innovazione tecnologica e della ricerca. Meno spesa sociale più spesa per il capitale! Meno diritti e più doveri ed il dovere primario è quello di rilanciare l’accumulazione capitalistica da cui dovrebbe derivare il diritto ad un lavoro un po’ meno precario. Non vi è diritto senza che prima sia compiuto un dovere, questo è il motto borghese. Il primato dell’economia diviene l’unico fattore con tutto quel che ne consegue a causa dei rapporti di forza tra datore di lavoro e lavoratore; come per i migranti dove l’esistenza del contratto di lavoro è la condizione essenziale per avere il permesso di soggiorno e con esso il riconoscimento dei diritti civili. La tendenza è la cruda emersione dei rapporti capitalistici: il padrone comanda e detta le condizioni, il salariato ubbidisce. In ciò sta la crisi della democrazia borghese: il sistema democratico che, contrastando l’andamento del libero mercato, dovrebbe garantire diritti e ridistribuire reddito a favore delle classi meno abbienti ora deve seguire le regole del mercato e ridistribuire reddito a favore del capitale e della classe abbiente. In questa prospettiva, oltre al rispuntare del terrorismo nostrano quale agente di stabilizzazione capitalistica, il mistificatore Berlusconi può avere ancora un ruolo perché la sua tendenza ad uscire dalle regole sposta lo scontro sul piano più propriamente democratico-istituzionale. Ma per lenire la ferita, l’ennesimo strappo che si procurerà al popolo della sinistra occorre uno psichiatra. Da qualche tempo Bertinotti fa circolare l’infausto concetto gramsciano dell’egemonia. Cioè a dire: per contrastare l’ideologia della destra neoliberista occorre contrapporre una (generica) ideologia di ‘sinistra’, ideologia che con l’ausilio dei mezzi di informazione: la Rai, del corpo insegnante, ecc. dovrebbe divenire egemone, popolare, diffusa e così condizionare la borghesia per portarla ad essere classe autenticamente nazionale che, assieme ai lavoratori, anteponga ai propri interessi quelli di tutto il popolo. Questo l’impegno ed il coinvolgimento tutto pedagogico: come l’ideologia neoliberista tiene insieme la struttura economica e le sovrastrutture politiche così lo può ben fare anche la generica ideologia di ‘sinistra’. Del resto anche Gramsci, seppur ad un altro livello, considerava l’egemonia del proletariato, quello che lui intendeva per rivoluzione, come una riforma intellettuale e morale. Il tutto sempre permanendo il modo di produzione capitalistico, la società borghese e con essa la borghesia come classe economicamente dominante e perciò dominante ideologicamente. Ipotizziamo una larga distribuzione di allucinogeni e, se necessario, di manganello.

mr

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.