La meschina difesa della legalità democratica dello sceriffo Cofferati

Da alcune settimane la cronaca nazionale ci informa delle mirabolanti imprese di Sergio Cofferati, sindaco nonché sceriffo di Bologna. Attenti a voi, seguaci del crimine! Dopo aver dichiarato guerra ai più tetri malviventi che scorrazzano impunemente per le strade del capoluogo emiliano, ossia i lavavetri, Sergio si è rimesso la stella sul petto e, forte della sua profonda coscienza sociale maturata in anni di sindacalismo alla testa della CGIL, si è lanciato contro gli immigrati rumeni senzatetto che, con le loro squallide baracche, deturpavano il paesaggio e urtavano la sensibilità della gente perbene. E così, mercoledì 19 ottobre alle sette di mattina, Sergio lo sceriffo ordina a polizia e carabinieri di sgomberare una baraccopoli brutta, sporca e - dio ci salvi, illegale, costruita sul Lungo Reno. Le ruspe dello sceriffo distruggono le casupole in lamiera dove abitano immigrati e lavoratori rumeni senza permesso di soggiorno, per lo più impiegati in nero e sottoposti a caporalato nel settore edile. Due persone vengono arrestate, mentre altre sette finiscono rinchiuse nel Cpt della città. Giustizia è fatta. La giustizia di chi vuole rifare il trucco a una città che, come tutte le città di questo mondo stretto nel pugno del capitalismo, vive di sfruttamento, povertà e stridenti inegua-glianze, ha insomma un nuovo paladino. Perché sia ben chiaro: non è illegale essere poveri e senza un tetto dove ripararsi. Anzi! Un mondo come il nostro, ineluttabilmente fondato sulla necessità di avere sempre a disposizione manodopera pronta a svolgere mestieri di qualunque tipo e a salari sempre più miseri, ha un innato bisogno di questi poveri diavoli. Poveri diavoli che - meglio ancora se in concorrenza al loro interno e se facilmente ricattabili (legge Bossi-Fini docet) - non facciano troppo gli schizzinosi su condizioni di vita e di lavoro. In sostanza, non è illegale essere l'ultima ruota del carro capitalista (i poveri, come ci insegna la Chiesa, ci sono sempre stati e sempre ci saranno; se così non fosse i ricchi non potrebbero fare l'elemosina e non si guadagnerebbero il paradiso). Ma è illegale sbattere in faccia ai privilegiati - e a chi tale vorrebbe essere - la propria condizione. E la tacca dell'infimo livello di coscienza di classe a cui siamo scesi ce la indica il fatto che molti proletari bolognesi siano del tutto solidali con lo sceriffo. Dunque, in nome del più marcescente e putrido decoro borghese, via le baracche e i lavavetri.

Impresa degna di un eroe piccino e qualunquista che, grazie anche al mito della legalità (prima di tutto anti-rivoluzionaria) seminata a piene mani dal fu PCI, ha avuto dalla sua tanti lavoratori.

Due parole meritano anche i presunti avversari bolognesi dello sceriffo. Il premio meschinità, infatti, viene conteso a Cofferati da chi nella sua giunta di sinistra lo ha contestato, ma, pur di non mollare la poltrona, ha trovato il modo di ricucire sul finale congelando la "resa dei conti" a data da destinarsi. Per tacere dell'ex-no global dei Verdi e assessore alla casa Amorosi, schierato fin dall'inizio col campione dei ben-pen-santi...Proprio mentre cstiamo per andare in macchina arriva la notizia dei pacchetti bomba indirizzati allo sceriffo. Vecchia storia, vista e stravista: che sia opera dei nostri infaticabili servizi segreti o di qualche utile deficiente la sostanza non cambia: criminalizzare la contestazione serve solo ed esclusivamente al rafforzamento e alla stabiliz-zazione del potere costituito.

Il circo della politica ufficiale è, come sempre, ricco di buffoni, bombaroli ed equilibristi. Farne parte non ci è mai interessato, e ancor più dopo queste brutte esibizioni preferiamo essere cocciutamente e coerentemente rivoluzionari.

gek

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.