Lavoro sempre più precario, vita sempre più difficile...

Abbiamo più volte analizzato l'evoluzione del mercato del lavoro secondo le linee strategiche dettate dalla borghesia nell'ultimo decennio. Il ciclo economico della crisi ha imposto nuove necessità che hanno fatto ridefinire completamente le politiche di gestione della manodopera. Mentre nella fase post bellica e successiva, parliamo degli anni sessanta e settanta, i volumi della produzione industriale erano fondamentalmente crescenti e richiedevano una forza lavoro indifferenziata e stabilmente legata ad un ciclo produttivo caratterizzato da una certa stabilità, la fase economica successiva, quella che perdura ancora oggi, è stata caratterizzata da un ciclo produttivo sempre più recessivo e influenzato da continue oscillazioni in termini quantitativi e qualitativi della domanda. Le crisi di mercato sempre più frequenti e rapide, tanto da esser ormai permanenti, hanno imposto alle aziende continui aggiustamenti dei livelli produttivi e delle tipologie delle merci prodotte. Questa nuova fase ha fatto saltare completamente il vecchio schema di inquadramento della forza-lavoro nell'azienda. Mentre prima il lavoratore doveva essere legato all'impresa rigidamente per consentirle la programmazione produttiva all'insegna della stabilità e della crescita, e in una certa misura doveva essere una risorsa da tutelare e inquadrare nella disciplina aziendale con un apparato contrattuale e normativo rigido e vincolante, ora esso deve adeguarsi all'instabilità del ciclo produttivo che pretende l'allocazione delle risorse in rapido e continuo cambiamento spazio-temporale. L'impresa si deve smembrare in tante imprese di dimensioni più limitate, delocalizzate rispetto a quella principale, i volumi produttivi devono seguire con crescente rapidità una domanda di mercato fortemente oscillante, la produzione deve rifondarsi in tutti i suoi aspetti per immettere sul mercato, ormai globale, prodotti dal ciclo di vita sempre più accorciato e caratterizzati da continua differenziazione qualitativa rispetto a quelli delle aziende concorrenti. Il vecchio rapporto di lavoro, caratterizzato da rigidità e stabilità, è stato di conseguenza profondamente rivisto. È stata innanzi tutto la sinistra socialdemocratica ad individuare questa nuova necessità del capitale. Essa, attraverso la propria partecipazione diretta al governo dell'economia, ha avviato il processo di profonda modificazione del contratto di lavoro e della struttura del salario. Il sindacato ha costituito la cinghia di trasmissione di questa politica tra i lavoratori. Tutto è cambiato: alle vecchie regole che in una certa misura tutelavano il lavoro legandolo stabilmente e rigidamente all'azienda, ne sono state sostituite di nuove improntate totalmente alla flessibilità di impiego della manodopera. La vecchia dicotomia tra occupati e disoccupati è stata sostituita da una nuova segmentazione dei lavoratori suddivisi in stabili (una fascia che con gli anni si va via via assottigliando), instabili e disoccupati. Inoltre le prime due suddivisioni sono state ulteriormente frammentate in tante sottocategorie ognuna delle quali ha caratteristiche di rapporto di lavoro, normativo e salariale diverse. Il contratto di lavoro unico e collettivo ha perso centralità ed è stato accompagnato sempre più da una miriade di contratti differenziati e ispirati dalle diverse necessità produttive dell'azienda. Il motto é diventato addirittura: "un lavoratore, un contratto di lavoro!". Tutta la sinistra, mascherandosi dietro una falsa ideologia di modernismo e di efficienza produttiva, ha condotto contro i lavoratori e le loro elementari esigenze di vita una vera e propria guerra. Il lavoro precario e flessibile è stato esaltato per i giovani come un vero e proprio mezzo di emancipazione dal lavoro routinario e alienante del precedente periodo e in questo modo si è creata una generazione di occupati-precari-disoccupati dalle prospettive lavorative e previdenziali completamente incerte, mal pagati, sempre ricattati e sottoposti a una disciplina aziendale dura e dispotica, senza alcuna tutela sindacale. Ora il centro-destra, attualmente al governo, completa l'opera con nuovi e ancora più incisivi provvedimenti che vanno nella stessa direzione. Tanto il terreno è stato già preparato, i lavoratori sono stati già disarmati, l'ideologia della flessibilità è stata già inculcata nelle coscienze e di conseguenza le nuove riforme non destano neanche scalpore, passano quasi inosservate. La "Legge-delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro", direttamente ispirata al Libro bianco del leghista Maroni, è al Senato, pronta a trasformarsi in una serie concreta di nuove e devastanti regole da imporre a chi lavora.

Vediamo a grandi linee di che cosa si tratta.

Accesso al lavoro. Il collocamento pubblico sparisce definitivamente. Esso viene totalmente privatizzato con la piena liberalizzazione delle agenzie private che possono ampliare i "servizi" offerti a qualunque funzione di accesso al lavoro. In pratica esse possono occuparsi anche di formazione e di intermediazione con le aziende di qualsiasi tipo di forza lavoro. Viene introdotto in questo senso lo strumento dello "staff leasing" attraverso cui le agenzie possono "somministrare" alle aziende lavoratori anche a tempo indeterminato. Si tratta di un'estensione del lavoro interinale. così le aziende potranno avvalersi a tempo indeterminato di lavoratori presi in affitto dalle agenzie; Esse potranno godere dell'enorme privilegio di far lavorare quanto vorranno una persona senza avere con questa alcun vincolo contrattuale. Quest'ultimo, instaurato esclusivamente dall'agenzia, sarà totalmente privo di qualsiasi tutela perché completamente svincolato da qualsiasi normativa di salvaguardia del lavoratore. Sarà eluso in questo modo in particolare l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che finora, in una certa misura, garantiva dal licenziamento arbitrario senza giusta causa. È necessario sottolineare rapidamente la ridicolaggine politica del referendum di estensione alle piccole imprese dello Statuto dei lavoratori proposto da Rifondazione comunista. È evidente che ben altro ci vuole per consentire ai lavoratori la difesa dei loro interessi!

Forme contrattuali. Si estendono le varie tipologie di lavoro precario come quella sull'apprendistato e del tirocinio in azienda in modo da offrire alle imprese ulteriori possibilità di imporre retribuzioni irrisorie camuffate da sussidi per periodi di formazione. Si favorisce il part time agevolando il ricorso al lavoro straordinario, estendendolo anche al lavoro a tempo determinato e, attraverso opportune norme previdenziali, ai lavoratori anziani dell'azienda. Si istituisce il lavoro "a chiamata" cioè " la disponibilità allo svolgimento di prestazioni a carattere discontinuo o intermittente" e quello a prestazione ripartita "tra due o più lavoratori, obbligati in solido nei confronti del datore di lavoro" (job sharing). Inoltre per le prestazioni di lavoro occasionale e accessorio, in generale e con particolare riferimento a opportunità di assistenza sociale, si istituisce il pagamento delle stesse con dei buoni sostitutivi del salario!!! Si estende al settore agricolo il lavoro interinale. Si introduce la certificazione del contratto di collaborazione coordinata e continuativa, certificazione definita dall'azienda e dai sindacati, per evitare qualsiasi impugnazione dello stesso davanti al tribunale del lavoro. Per i lavoratori delle cooperative, definiti soci delle stesse, viene prevista la non applicabilità del Titolo III (sull'attività sindacale) e dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

Infine gli ispettorati del lavoro vengono trasformati in uffici di consulenza per i datori di lavoro col fine di ridurre le vertenze e le sanzioni contro le aziende.

Come si vede si tratta di un ulteriore forte smantellamento delle tutele del lavoro che intensificherà il processo di precarizzazione della vita proletaria in ogni suo aspetto.

CL

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.