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Home ›Conferenza di un sindacalista pakistano - Resoconto e considerazioni
Falce e Martello, il gruppo di ispirazione trotzkista interno a Rifondazione, ha organizzato alla fine dello scorso anno, in diverse città italiane, una serie di incontri pubblici con Lal Khan, segretario internazionale del PTUDC - Pakistan Trade Unions Defense Campaign
(Campagna per la difesa dei sindacati pakistani),_ sorto nel 1995 a seguito dell'assassinio di Arif Shah, dirigente della federazione sindacale del Panjab.
Dopo il colpo di stato che nell'ottobre del 1999 ha portato al potere il generale Musharraf, la PTUDC, oltre alla consueta lotta sindacale, è impegnata nella difesa di quei pochi diritti democratici che il nuovo regime repressivo sta mettendo in discussione.
Dopo gli attentati dell'11 settembre il PTUDC ha tenuto assemblee in decine di località del Pakistan sotto lo slogan "Il terrorismo fanatico e l'aggressione imperialista possono essere definitivamente sconfitti solo dalla guerra di classe". Pare che le assemblee abbiano coinvolto centinaia di persone anche in roccaforti del fondamentalismo quali Quetta e Muzaffarabad (Kashmir).
A Bologna l'incontro con Lal Khan si è svolto il primo dicembre scorso. L'esponente del PTUDC ha giustamente ribadito che l'unica, vera alternativa alla guerra imperialista e a tutta la barbarie che il capitalismo inevitabilmente porta con sé, è la guerra di classe per la rivoluzione socialista.
Lal Khan ha sostenuto pure che, dopo l'inizio dell'aggressione all'Afghanistan, si sono svolte in Pakistan molte iniziative di protesta, fuori però dal controllo dei fondamentalisti. Il che è certamente in contraddizione con ciò che riferiscono i media occidentali, ma sappiamo bene che l'informazione borghese, soprattutto in tempi di guerra, non è affatto veritiera quando si tratta di constatare la presenza di un movimento che potrebbe iniziare a muovere qualche passo sul terreno dell'anticapitalismo. Però è anche in contraddizione con ciò che viene detto nel testo dell'Appello di solidarietà al PTUDC, distribuito durante gli incontri stessi, ossia:
Finora le proteste e le manifestazioni contro i bombardamenti in Afghanistan a Karachi, Islamabad, Quetta, Peshawar, sono state dominate dai fondamentalisti.
Musharraf sembra avere i giorni contati - c'è scritto poi nell'Appello - I processi saranno contraddittori e non si può scartare il caos e la guerra civile. Ma non si può neanche scartare che l'insurrezione dei lavoratori assuma un carattere rivoluzionario.
Quest'ultima affermazione, invece, è in netto contrasto col fatto che:
La situazione dei sindacati - dice sempre l'Appello - in Pakistan è molto fragile. Solo il 3% dei lavoratori è sindacalizzato.
Per cui, il restante 97%, non dispone nemmeno di una coscienza tradeunionista, e questo mentre le condizioni sociali del proletariato pakistano, a detta dello stesso Appello, vanno sempre più peggiorando.
D'altronde, per trasformare la lotta rivendicativa in lotta per la conquista del potere, occorrerebbe un partito rivoluzionario. Ma quando i nostri compagni sono intervenuti sostenendo appunto la necessità del partito, Lal Khan ha risposto che è inutile, in una fase controrivoluzionaria, costruire il partito rivoluzionario, perché sarebbe tale solo nominalmente, incapace di agire nella realtà quotidiana della lotta di classe. È arrivato addirittura a sostenere che il partito rivoluzionario esisterà giusto quando la borghesia si accorgerà che in effetti esiste una forza che sta mettendo in discussione il suo dominio.
In sostanza, il partito non sarà altro che l'organizzazione sindacale stessa, a un grado superiore di sviluppo.
Riassumendo, quindi, non c'è partito rivoluzionario, la fase non è prerivoluzionaria, e solo il 3% dei lavoratori è più o meno organizzato per difendere i propri interessi immediati. Insomma, a breve e medio termine, le condizioni per un'insurrezione rivoluzionaria dei lavoratori pakistani non si vedono!
Stupisce infine che Lal Khan abbia sì definito l'attacco all'Afghanistan un'aggressione imperialista, ma non sia mai entrato nello specifico delle cause di questa guerra. E quando i nostri compagni hanno sostenuto che la borghesia americana ha bisogno di controllare le risorse petrolifere del bacino caspico, il sindacalista pakistano ha commentato dicendo che invece il petrolio è solo una causa marginale. Quale sarebbe dunque la ragione capitalista di questa guerra? Non lo ha detto.
Con tutta la solidarietà e il rispetto per i compagni del PTUDC che in nome della lotta di classe mettono a rischio anche la propria vita, c'è da sperare che in Pakistan vi sia qualche minoranza comunista con le idee un po' più chiare sia sulla guerra che sulla rivoluzione.
gsBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #1
Gennaio 2002
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