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Home ›Per un movimento studentesco classista contro la scuola del capitale
È nato un movimento studentesco contro il progetto di riforma della scuola della Moratti. Bene! Ma gli studenti in agitazione e chi ne rappresenta l'attuale direzione sembrano dimenticare l'attiva opera dei governi precedenti contro la scuola pubblica. Come abbiamo più volte scritto, gli attacchi principali al servizio scolastico, come d'altra parte a tutti i servizi sociali, sono partiti dai governi di centro-sinistra. Da lì la linea del risparmio sulla scuola: bassi stipendi per il personale con qualche briciola in più per i docenti "bravi" (figure di coordinamento didattico o progettisti vari), aumento degli alunni per classe, accorpamento di più istituti, aumento delle tasse scolastiche, ecc. Da lì anche la realizzazione dell'autonomia scolastica gestionale, con tanto di preside manager, funzionale a un disegno in gran parte demagogico di efficientismo aziendale e in minor parte di vero e proprio inserimento della scuola in circuiti affaristici a essa esterni. Il nuovo governo di centro-destra ha quindi trovato il lavoro di schiacciamento della scuola statale in gran parte già fatto, anche sul terreno della parità con le scuole private, principale obbiettivo delle lobbyes cattoliche, dato il superamento dei tabù statalisti e costituzionalisti da parte di diessini & C.
Come abbiamo denunciato più volte, la realtà strutturale che sta dietro questa ampia convergenza tra i poli nella distruzione di quel residuo di servizio formativo scolastico sopravvissuto è quella di un capitalismo in crisi, che deve risparmiare su tutte quelle spese che dal punto di vista della valorizzazione sono improduttive (tutti i servizi pubblici) e deve rendere più funzionale, anche dal punto di vista ideologico, la scuola al capitale, togliendo valore ai diplomi e sfornando una forza lavoro dequalificata, disponibile al massimo di flessibilità. Anche le differenze tra il progetto di riforma dei cicli di Berlinguer e quello della Moratti sono irrilevanti, se non nella forma, nella sostanza. La proposta di Berlinguer di trasformare tutte gli istituti superiori in licei era pura demagogia, di fronte alla massa di abbandoni degli studenti proletari prima del diploma e a una formazione culturale generale per tutti sempre più inesistente, e aveva come unico scopo quello di coprire l'impossibilità di una prospettiva occupazionale per i diplomati, ai quali non resta che il parcheggio nell'università, l'accesso ai centri di formazione professionale esterni alla scuola o peggio la subordinazione alle varie agenzie interinali. Il ritorno alle scuole di avviamento della Moratti d'altra parte, pur se meno demagogica, non ha alcuna credibilità in un mercato del lavoro in restrizione e le cui frazioni in espansione o richiedono mano d'opera dequalificata a bassissimo costo (coperta quasi esclusivamente dagli immigrati) o flessibilità estrema e disponibilità allo sfruttamento, in contrasto con il tipo di professionalità rigida, che può dare un istituto di avviamento professionale. La verità è che in una salsa o nell'altra la scuola, che è sempre stato lo strumento fondamentale per la diffusione dell'ideologia dominante, ha assunto oggi i caratteri più putridi della falsa coscienza borghese con la diffusione a piene mani dell'individualismo, della competitività e dell'asservimento, ma anche delle coscienze pseudocritiche del pacifismo e del pluralismo, che fungono da copertura all'accettazione totale del sistema vigente. In questo quadro, costruito con perseveranza dai governi di centro-sinistra e in fase di completamento col governo attuale, gli studenti proletari e le loro famiglie provano disagio non solo per l'aumento dei costi della scuola, ma specialmente per il sentimento diffuso di una sempre maggiore sua inutilità teorica e pratica, il cui degrado però non riduce la selezione di classe e la difficoltà a conseguire un diploma. Però, malgrado l'impianto sostanziale delle "riforme" della scuola dei governi precedenti e di quello attuale sia di sostanziale continuità, c'è un aspetto di accelerazione nella linea della Moratti: la riforma degli organi collegiali. La nascita del consiglio di amministrazione della scuola-azienda e il ridimensionamento dei poteri degli altri organismi appaiono tesi a sviluppare il controllo contro tutti quegli elementi tra studenti o docenti che mostrano insofferenza e fanno resistenza verso la gestione manageriale e a eliminare le uniche strutture, quelle assembleari, che con tutti i loro limiti possono esprimere opposizione alla gestione di tipo aziendalistico. Anche il ripristino ventilato del peso del voto di condotta sul profitto ha la stessa logica repressiva. Questa accelerazione è stata avvertita dagli studenti e ha favorito lo sviluppo di un movimento di lotta.
Il disagio da parte degli studenti negli ultimi anni si era espresso per lo più in atteggiamenti di ribellismo verso una scuola sentita come estranea ai propri interessi, che si trasformavano raramente in vere lotte e più spesso in deresponsabilizzazione e assenteismo. In questo quadro anche le autogestioni e le occupazioni delle scuole degli ultimi anni erano ridotte a un rituale privo di efficacia politica, generica manifestazione di avversione alla scuola, aperta quindi a qualsiasi utilizzazione in funzione antiproletaria sia da parte di chi copriva (ricordiamo Berlinguer che rivendicava il diritto degli studenti a occupare la propria scuola), che di chi attaccava tali forme di protesta.
Quest'anno la partecipazione degli studenti alle lotte sembra più convinta e meno rituale. Al ribellismo istintivo sembra essersi aggiunta la voglia di capire alcuni aspetti inaccettabili sia della scuola che della società attuale. Anche i venti di guerra hanno fatto la loro parte per favorire lo sdegno dei ragazzi. In quasi tutte le città le manifestazioni contro la Moratti e contro la guerra hanno visto una forte adesione; le stesse occupazioni delle scuole sono gestite dagli studenti in modo più partecipato e organizzato rispetto agli ultimi anni. Anche le richieste sono meno vaghe e premono per maggiori investimenti per la scuola, per la gratuità degli studi fino a 18 anni e per forme di presalario agli studenti. Tali obiettivi che riportano la lotta degli studenti su un terreno più classista e più gestibile dalla componente proletaria di essi vanno sostenuti. L'aspetto negativo della lotta è l'individuazione del nemico nella sola riforma della Moratti, posizione seminata a piene mani dall'UDS e dalle associazioni dei verdi, favorite dalla loro capacità organizzativa e dal loro democraticismo interclassista, che prevalgono tra gli studenti di fronte alle difficoltà di analizzare con chiarezza la propria condizione e la portata dell'attacco. D'altra parte anche gli studenti, che fanno riferimento ai No Global, non si distinguono su un terreno di classe, ma solo per una maggiore attenzione ai temi di lotta più generali contro la guerra e la repressione. I comunisti internazionalisti devono contrastare la tendenza di tutte le forze politiche della sinistra borghese, comprese le più radicali, di mantenere ancora una volta il movimento studentesco sul piano di un generico ribellismo, utile solo a dar fiato al recupero di credito del centrosinistra, e devono puntare a valorizzare gli obiettivi più chiaramente classisti per la gratuità della scuola, contro la selezione di classe, contro la scuola azienda, autoritaria e preparatoria allo sfruttamento dopo il diploma, e contro l'insieme del sistema capitalistico in crisi irreversibile, sempre più seminatore di ignoranza, supersfruttamento e guerra.
glBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #12
Dicembre 2001
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