Un matrimonio d'interesse: Ford e Volvo insieme... sulla pelle dei lavoratori

Il recente accordo tra Volvo e Ford costituisce veramente ciò che in altri tempi sarebbe stato definito come il più classico dei matrimoni d'interesse; infatti esso si inquadra nel più generale processo di concentrazione dei capitali che la mondializzazione dell'economia ha fortemente accelerato. L'incepparsi dei meccanismi di accumulazione e valorizzazione del capitale infatti, favorisce lo scontro sul terreno dei mercati finanziari e industriali e spinge con più virulenza alla conquista di posizione monopolistiche. E così due grandi produttori automobilistici, che singolarmente maggiormente accusano i colpi della crisi del capitalismo, hanno deciso di unire le proprie forze per superare quella soglia di 4 milioni di auto prodotte che rappresenta la cosiddetta. massa critica al di sotto della quale è impossibile remunerare adeguatamente il capitale investito. Con questo accordo Ford e Volvo tentano la costruzione di un colosso in grado di competere con l'altro titano dell'industria automobilistica che è la General Motors americana di cui però sono più ricchi potendo vantare una liquidità di cassa di 22,9 Mld di dollari contro i 16,6 della concorrente. Nel 1998, Ford ha avuto un fatturato pari a 144,42 Mld di dollari con utili per 5,94 Mld di dollari ed ha venduto nel mondo 6.823.000 veicoli di cui 3.998.000 unità nei soli Stati Uniti, ed in Europa nello stesso anno ha venduto 1.850.000 automobili. Questi numeri possono dare un senso alla logica dell'accordo e possono far comprendere come la conquista del marcato Europeo sia divenuta per Ford di importanza strategica soprattutto se si tiene conto che le auto svedesi della Volvo si inseriscono a perfezione tra quelle della Ford (modelli di taglia medio e medio bassa) e Jaguar (auto di grossa cilindrata), già acquisita nel 1989.

Perdurando questa tendenza, si calcola che nel volgere di un decennio, sopravviveranno nel settore automobilistico non più di quattro o cinque produttori su scala mondiale.

Come più volte è stato ribadito dalle colonne di questo giornale, tale fenomeno, che viene propagandato dalla borghesia mondiale come il toccasana di tutti i mali perché con il rafforzamento delle imprese si dovrebbe generare libertà e benessere economico per tutti, in realtà è l'unica risposta che capitalismo è in grado di dare alla caduta dei profitti industriali che caratterizza questa fase del ciclo di accumulazione e comporta costi enormi per il proletariato. Concentrazione significa, infatti, soprattutto espulsione dal mondo del lavoro di migliaia di operai che la riorganizzazione del gruppo nascente non può e non vuole evitare pena il successo dell'operazione tanto che il "bagno di sangue" di posti di lavoro è previsto, oltre che dagli stessi vertici del nuovo marchio e dagli economisti borghesi che ormai non ammettono senza alcuna reticenza che lo sviluppo tecnologico e la concentrazione crescente dei capitali provocherà, in modo sempre più sensibile una riduzione della forza-lavoro impiegata. Resta un mistero, invece, come tutto ciò possa costituire il nuovo Eldorado che viene quotidianamente promesso.

Lello

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.