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Home ›Lo sciopero dei Cobas-scuola contro il nuovo contratto
Bugie e demagogia: le armi spuntate del radical-riformismo sindacale
Venerdì 19 marzo abbiamo partecipato, a Bologna, all'assemblea organizzata dai Cobas-scuola in concomitanza con lo sciopero da essi proclamato per protestare contro il contratto del personale scolastico firmato da CGIL-CISL-UIL e SNALS. Prima di procedere oltre, è d'obbligo specificare che questa volta non si tratta del solito contratto-bidone, come al solito peggiorativo delle condizioni di lavoro della categoria, ma è qualcosa di più e di peggio, nel senso che, come scriviamo nel volantino, è un importante elemento della cosiddetta riforma della scuola, finalizzata a sottomettere l'istituzione scolastica alle dirette e immediate esigenze del capitale.
Passando all'assemblea (provinciale, n.b.) ciò che forse a prima vista colpisce maggiormente è la bugiarda spavalderia sempre più marcata dei Cobas: di fronte a qualche decina di partecipanti, i relatori non si vergognavano di parlare di successo dello sciopero, vantando un'adesione tra il 30 e il 50%. È vero che non disponiamo di cifre esatte, ma da quanto ci è dato conoscere, almeno della situazione emiliana, quei numeri sono estremamente lontani dal vero; certamente, in altre città, specialmente del centro-sud, ci sono realtà diverse e la partecipazione allo sciopero è stata sicuramente superiore, ma anche così non crediamo affatto che, come dice il Manifesto del 20-3-'99 riportando fonti Cobas, l'astensione dal lavoro, a livello nazionale, abbia interessato il 30% del personale. È inverosimile anche che "decine di migliaia di insegnanti e di personale ausiliario" (il Manifesto, cit.) abbiano manifestato un po' in tutta Italia: evidentemente, i Cobas hanno bisogno di darsi forza e coraggio raccontandosi e raccontando un sacco di bugie, sostitutive di vere lotte. E mancando queste, il sindacato a scartamento ridotto crede di trovare scorciatoie che possano rimpiazzare la lotta di classe dichiaratamente anticapitalistica, nella strada senza uscita della democrazia borghese. Infatti, nell'assemblea hanno tirato fuori dal cilindro l'arma segreta del referendum sul contratto, poiché i Cobas sono fermamente convinti che la categoria, avendo la possibilità di esercitare i suoi diritti (borghesi. n.d.r.) scippati dal governo e da CGIL-CISL-UIL, voterebbe in massa per i Cobas medesimi. Questa ipotesi e relativa proposta sono state radicalmente criticate da una serie di interventi, tra cui il nostro, che hanno sottolineato come il ricorso al referendum è un atto suicida, in quanto i Confederali vincerebbero sicuramente. Non solo per i brogli (largamente scontati) ma anche perché le consultazioni "democratiche" e schedaiole sono le sabbie mobili in cui viene attirata la classe (o la categoria) quando questa è in fase di riflusso e, di fatto, è già sconfitta, senza contare che la bassa adesione allo sciopero, chiaro sintomo di una scarsissima combattività dei lavoratori, sconsiglierebbe a priori l'uso di strumenti tipicamente borghesi come il referendum. L'unico terreno praticabile è quello della lotta di classe aperta, chiara e decisa e se questa manca, tutto il resto sono rattoppi peggiori del buco, battaglie perse in partenza che, in quanto tali, lasciano solo disillusione e sconforto. D'altra parte, il carattere nient'affatto antagonista del sindacalismo "di base" è evidenziato ulteriormente da una sempre maggior "attenzione" alle regole istituzionali. Per es., le abbondanti lacrime sparse sul rinvio delle elezioni delle RSU nella scuola, quando dovrebbe essere elementare per qualunque "antagonista" che non sono certo questi organismi a difendere i lavoratori, essendo stati creati appositamente per gestire e controllare, per conto del padrone, la forza-lavoro. Ancora, la manifestazione di Roma terminava a Montecitorio, "dove una delegazione di Cobas aveva appuntamento con alcuni rappresentanti di diversi gruppi" (il Manifesto, cit.): ma per fare che cosa? Cosa hanno da dirsi presunti rappresentanti di lavoratori in lotta ed esponenti di quei partiti che, dal governo e dall'opposizione, attaccano in mille modi i lavoratori stessi? Per non parlare poi degli scioperi indetti burocraticamente via fax, al di fuori di estese e diffuse assemblee di lavoratori (alla faccia del "di base"!) e nel pieno rispetto dei termini di legge; siamo ben lontani da una reale lotta di classe che non dà preavvisi al nemico, che non si dà limiti né di tempo né di spazio. Tutto questo, naturalmente, non ci stupisce, conoscendo la natura profondamente riformista dei Cobas e l'orizzonte limitato - nonché illusorio - in cui si muovono. Infatti, sia nell'assemblea di Bologna che, va da sé, nella convocazione dello sciopero apparsa sui giornali (vedi il Manifesto) non c'era nessun riferimento all'attacco generale ai salari, alla precarizzazione del lavoro come tendenza generale, alle nuove povertà e schiavitù che si vanno diffondendo anche in Europa, e, innanzitutto, nessun legame tra la ristrutturazione della scuola e la crisi generale del capitale. Mancando tutto ciò, e in perfetta aderenza con il variegato mondo del riformismo più o meno radicale, è perfettamente logico che i Cobas avanzino rivendicazioni - da perseguire per quella via strettamente sindacale di cui si parlava prima, referendum compreso - che non hanno nessuna possibilità di essere accolte, dimostrando la loro natura schiettamente demagogica che, in più, strizza l'occhio al corporativismo. Infatti, mentre lo stato è tutto volto al saccheggio sistematico del mondo del lavoro operaio e dipendente, i Cobas chiedono uno stipendio europeo (il che significherebbe un aumento del 50% circa) e l'istituzione dell'anno sabbatico ossia della possibilità di usufruire ogni cinque o sette anni di un anno di congedo a stipendio pieno. Cose tutt'altro che disprezzabili, certamente, ma che dovrebbero essere strappate allo stato con ben altri mezzi che scioperetti indetti nel pieno ossequio della legalità borghese. Anzi, proprio per la loro assoluta inconciliabilità con la crisi del capitale, se la categoria e, ancor più e meglio, il proletariato avesse la forza di imporre quel genere di rivendicazioni vorrebbe dire che la situazione è matura per dare l'assalto rivoluzionario al potere dello stato: ma, a quel punto, perché accontentarsi di un "buon" contratto di lavoro?
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #4
Aprile 1999
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