Infortuni legali in diminuzione? Diminuiscono i lavoratori legali

Da recenti dati pubblicati dall’Inail risulterebbe che gli infortuni sul lavoro sono in costante diminuzione. Ecco qui una tabella riassuntiva dei dati medesimi, che lInail dettaglia poi per Regioni e provincie, gruppi di età degli infortunati ecc.

- 1993 1994 1995 1996 1997
ITALIA 937.842 899.767 890.653 872.321 388.791
NORD-OVEST 272.910 264.703 269.550 263.411 117.357
NORD-EST 300.187 293.889 297.925 295.841 130.433
CENTRO 191.669 179.814 169.844 162.805 73.410
SUD 124.211 116.136 110.662 108.961 49.376
ISOLE 48.865 45.225 42.672 41.303 18.215
Dalla “tav. bii/1.1.1 - infortuni sul lavoro denunciati dalle aziende per provincia”

Si sarebbe portati a concluderne che i processi di lavoro e di produzione nelle formazioni sociali del mondo avanzato sono sempre più sicuri, ovvero sempre più aderenti ai criteri di sicurezza che tanto dottamente vengono trattati su riviste professionali e di settore. E invece no. È forse paradossale, ma proprio mentre più si parla e scrive di sicurezza, più aumentano i morti sul lavoro. L’apparente paradosso è presto spiegato: i dati Inail riguardano gli assicurati Inail, cioè i lavoratori in regola secondo la legislazione e i contratti nazionali di lavoro. E sono questi in forte diminuzione.

La gran parte degli infortuni e dei morti sul lavoro sfugge alle statistiche Inail, perché colpiscono lavoratori di aziende semi-clandestine e comunque non “in regola”. L’ultimo caso di cui si ha notizia mentre scriviamo, riguarda un lavoratore pachistano morto annegato mentre lavorava in una centrale AEM presso Milano. Non era al lavoro in una fabbrichetta clandestina di fuochi artificiali nel napoletano (qui ogni anno è assicurato un discreto numero di morti); era impegnato in una centrale della Azienda Energetica Municipale di Milano. Ma era “in nero”, perché la manutenzione è appaltata ad aziende esterne che assicurano le migliori condizioni sia in termini di prezzo sia in termini di condizioni di lavoro. Così succede che mentre prima i grandi interventi di manutenzione venivano fatti a centrale spenta, per ovvi motivi di sicurezza, ora il lavoratore dell’appalto (rigorosamente assunto in nero) lavorava a centrale attivae immerso in una vasca per ripulirla è stato risucchiato da una pompa dopo che il cavo che lo tratteneva si è rotto.

E così si scopre tutta la ipocrisia della legislazione borghese in termini di ambiente e sicurezza. A soddisfare una “opinione pubblica” altrettanto ipocrita, si varano direttive europee rigorose, al passo con le moderne tecnologie di prevenzione, si attuano le medesime nelle legislazioni nazionali (e in genere l’Italia, nelle sue norme attuative, appare anche più rigorosa degli altri), da una parte, mentre dall’altra (liberismo impone) gli stessi organi statuali e sovranazionali spingono alla proliferazione selvaggia di aziende e aziendine “di servizio” che necessariamente sfuggono ad ogni controllo, e varano leggi che garantiscono alle medesime “imprese” la possibilità di utilizzare come meglio credono la forza lavoro degli operai: affittandola, utilizzandola a tempi flessibili, impegnandola al di fuori di ogni normativa ufficiale. Dalle aziendine tessili che lavorano per le grandi firme sfruttando nei modi più barbari e vigliacchi il lavoro dei bambini e degli immigrati più deboli, alle aziende di manutenzione e di servizio che nelle grandi aziende sostituiscono i lavoratori dipendenti con loro semi-schiavi, al di fuori delle regole che varrebbero all’interno delle grandi aziende stesse.

E così la borghesia quadra il cerchio: da una parte bisogna correre a soddisfare i parametri che consentono la competizione globale (siano quelli di Maastricht oppure quelli del Nafta o dell’Asean) - e ciò significa spremitura al midollo dei lavoratori - dall’altra si finge di migliorare le condizioni di igiene e sicurezza del lavoro.

Queste effettivamente migliorano, come testimonia la tabellina Inail, ma tali miglioramenti interessano solo una quota minima dei lavoratori (in regola, “garantiti”), mentre aumenta a dismisura la parte di classe operaia privata di ogni garanzia e protezione.

Così capita di entrare in grandi aziende dove tutto è in regola: dalla segnaletica agli impianti elettrici, dalla pulizia alla misura e disposizione delle porte. I dirigenti e i pochi dipendenti stanno al sicuro e anche sugli impianti la segnaletica e la strumentazione sono a posto. Ma le pratiche lavorative imposte, i loro ritmi e le modalità di impiego dei materiali contraddicono tutto ciò. E poi se il lavoro eccede quello che può normalmente essere svolto all’interno, o si ricorre alle forme selvagge e legalmente protette (con la benedizione di Rifondazione) di affitto del lavoro o si ricorre a quello che la letteratura “scientifica” di management chiama l’outsourcing, l’assegnazione di compiti e funzioni ad aziende esterne. Non è legge fondante del mercato quella della diminuzione dei costi? Poiché ricorrere al lavoro nero, non garantito, selvaggio, costa meno che rispettare le regole formali dell’azienda modello, si riduce al meno possibile il lavoro della e nella azienda formale e si sfrutta il più possibile il libero lavoratore sul libero mercato.

Inutile, stupido e profondamente ipocrita far finta di battersi per normative più stringenti in termini di sicurezza e di ambiente, valide per il lavoro ufficiale, ignorando il corso reale del capitale oggi e rifiutando lo scontro frontale con esso.

Meglio lavorare direttamente alla preparazione dell’affossamento di questo sistema.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.