Libera Concorrenza, addio! Ma i suoi sacerdoti non piangono

Il bombardamento è incessante. Ventiquattro ore su ventiquattro, in ogni angolo della terra, c’è qualcuno che ti parla di lui. Che si discuta del barbiere sotto casa che non ti rilascia la ricevuta fiscale nemmeno a sparargli in testa o del venditore di caldarroste che si è convinto di vendere diamanti di prima scelta, il rimedio è sempre lui. Lo si invoca come un tempo si invocavano gli dei ed è divenuto il nuovo Prometeo dell’umanità: la luce dei nostri occhi, il pane sicuro per i poveri, la certezza del diritto per i perseguitati. Il Mercato, con la emme maiuscola sempre, “è - come scrive il direttore de Il Sole 24 ore, Ernesto Auci - un faro capace di guidare la nostra rotta.” Si dice Mercato e si dice libera concorrenza. Si dice libera concorrenza e si dice globalizzazione; padre, figlia e spirito santo; ecco la nuova Trinità a cui devoti tutti si devono sottomettere.

Recentemente, a coronamento di una strategia accuratamente messa a punto e sostenuta dal governo, la Boeing ha incorporato la Mc Donnell Douglas rimanendo così, negli Stati Uniti, l’unica impresa produttrice di grandi aerei civili e la più grande nel settore delle costruzioni aerospaziali militari. Nella patria del Mercato e della libera concorrenza è nato così un gruppo monopolistico che ha di fatto cancellato nel settore aeronautico proprio il mercato e la libera concorrenza. Di fronte a ciò era legittimo attendersi dai sacerdoti della sacra Trinità geremiadi in morte della libera concorrenza, e invece niente neppure un piccolo lamento; anzi, sempre su Il Sole 24 ore, l’economista industriale Guerci si è scagliato contro l’Europa incapace di fare altrettanto:

Negli Usa, paese liberista per antonomasia, tutto sembra comporsi in un disegno strategico unitario coerente, mentre in Europa, insieme di paesi con tante velleità programmatorie, il disegno invece stenta ancora a delinearsi.

Da La Repubblica - Affari e Finanza del 23-12-1996

Ma allora non è vero che si vuole il ritiro dello Stato; che mercato vuol dire libera concorrenza e che globalizzazione significa più potere per il cittadino-consumatore, il simbolo di quel nuovo rinascimento che viene promesso con l’economia globalizzata (vedi Prometeo n. 11/96). Un solo produttore di aerei civili negli Stati Uniti è come dire un solo produttore nel mondo; per cui chi volesse acquistare, tramite il suo computer collegato a Internet, anche un solo bullone di un aereo o compra Boeing, e paga il prezzo che la Boeing fissa, o niente: Il suo potere di scelta è nullo alla faccia del Mercato, della libera concorrenza e della globalizzazione. Si dirà: “ Ma via, è un caso particolare! Si tratta di un settore specifico che presenta caratteristiche proprie, che ha elevatissimi costi per la ricerca e necessita quindi di grandi capitali e di grandi economie di scala.” Sennonché negli stessi giorni si è appreso che anche nella nostra Italietta sta accadendo qualcosa di simile e questa volta il settore non è proprio così specifico e particolare come quello aeronautico. La Bnl e l’Ina hanno deciso di fondere l’una con l’altra rispettivamente il proprio ramo assicurativo e bancario. Alla chetichella è nato così un gruppo finanziario che, non appena sarà completata la privatizzazione della Bnl, e con qualche altra opportuna acquisizione, soprattutto nel settore delle riassicurazioni, cancellerà anche qui ogni parvenza di libera concorrenza. E dal Financial Times apprendiamo che la Littlewoods (grande distribuzione) ha acquisito oltre alla Freemans home shopping business anche la Great Universal Stores e la tedesca Otto Versand dando vita a uno dei maggiori gruppi europei nel campo della distribuzione. In realtà, la fusione fra Boeing e Mc Donnell Douglas non è un’eccezione, ma è il logico epilogo del processo di concentrazione verso cui i capitali inesorabilmente tendono sia nell’industria, sia nella finanza, sia nella distribuzione.

Il fatto che nessuno piange per la nascita di simili colossi monopolistici dimostra che l’ideologia neoliberista, oggi dominante, interpreta non tanto l’esigenza di garantire il libero svolgimento della domanda e dell’offerta, ma quella dello smantellamento delle regole e delle posizioni economiche (imprese di proprietà pubblica) che possano ritardare o impedire proprio i processi di concentrazione e centralizzazione dei capitali a scala continentale senza i quali è impensabile reggere la competizione internazionale. La globalizzazione si va quindi configurando sempre più, e sempre meglio, come un processo di integrazione a scala continentale delle diverse economie nazionali per meglio reggere la concorrenza internazionale. Non si tratta quindi di un processo di sviluppo dell’economia mondiale per effetto di una generalizzata diffusione dei processi produttivi, ma della nascita di colossi monopolistici di dimensioni almeno continentali capaci di confrontarsi sul mercato internazionale. La tendenza è quindi verso la riduzione dei soggetti che operano sul mercato e non verso la loro moltiplicazione come sostiene il pensiero unico dominante. D’altra parte, lo svolgimento dei fatti è così limpido e chiaro che anche gli economisti borghesi più attenti non possono non rilevarlo:

Il grande mercato globale comincia a rivelare le sue vere caratteristiche, che sono quelle di un luogo dove vanno a svolgersi giuochi estremamente complessi e pericolosi e dove la sopravvivenza dei migliori coinciderà con quella dei più forti. I governi delle nazioni protagoniste si apprestano dunque ad indirizzare, seguendo l’esempio americano, molto energicamente i propri produttori verso il modello della razionalizzazione e concentrazione riproponendo la logica dei national champions... La fola del transnazionalismo, lungamente raccontata da economisti e politologi al pubblico dei creduli, si rivela esattamente per quello che è: un sogno ad occhi aperti. Lungi dal decretare la fine degli stati in generale, la globalizzazione sembra aver decretato la fine dei piccoli stati. Quelli grandi sopravvivono e si adeguano con agilità al nuovo ordine mondiale.

Marcello De Cecco sul già citato Affari e Finanza di La Repubblica del 23 dicembre scorso

Altro che Stato-regione, altro che cittadino-consumatore, altro che: “un cittadino, un imprenditore” come andava proponendo qualche tempo fa l’attuale presidente del consiglio come rimedio alla crescente disoccupazione. Il mondo che avanza è un mondo dominato da pochi grandi gruppi monopolistici espressione delle maggiori aree economiche in ferocia lotta fra di loro e in perfetta linea con quanto sostenuto da sempre dal marxismo rivoluzionario.

gp

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.