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Home ›A. Bordiga 1913 e il proletariato d’oggi
Lo scritto di Bordiga che qui di seguito presentiamo, ci pare particolarmente indicato per quei giovani che, istintivamente attratti dal comunismo, esitano tuttavia a scegliere la strada dell’impegno rivoluzionario, anche perché scoraggiati dalla passività quasi totale in cui oggi versa il proletariato di ogni categoria, nonostante i continui, inesorabili, pesantissimi attacchi che la borghesia gli porta.
Benché sia stato scritto nel 1913, crediamo che l’articolo conservi intatto il suo valore di fondo, perché i fattori di psicologia sociale - se così vogliamo chiamarli - che spiegano tanto l’eccezionalità della scelta rivoluzionaria di singoli borghesi, quanto l’oppressione ideologica e mentale del proletariato, siano rimasti, nella sostanza, gli stessi, tanto più se si pensa che fenomeni quali la denutrizione, data ormai per scomparsa nell’occidente sviluppato, sta tornando a tormentare gli strati più poveri della società, specie negli U.S.A., per non parlare dell’ex impero sovietico o del cosiddetto terzo mondo.
Se mai, oggi, a quei fattori di abbrutimento fisico e mentale se ne devono aggiungere altri, quali, per es., il rimbam-bimento televisivo o la diffusione, purtroppo crescente, di schifezze allucinogene (eroina, crack, ecstasy, “acidi”, ecc.)
in ampi settori di gioventù proletaria (quella che vent’anni fa si diceva “il proletariato giovanile”). L’invito che qui rivolgiamo a possibili compagni di lotta è, dunque, di armare il proprio istinto ribelle con l’arma del comunismo rivoluzionario, per non farsi risucchiare e sopraffare da una realtà sociale tanto desolante, ma, al contrario, per spazzarla via definitivamente.
Partito socialista e organizzazione operaia
Da Avanti! n.30 del 30.gennaio.13[...] Il passaggio dall’utopia alla scienza consiste [...] nel metodo adottato da chi si accinge a comprendere e risolvere la questione sociale, consiste nell’applicazione del criterio della causalità ai fenomeni della vita sociale. E come il socialismo scientifico dimostra che è perché il proletariato organizzato in partito di classe è chiamato ad essere l’artefice della rivoluzione sociale, così pure esso ci spiega implicitamente perché il proletariato è oggi quello che è, e non potrebbe non esserlo. I critici del movimento operaio cadono spesso in un grossolano errore quando giudicano le masse alla loro stregua personale, dimenticando l’enorme differenza psicologica che non può non esistere fra i singoli ribelli appartenenti alla borghesia o alla piccola borghesia, e i lavoratori quali esponenti della classe degli sfruttati.
Sono diverse le vie che conducono al socialismo gli uni e gli altri. I pochi intellettuali che abbandonano la borghesia per passare al socialismo vi riescono mercè gli studi, mercè una ribellione individuale contro le ingiustizie, i privilegi, e alla loro mente non riesce difficile concepire il passaggio dalla società basata sul privilegio alla società socialista.
Si tratta, come abbiamo già detto, di eccezioni, di individui che per una ragione o l’altra abbandonano gli interessi e l’ideologia della classe in cui sono nati. Non così facile è la trasformazione mentale di una classe come il proletariato in cui l’inferiorità e le dipendenze economiche, la mancanza di cultura, la difficoltà di concepire il lato generale di un problema, hanno creato quella rassegnazione e quella indifferenza verso le ingiustizie e le disuguaglianze sociali, che solo la grande industria, la necessità di organizzarsi per difendere i propri interessi e l’educazione socialista possono definitivamente sradicare. Se si tiene conto delle condizioni sociali e quindi anche morali e intellettuali in cui vivono le masse, non si ha secondo noi il diritto di meravigliarsi delle prove di egoismo o d’indifferenza che manifestano alcune organizzazioni di mestiere, ma bisogna meravigliarsi che non succeda peggio [e oggi, da un certo punto di vista, è davvero peggio, anche a causa del ridimensionamento delle grandi concentrazioni operaie - ndr].
Secondo noi il primo dovere dell’intellettuale che vuol servire la causa del proletariato è quello di spogliarsi della propria psicologia borghese e procurare d’immedesimarsi colla psicologia del proletariato. La borghesia come classe non ci potrebbe riuscire - i singoli transfughi della borghesia, compenetrati della serietà del compito che si assumono e della modestia di ciò che possono dare al movimento proletario possono raggiungere questo scopo, basta che studino e osservino e disciplinino il proprio pensiero e la propria azione e la immedesimino col pensiero e colla azione del proletariato quale classe che dallo stato di asservimento deve poco per volta, con sforzo eroico, superando quotidianamente innumeri ostacoli intimi ed esteriori, arrivare alla consapevolezza dei propri diritti, alla comprensione dei nessi sociali, alla convinzione che una società basata sull’uguaglianza dei diritti e dei doveri di tutti i cittadini, sostituirà l’attuale organizzazione sociale.
Tutto ciò che circonda il lavoratore e ciò che si cerca di inculcargli tende a mantenere e sviluppare l’egoismo, la rassegnazione, l’indifferenza verso le ingiustizie sociali. La lotta per l’esistenza, la sfrenata concorrenza fra affamati, la necessità di vendere al meno peggio degli offerenti la propria forza del lavoro, il timore di rimanere disoccupato, la costante preoccupazione economica, l’impossibilità di elevare il proprio pensiero al di sopra delle contese per il pezzo di pane, l’autorità esercitata dai superiori, l’educazione religiosa e militarista, ecco l’ambiente in cui si svolge la vita delle masse, senza rilevare l’influenza deleteria del lavoro estenuante, della sistematica denutrizione, dell’alcolismo e di innumeri altri fattori che deprimono e opprimono la classe lavoratrice.
Non si può accusare di egoismo e di mancanza di slancio rivoluzionario chi non sente nemmeno lo stimolo di migliorare le proprie condizioni, non sente né ribellione né malcontento, non difende neppure i più elementari diritti individuali. Procurare di sviluppare nel proletariato l’aspirazione alla più assoluta libertà e uguaglianza sociale, e renderlo intollerante verso qualsiasi ingiustizia, è dovere elementare di ogni socialista, ma a nessuno spetta il diritto di esigere che il proletariato sia oggi come un giorno diventerà.
Volere questo vuol dire fare astrazione dalle condizioni in cui esso vive, vuol dire creare delle utopie, ed ogni utopia è secondo noi una aspirazione piccolo-borghese, non già la manifestazione di una volontà fattiva, che è tale perché sa comprendere gli ostacoli, e li affronta per sormontarli.
Il proletariato non ha bisogno di utopie perché la realtà storica che esso crea contiene nel proprio seno la soluzione più ardita e rivoluzionaria, e addita la via che conduce a questa soluzione.
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #1
Gennaio 1997
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