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Sindacati e lotte operaie
Un estratto dalle “Tesi sulla tattica” del V Congresso del PCInt - Milano, novembre 1982
- La funzione obiettivamente e irrimediabilmente controrivoluzionaria e antioperaia dei sindacati nella fase imperialista, non modifica la loro composizione operaia, ovvero di organizzazioni nelle quali si raggruppa il proletariato per spinta immediatamente interna all'autodifesa. La contraddizione fra la consistenza operaia e la funzione borghese dei sindacati riflette ed esprime la contraddizione fra l'obiettivo antagonismo storico del proletariato al capitale e la sua attuale soggezione ideologica e politica alla borghesia.
- L'elevarsi del proletariato a soggetto di storia, negli svolti rivoluzionari, segnerà quindi anche la fine del sindacato, in quanto la classe passerà dalla propria organizzazione contrattualistica a quella confacente alla conduzione dello scontro frontale e della successiva amministrazione del potere.
- Poiché il passaggio da una forma di organizzazione di massa all'altra avviene nella fase rivoluzionaria, nel momento del salto dialettico del quale tale passaggio organizzativo è una delle principali manifestazioni, esso non può essere gradualisticamente raggiunto per successiva evoluzione dei sindacati. In altri termini, non è dato concepire il passaggio del sindacato al soviet per trasformazione dell'uno nell'altro. L'organizzazione degli operai per la lotta rivoluzionaria sostituisce completamente la vecchia organizzazione nella quale gli operai si contenevano per la contrattazione salariale e normativo all'interno della conservazione.
- Sono da rigettare come opportuniste ed obiettivamente controrivoluzionarie, oltreché del tutto negate dalla esperienza storica del movimento comunista, sia le tesi che sostengono possibile una forma di sindacato "di classe" in epoca imperialista (e alla costruzione di tale sindacato subordinano la tattica di intervento), sia quelle che ritengono addirittura possibile il raddrizzamento degli attuali sindacati perché effettivamente operino sul piano di intransigente difesa degli interessi operai. Le une e le altre fanno discendere la attuale funzione antioperaia dei sindacati da una cattiva loro direzione politica, ovvero dalla loro subordinazione a forze politiche antioperaie, sostituite le quali alla direzione del movimento sindacale tornerebbe di attualità la reale difesa degli interessi immediati degli operai.
- In realtà la direzione sindacale da parte di forze politiche controrivoluzionarie non è che la conseguenza della obiettiva funzione dei sindacati stessi nell'epoca imperialista. Va affermato peraltro, perché incontrovertibile, che mai, neppure nei momenti ascensivi del capitale, i sindacati hanno aperto reali possibilità di una loro direzione alle forze politiche rivoluzionarie. Tanto più ciò vale nell'epoca della decadenza capitalista, quando la contrattualità, che è il terreno proprio del sindacato, è condizionata e subordinata alle esigenze di sopravvivenza del capitale e dunque alla compressione del proletariato.
- La rottura del proletariato con la pratica della mediazione e della contrattazione che si risolve in progressivo peggioramento delle condizioni di classe, nel mentre si tradurrà nel rifiuto degli attuali sindacati, porrà immediatamente il problema del potere, il problema dell'assalto al capitale e al suo Stato.
- Nel momento del materiale scontro fra le classi, che si esprime con la radicalizzazione delle lotte operaie fuori e contro i limiti del sindacato, il problema che si pone storicamente non è quello di un nuovo sindacato, dunque, ma della creazione degli organi propri alla lotta rivoluzionaria e alla successiva espressione del potere di classe: i consigli operai. Ogni spazio di mediazione, funzione di qualunque sindacato, è negato. Qualunque sindacato si comporterebbe come quello appena abbandonato e travolto dalle masse.
- Che non si tratti di una questione nominale è confermato dal fatto che le forme stesse di organizzazione sindacale o sovietica sono radicalmente diverse, come radicalmente diverso è l'ordine dei problemi affrontati.
- La sostanzialità del problema si traduce nella originalità tattica del partito comunista a fronte delle tattiche e dei modi di intervento di altre organizzazioni e tendenze.
- Essendo nella prospettiva il rovesciamento della prassi operaia e il passaggio del proletariato a forme di organizzazione in rottura con i sindacati, il problema che si pone ai rivoluzionari è quello della direzione comunista di questi futuri organismi. La attuale tattica del partito rivoluzionario, quindi, deve tendere a creare le condizioni perché le materiali, economiche contrapposizioni di classe di domani realmente trascrescano in scontro politico per il potere e l'instaurazione della dittatura del proletariato, secondo il programma per il comunismo.
- Le condizioni di una direzione politica rivoluzionaria delle future lotte radicali nel proletariato consistono nella operatività in esse, nel corpo stesso della classe, di una avanguardia operaia fortemente organizzata sulla base del programma rivoluzionario.
- Tale organizzazione dell'avanguardia operaia comunista è quella che il partito definisce la rete dei gruppi di fabbrica internazionalisti.
- La creazione dei gruppi di fabbrica, il loro rafforzamento politico ed organizzativo, la loro centralizzazione a scala nazionale ed internazionale, sono l'obiettivo immediato del lavoro del partito e dei suoi militanti in rapporto alle fabbriche, ai posti di lavoro e in genere all'ambiente operaio.
- I gruppi di fabbrica internazionalisti rappresentano l'unica reale cinghia di trasmissione fra il partito e la classe nel senso che solo ad essi è consentito di poggiare la loro azione sulle istanze immediate del proletariato per agire da veicoli di trasmissione delle parole d'ordine e delle indicazioni del partito.
- Già oggi, nelle condizioni date dalla crisi, le lotte di difesa reale degli interessi proletari - si tratti della grande stagione polacca o delle ben più limitate battaglie che qua e là si verificano nelle fabbriche e nelle situazioni più colpite dalla crisi - avvengono al di fuori e contro le indicazioni del sindacato, al di fuori e contro dunque, le sue strutture.
- Anche là dove lotte reali stentano a partire la rappresentatività del sindacato è in calo vistoso, con il quasi annullamento di nuove iscrizioni e l'aumento invece delle tessere stracciate.
- Ciò indica il manifestarsi oggi della tendenza obiettiva a superare il sindacato mediante le nuove più appropriate organizzazioni per la conduzione della lotta di classe ed a distruggere il sindacato quale condizione stessa del generalizzarsi della materiale lotta di classe.
- È questa tendenza, ovviamente, ostacolata da controtendenze di ordine politico, ideologico e addirittura psicologico, che è compito dei rivoluzionari favorire, mediante il proprio intervento nel mondo operaio.
- Favorire questa tendenza storica non deve significare semplicemente l'invito generico, e perciò facilmente recuperabile a destra, all'abbandono del sindacato. La tendenza obiettiva si traduce in possibilità di crescita rivoluzionaria alla sola condizione che l'abbandono dei sindacati significhi la ricomposizione della forza di classe sul suo fronte anticapitalista.
- Ciò può essere favorito, stimolato e guidato solo attraverso la preparazione delle condizioni politiche in cui tale ricomposizione può avvenire. Si tratta allora per i rivoluzionari di lavorare mediante i loro propri strumenti (i gruppi di fabbrica) per lo smascheramento della reale natura dei sindacati e la denuncia del rapporto fra questa e la sua funzione di collaborazione e sostegno del capitale, per chiarire il rapporto fra possibilità effettiva di difesa economica e atteggiamento o posizione politica rispetto al capitalismo.
- L'abbandono dei sindacati nelle migliori condizioni avviene quando al passivo inquadramento in essi del proletariato, è sostituita la attiva e autonoma conduzione delle lotte nell'ambito della complessiva battaglia anticapitalista.
- Nonostante la tendenza indicata, gli operai sono massicciamente presenti nel sindacato. Il sindacato dunque interessa il partito rivoluzionario per le masse lavoratrici che vi sono incapsulate nel confronto delle quali è necessaria una costante azione critica e di guida per indirizzarle sul terreno della autonomia e della lotta di classe. L'azione in questo senso sarà dunque condotta all'interno o all'esterno delle organizzazioni sindacali stesse, in dipendenza delle materiali condizioni in cui i militanti si troveranno ad operare.
- Laddove la tendenza sopraindicata si è già vistosamente manifestata con l'abbandono massiccio del sindacato da parte degli operai, i militanti internazionalisti opereranno al di fuori delle strutture del sindacato perché prive dell'unico interesse che esse hanno per loro. Laddove invece il sindacato racchiude la maggioranza dei lavoratori e che alle sue strutture continuano a fare riferimento, i militanti internazionalisti non disdegneranno di operare in qualità di iscritti nelle strutture di base.
- Operando d'intesa con i locali organi del partito, i militanti di fabbrica eviteranno comunque di abbandonarsi a posizioni codiste rispetto ai movimenti spontanei delle maestranze, cogliendo con la necessaria intelligenza politica il momento in cui è necessario prendere l'iniziativa per trascinare la massa in una salutare rottura.
- L'erompere della lotta di classe non può manifestarsi che come rottura di massa nei confronti delle gabbie sindacali. È cioè la massa che sostituisce il sindacato con i suoi propri organi di lotta, in un processo non certo di progressiva linearità. Sono dunque da respingere come antimarxiste ed opportunistiche le tesi di chi vuol vedere come immediate espressioni di classe ciò che viene prodotto dalla volontaristica azione di soggettività isolate: gruppi operai, coordinamenti e simili.
- Tali formazioni, al di là del contenuto formale operaio, sono espressioni tattiche di scelte politiche che, divergenti dal partito, esprimono la presenza e la operatività nella classe di tendenze riformiste o opportuniste che è nostro compito preciso battere.
- Nessuna confusione è ammissibile fra i comitati di sciopero, emanazione della mobilitazione e della lotta reale degli operai e gruppi minoritari che sono invece emanazione delle organizzazioni politiche della classe.
- Nei comitati di sciopero gli internazionalisti sono presenti in posizione di avanguardia, stimolo e guida politica dell'esperienza, poiché alla formazione di questi informano tutta la loro azione. Circoli operai, coordinamenti eccetera, invece saranno considerati sulla base di ciò che mostreranno essere al necessario vaglio politico.
- Non si esclude che circoli operai si formino per iniziativa, non pilotata politicamente, di proletari in rottura con il sindacato, i suoi partiti e in cerca di nuovi orientamenti. In tale caso i militanti internazionalisti considereranno tali esperienze come necessari spazi per il loro intervento chiarificatore e di orientamento politico, per trasformarli in strumenti operativi della politica rivoluzionaria, ovvero inserirli nella rete politica e organizzativa dei gruppi di fabbrica.
- Nel caso di emanazioni politiche più o meno mascherate da altri gruppi e tendenze, la tattica rivoluzionaria mirerà a smascherarli per ciò che sono, particolarmente denunciandone l'atteggiamento e la posizione opportunistica rispetto alla classe. È proprio, infatti, attraverso tali organismi, emanazioni di un gruppo o addirittura intergruppi, irrimediabilmente opportunisti, che si esprimono le tendenze al nuovo sindacato o al raddrizzamento, magari forzato, di quello attuale. In altri casi è la esplicita posizione politica di cui tali organismi si fanno strumenti, che costituisce l'obiettivo della battaglia permanente del partito. È comunque esclusa ogni partecipazione o collaborazione alle attività di questi da parte dei militanti internazionalisti.
Il sindacato nel terzo ciclo di accumulazione del capitale
Partito Comunista Internazionalista, Ottobre 1986In appendice un estratto dalle Tesi sulla tattica del Quinto Congresso del Partito Comunista Internazionalista, Milano, novembre 1982
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