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La crisi economica e il ruolo dei rivoluzionari
Per prima cosa lasciate che salutiamo questa conferenza e speriamo che sia di contributo per un approfondimento nella conoscenza tra i gruppi che vi partecipano. Lo scopo della conferenza è quello di avvicinare le tendenze politiche nella speranza che si possa stendere una «piattaforma di principi fondamentali a cui aderire per cominciare a lavorare assieme» (PC Int. lettera del 8-2-77). Malgrado i problemi di lingua che possono aver causato dei malintesi, noi crediamo di poter essere d'accordo con le prospettive del PC Int.
Questa prospettiva vorremmo definirla quale:
- Definizione delle aree di non-accordo e l'organizzazione circa la discussione di queste.
- Organizzazione del lavoro comune - ma solo una volta che la convergenza sia chiaramente in evidenza.
Tuttavia non siamo d'accordo con la prospettiva che vede «un lavoro congiunto» come momento iniziale del processo di raggruppamento. Un lavoro congiunto o «il lavorare insieme» non può essere l'inizio del processo di raggruppamento, ma può avvenire solo dopo un periodo di dialogo tra i gruppi, dopo che si siano pienamente discusse le questioni più importanti e che emerga un accordo fondamentale.
La nostra opposizione al lavoro congiunto nel primo stadio di relazioni politiche non ha motivazioni moralistiche, ma è perché è impossibile un lavoro congiunto tra gruppi che non siano d'accordo su punti fondamentali.
La storia recente del CWO (prima della divisione con la sezione operaista a Liverpool che non vedeva la necessità di un'analisi economica) tende a confermare questo punto, cioè che le divergenze portano all'impossibilità di interventi politici e alla paralisi.
L'attività dei rivoluzionari e i loro interventi politici derivano direttamente dalla comprensione della crisi economica; i gruppi con differente visuale, con differente prospettiva economica, reagiranno differentemente alle situazioni quando queste si venissero a creare.
L'analisi economica del CWO si differenzia da alcune analisi fatte da certe tendenze partecipanti a questa conferenza. E così non è per caso che il CWO veda il suo ruolo in maniera differente da quelle tendenze che credono che i rivoluzionari debbano essere prima di tutto e attivi» e che non danno o danno poca importanza all'analisi teorica, e anche da quelli che credono che il compito maggiore dei rivoluzionari oggi è di «costruire il partito». Diamo una occhiata alle differenti teorie economiche che ci distinguono dagli altri gruppi.
La nostra attività è basata sull'analisi marxista del capitalismo:
il capitalismo è in crisi a causa della caduta tendenziale del saggio del profitto, causata dall'aumentata composizione organica del capitale. Il capitalismo è forzato a rimpiazzare il lavoro vivo (capitale variabile) con macchine (capitale costante) di modo che i beni possano venir prodotti a minor costo e possano competere con gli Miri capitali sul mercato mondiale. Dato che il lavoro vivo è la sola sorgente di nuovo valore, ed è costantemente rimpiazzata dalle macchine, il saggio del profitto cade. Il declino nel saggio del profitto significa che il capitalismo non ha surplus sufficiente per le necessità dettate dalla sua espansione. Dalla fine del 1960 il periodo di espansione postbellico si è chiuso e le condizioni oggettive per la rivoluzione hanno cominciato a svilupparsi.
Ma ciò non significa che la rivoluzione possa avere luogo in qualsiasi momento.
Al momento la crisi tocca profondamente quelle aree periferiche del capitalismo (per esempio il 3o mondo). E il capitalismo è ancora abbastanza forte internazionalmente per pagare la cauzione» dei capitali malati in quei paesi come la Gran Bretagna e l'Italia.
Solo quando la crisi sarà così forte da rendere ciò impossibile, quando le casseforti del FMI saranno vuote, quando ogni capitale nazionale sarà spinto a combattere direttamente per i suoi propri interessi, solo allora la rivoluzione sarà all'ordine del giorno.
La crisi, tuttavia, non è lineare, peggiorando progressivamente.
Piuttosto è ciclica; una serie di boom e crisi economiche, ogni caduta sempre più in basso e più lunga della precedente. Il capitalismo non ha ancora esalato l'ultimo sospiro. Vedremo ancora qualche ulteriore «ripresa» prima che la malattia cronica del capitalismo giunga al suo termine.
Questa comprensione della meccanica della crisi conduce PCINO a capire il perché dell'attuale basso livello della lotta di classe; questo non è causato dalla «mistificazione» della classe da parte della socialdemocrazia, eurocomunismo o dai sinistri, ma dal presente (1975-77) «mini boom» del capitalismo.
La coscienza rivoluzionaria si svilupperà nella classe con la crisi, e non sarà portata alla classe dal partito: il comunismo non sarà instillato nella classe dalle prediche dei rivoluzionari o dallo spettacolo dell'«attività». Ciò non significa che noi rifiutiamo che i rivoluzionari abbiano un ruolo nello sviluppo della coscienza comunista. I rivoluzionari non devono mai volgere le spalle all'attività della classe per seppellirsi nello scolasticismo.
Al momento il nostro ruolo è vitale per comprendere le lezioni del passato e segnare una via futura. I comunisti devono opporsi e criticare le tendenze settarie nella classe, mostrando chiaramente l'unica via in avanti in una prospettiva comunista. Mentre la crisi si approfondisce e la coscienza della classe aumenta, allora il ruolo dei comunisti cambierà per divenire sempre più direttamente coinvolto nelle lotte della classe e per essere i portavoce delle prospettive e degli scopi del partito comunista nelle assemblee operaie e partecipare alle elezioni nei comitati dei lavoratori.
In questa situazione la formazione di un partito di massa sarà all'ordine del giorno.
Il nostro scopo principale allora, quali rivoluzionari, in questo momento non è la costruzione del partito; il partito crescerà come e quando la crisi diventerà più profonda e quando ciò che divide i rivoluzionari verrà chiarito. Al momento attuale di bassa marea dell'attività di classe è più importante che i rivoluzionari sviluppino la conoscenza teorica del capitalismo, incluso il come lavora il capitalismo.
Quelle tendenze che vedono il ruolo di rivoluzionari in termini soprattutto di «attività» e per la costruzione del partito rivoluzionario, basano il loro punto di vista sul concetto luxemburghiano dell'economia. La crisi del capitalismo è causata dalla saturazione dei mercati: i mercati sono saturi e non possono esserlo di più.
Se la crisi finale del capitalismo è stata già raggiunta, se le condizioni oggettive per la rivoluzione esistono, perché allora la rivoluzione non è scoppiata? Ci sono due differenti risposte a questo problema.
Prendiamo, in esame per primo il punto di vista sostenuto dal gruppo più piccolo, il PIC,
In qualche modo questo gruppo spera di portare avanti il collasso del capitalismo lasciandosi coinvolgere in una serie di «campagne» (la più nota è quella di un fronte di sinistra sul Medio Oriente) agitando la democrazia di sinistra e fondando «comitati di base» nelle fabbriche.
Chiaramente i punti di vista divergenti su cosa sia l'attività rivoluzionaria confermano che un lavoro comune tra il PIC e il CWO è impossibile (cosa tentata in passato senza risultato).
La soluzione avanzata dai rivali del luxemburghiano PIC, la CCI è in qualche modo differente.
La rivoluzione non ha avuto luogo perciò la classe operaia deve essere stata «mistificata» dai sinistri. Per demistificare i lavoratori compito dei rivoluzionari deve essere attaccare i sinistri e fondare il partito. Secondo la loro analisi luxemburghiana della crisi l'unico elemento che manca per la rivoluzione è il partito di classe.
Una volta che il partito è fondato, la rivoluzione è pronta a materializzarsi.
E il partito deve essere fondato a spese dell'accordo teorico; ad esempio i punti più vitali per un gruppo comunista diverrebbero «questioni aperte» (per esempio lo stato nel periodo di transizione).
Sia il PIC che la CCI privilegiano momenti differenti, nell'attività politica, rispetto a quanto fa la CWO. L'attacco principale portato avanti da questo gruppo è verso i sinistri, sia gruppi che individui, nella speranza di recuperarli.
Come risultato, il loro intervento politico si concretizza nel volantinaggio durante le dimostrazioni e ai meetings della sinistra. I nostri interventi, d'altro canto, hanno come scopo la classe e sono rivolti direttamente alla classe.
Dovrebbe essere ovvio, a questo punto, che qualsiasi lavoro tra quei gruppi che aderiscono all'analisi luxemburghiana e il CWO è virtualmente impossibile. Quale aspetto entrambi i gruppi potrebbero ritenere così importante per intervenire? I nostri interventi sono basati sull'attività della classe (per esempio la ondata di scioperi in Spagna e in Argentina) o su un aspetto più generale del capitalismo decadente che affligge la classe lavoratrice (terrorismo, crisi). I nostri amici luxemburghiani considererebbero più importante analizzare qualche aspetto delle tecniche «mistificatorie» della borghesia.
I punti su cui questi gruppi si sono concentrati nel passato (le buffonerie di Kissinger o del referendum CEE) avrebbero poca importanza per il CWO. Anche se ci dovesse essere una questione che entrambi i gruppi siano disposti a prendere in considerazione (forse il ruolo dei sindacati) il risultato finale sarebbe davvero un intervento superficiale.
Come può un gruppo intervenire in tale occasione, senza chiarire l'analisi della crisi economica? Ma dato che le analisi che entrambi i gruppi fanno sono differenti, questo aspetto vitale dell'intervento dovrebbe essere omesso.
Non sottolineiamo le differenze tra noi e gli altri gruppi solo per creare divisione tra noi perché siamo «settari».
Quando condividiamo la prospettiva sulla crisi e vediamo che i nostri compiti e scopi quali rivoluzionari coincidono, allora possiamo cominciare un lavoro comune. Speriamo che da questa conferenza si sviluppi non un accordo vuoto per imbarcarci in una attività comune che non possa essere sottoscritta dal CWO, ma un impegno per un ulteriore dialogo con Io scopo di risolvere quei punti che ancora ci dividono. L'uguale giudizio sulla prospettiva economica non è tuttavia sufficiente; anche se ci sembra condividerla con il PC Int., ci dividono altri punti di fondamentale importanza.
Alcuni di questi punti vengono considerati nel testo seguente.
Proposte
- Una serie ulteriore di convegni sui punti specifici: sindacati, partito, economia.
- Pubblicazione di un bollettino (testi delta conferenza, scambio di lettere, ecc. o testi da essere pubblicati sulla stampa dei gruppi).
- Nessuna proposta di volantinaggio comune, ecc. dato che ci sono da risolvere punti fondamentali. Un rifiuto potrebbe compromettere le relazioni.
Decadenza del capitalismo e sue implicazioni politiche
Per la conferenza a Milano, Aprile 1977. Questa è un'introduzione al contributo che il nostro delegato apporterà di persona.
Ci sono certi punti (ad esempio il sostegno alle liberazioni nazionali, o il sindacalismo) che alcuni rivoluzionari, in particolare quelli che vengono dalla Sinistra italiana, quasi automaticamente sottoscrivono dato che sono stati confermati da molti, inclusi Marx ed Engels. Ma i rivoluzionari non possono dare il loro supporto a niente in modo «automatico», neanche criticamente o, in altro modo, eccetto alta lotta per il comunismo.
Prima del 1900 quando, malgrado la convinzione di molti socialisti dell'epoca, la rivoluzione non era oggettivamente possibile, e quando il capitale, espandendosi sul globo, poteva affrontare riforme significative verso la classe operaia, attraverso le lotte sindacali si potevano ottenere vantaggi positivi, come le 10 ore lavorative. In modo simile, formando tali organizzazioni, la classe si differenziò dalle sue origini contadine e piccolo borghesi e si creò come classe, distinta dal «popolo».
Nella stessa maniera, in quei tempi le lotte per la liberazione nazionale e l'unificazione nazionale (Germania) erano allo stesso modo progressiste in quell'epoca, e portavano generalmente ad una espansione delle forze produttive e della classe operaia lavoratrice.
Ma anche nel 19mo secolo il sostegno a tali lotte non era automatico; Marx è sempre stato critico circa la natura «essenzialmente conservatrice» dei sindacati, e taluni sindacati erano tanto reazionari da essere boicottati dai socialisti, per esempio la A.F.L. americana.
Allo stesso modo che per le lotte nazionali, il sostegno non era, come per gli anarchici, automatico e morale, ma condizionale. L'appoggio era dato a certi movimenti, come la liberazione polacca e l'unificazione italiana che erano visti come progressisti; altri erano contrastati come i movimenti panslavisti nei Balcani, dominati dalla Russia reazionaria, o soltanto approvati a malincuore, come la richiesta irlandese per l'«Home Ride» (leggi nazionali) a cui Marx originariamente si oppose. (vedi: «Revoluzionary Perspective» N. 2 per ulteriori dettagli).
Ora, nel periodo di decadenza del capitalismo, le riforme non sono più possibili, e i sindacati sono dappertutto parte dello stato borghese che si oppone alla classe, la indipendenza nazionale non è più possibile nell'era dell'imperialismo e la liberazione nazionale è un mito. Le condizioni obiettive per il comunismo esistono, è il compito della classe è di ribaltare il sistema capitalista, non la sua estensione o il raggiungimento di un posto migliore all'interno dello stesso.
Cosa significa «decadenza del capitalismo?» Il capitalismo è un sistema destinato alla autodistruzione attraverso le sue contraddizioni interne. La caduta tendenziale del saggio di profitto, portata avanti dal dominio sempre maggiore del lavoro morto su quello vivo, è la base di questo. Nel primo periodo dell'accumulazione capitalista malgrado le crisi cicliche, la caduta tendenziale del saggio di profitto era controbilanciata (dal commercio estero, sfruttamento maggiore, esportazione di capitali, ecc.) che assicurava al capitalismo una continua e progressiva espansione. Tuttavia dall'inizio del ventesimo secolo questi fattori non sono più sufficienti per controbilanciare la caduta del saggio di profitto, al contrario questi fattori si aggiungevano agli altri problemi, che portano alla rivalità imperialista e alla guerra mondiale; il 1914 è così un «simbolo» della fine della fase progressiva dell'espansione capitalista. La pista di lancio per l'accumulazione del capitale non era più il mercato «libero» ma la carneficina delle guerre mondiali.
Perciò la nostra opposizione al riformismo oggi, non è di natura morale, ma è basato sul riconoscimento dell'impossibilità per i lavoratori di guadagnare qualcosa in più nell'era di decadenza del capitalismo. Il periodo di prosperità che seguiva la 2a guerra mondiale è stato possibile solo sulla base della guerra stessa ed è ora finito; perciò ci conferma piuttosto che smentire il punto di vista secondo cui questo secolo è quello delta decadenza del capitalismo.
I sindacati regolano i rapporti tra lavoro e capitale. Ciò significa che una volta erano il veicolo per ottenere miglioramenti per le condizioni di vita dei lavoratori, oggi invece questo significa che essi sono diventati complementi dello stato capitalista nel nel suo sforzo di imporre il suo valore sulla classe operaia in tempi di pace o di guerra, di crisi o di «prosperità». Dal 1914 l'aiuto dei sindacati al capitalismo è stato di gran valore. In primo luogo hanno dimostrato concretamente la loro disponibilità all'accettazione della guerra e i loro sforzi nell'incatenare la classe alle macchine da guerra nazionali.
Poi, nel periodo di ripresa rivoluzionaria; hanno sabotato le lotte della classe in maniera aperta o nascosta, ristrutturando il capitale in accordo con i padroni per indebolire la spinta rivoluzionaria della classe. In tempi di crisi capitalistica, come il periodo tra le 2 guerre e quello attuale il loro ruolo è stato quello di sostenere e anche spesso di stendere, programmi di austerità. Come risultato, quando la classe si muove, si trova sempre di fronte i sindacati in prima linea, in difesa della borghesia. Esempi, fin dal 68 incluso, il ruolo della C.G.T. in Francia di fronte allo sciopero generale, la C.G.I.L. in Italia durante l'autunno caldo del '69, i sindacati polacchi nel 1970-71 e 76, e quelli argentini nel 1975.
Le uniche organizzazioni di tutta la classe in cui i rivoluzionari possono venir coinvolti sono quelle formate nel cuore della lotta dalla classe stessa, come i comitati di sciopero e eventualmente consigli e soviet. Ma oggi, anche queste organizzazioni hanno validità solo durante la lotta e se continuano ad esistere dopo, vengono integrate netta macchina capitalista.
Come per i sindacati, oggi, non possiamo sostenere né le lotte di liberazione nazionale, le lotte «anticoloniali». Dal 1900 il mondo è stato diviso in blocchi imperialisti e l'indipendenza da uno significa semplicemente essere inghiottito dall'altro.
Il fatto che i rivoluzionari non possano più sostenere le lotte nazionali era stato già capito da Rosa Luxemburg nella sua polemica con Lenin sull'indipendenza polacca quando diceva:
«In questa epoca di imperialismo senza restrizioni, non ci possono essere più guerre nazionali... Perché nessuna nazione soppressa può vedere la libertà e l'indipendenza fiorire dalla politica di stati imperialisti e dalla guerra imperialista. Le piccole nazioni, in cui le classi dominanti sono appendici e accessori dei loro compagni di classe nelle nazioni più grandi, sono semplicemente pegni nel gioco imperialista delle grandi potenze.»
La Luxemburg tardò a controbattere in questo modo contro Lenin al 1918 quando i Bolscevichi dettero l'indipendenza all'Ucraina e alla Finlandia, dopo che la classe operaia in queste aree era stata soppressa dalla sua stessa borghesia in accordo con l'imperialismo tedesco.
Ci sono più recenti esempi, non meno spettacolari, della falsità della «liberazione nazionale». Gli stati liberati dell'Africa nera, una volta liberati dalla dominazione coloniale inglese e francese, sono stati costretti a cercare in fretta la tutela di una o dell'altra delle due maggiori potenze imperialiste oggi (USA e URSS).
Il fatto che essi possono occasionalmente cambiare partito» sottolinea, più che indebolire, la loro mancanza di indipendenza (vedi Egitto). &mila, mente la Cina si liberò della dominazione occidentale nel 1949, solo per trovarsi forzata alla dipendenza dal capitale russo; il colosso provocato dai tentativi di autarchia hanno forzato la Cina a cercare un nuovo rapporto con la più grande potenza imperialista, gli USA, e a seguire la sua guida negli affari esteri. I successi della Cina nel campo economico non hanno provato la possibilità della liberazione nazionale oggi. Dopo quasi 30 anni il suo prodotto nazionale lordo non è maggiore di quello del Belgio e il reddito pro capite è solo marginalmente superiore a quello dell'India, mentre 1'80% detta popolazione lavora ancora la terra. E questo è il paese più favorevolmente dotato dell'area sottosviluppata!
Pensiamo che un'organizzazione che sostenga, anche se criticamente o «tatticamente» le liberazioni nazionali o i sindacati oggi, rafforza gli ostacoli alla lotta per il comunismo.
Sarebbe impossibile al CWO organizzare un lavoro comune o un intervento internazionale con tali gruppi. D'altra parte I opportunità di dibattere ampiamente e pubblicamente su questi punti è per noi di grande utilità. Ciò porterà o a superare le divisioni o a capire meglio le ragioni per l'esistenza di organizzazioni politiche separate. Così, malgrado le differenze politiche con il P.C.Int. noi salutiamo, come già detto, la loro iniziativa di convocare questo primo convegno.
Prometeo
Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.
Prometeo #28 - 29
Anno XXX - Serie III - Primo e secondo semestre 1977
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