Programmi economici e spese sociali

I Governi borghesi, come il Diavolo, fanno le pentole ma non i coperchi

Il Dpef (Documento program-matico economico finanziario) per il prossimo triennio, con i dichiarati propositi di un severo controllo affinch‚ non si interrompano le stangate fin qui distribuite sulla schiena dei “cittadini” proletari, è stato votato anche da Rifondazione. Un voto “antagonista”, fingendo di non sottoscrivere la risoluzione presentata in Parlamento, e con un Bertinotti che fra le quinte giudica il Dpef “cattivo e sbagliato” ma necessario per l’ngresso in Europa...

Visti i risultati conseguiti, la borghesia batte le mani. L’avanzo primario del Bilancio statale (entrate meno uscite al netto della spesa per interessi sul debito) si aggira attorno al 5% del Prodotto interno lordo, cioè qualcosa come 100 mila miliardi sottratti ogni anno ai proletari (pensioni, sanità, servizi sociali, ecc.). Ai quali ora spettano, secondo le dominanti leggi del capitale, gli ulteriori “sacrifici” per la riduzione del colossale debito pubblico che dal 120% del Pil dovrebbe scendere al 60%.

Nel Dpef si parla di diminuzione fiscale, e quindi per mantenere l’avanzo primario bisognerà tagliare ancora la spesa pubblica. E se la crescita del Pil si stabilirà sul 3% annuo, al primo “miracolo” da Giubileo dovrebbe seguire il secondo: 600 mila nuovi occupati. Ma in una più realistica contabilità econometrica degli stregoni borghesi, una tale e improbabile crescita del Pil manterrebbe soltanto “stabili” gli attuali posti di lavoro, mentre il Governo (ieri col Polo e oggi con l’Ulivo) fantastica su una diminuzione della disoccupazione di almeno due punti percentuali.

In Italia si è visto un aumento dell’occupazione pari all’1% soltanto in occazione di una crescita eccezionale del Pil al 5% (fine anni 60). Figuriamoci oggi, con le innovazioni tecnologiche e organizzative avvenute nell’in-dustria e nel commercio, e le riduzioni di personale imposte dalle leggi economiche del capitalismo.

In queste condizioni obiettive, che nessuno di “lor signori” si sognerebbe mai di rivoluzionare, lo sport preferito da capitalisti e banchieri è diventato il tiro alle pensioni e alla pubblica sanità. Tutta colpa dei più elevati limiti della vita media, per i borghesi a 80 anni e per i proletari un po' meno. Di questo passo si arriverà a un rapporto 1 a 1 fra operai e pensionati, insostenibile per il capitale che deve rastrellare (per i suoi investimenti e per i suoi interessi e bisogni privati) maggiori quote del plusvalore prodotto dai salariati attivi. Non può certo badare a tutti gli altri, disoccupati, malati e inabili, anziani e bambini, se questi non hanno sonanti monete per acquistare le merci esposte in vetrina...

Alla loro rappresentanza politico-sindacale, la borghesia ha delegato Rifondazione, che con il suo responsabile del Lavoro, Gior-dano, cavalca “l’equilibrio delle pensioni” con la rattoppata sella di un invocato aumento dei contri-buenti salariati, ai quali poter estorcere nuovo plusvalore!

Altrimenti, ammette, avremo l’uni-ca soluzione capitalistica-mente percorribile: tagliare le prestazioni. Sono queste le mediazioni offerte a milioni di uomini e donne “già oltre la soglia della umana sopportazione”. È una frase letta sui cartelli innalzati da migliaia di pensionati in piazza a Roma, e ai quali i sindacati - in ...concer-tazione col Governo e con l’arco costituzionale di quei partiti che si spartiscono acconti pubblici di ben 110 miliardi - sventolano l’illusione di un consolidamento dello stato sociale finanziato dal capitale, all’insegna di inattuabili aumenti delle pensioni minime e di astratte equità fiscali e sanitarie.

Arriva intanto il sanitometro (entro il 2000) con altre randellate sui proletari, causate dalla solita mancanza di compatibilità economiche. Per questo, si pagheranno 50 mila lire al pronto soccorso e 75 mila per prestazioni diagnostiche in daj Hospital. A meno, dicono Prodi e la Bindi, di “uccidere il Paese”. Meglio allora uccidere qualche malato e soprattutto qualche fastidioso anziano...

La coperta è corta; tira da un lato o dall’altro, ma il paziente rimane scoperto. L’assistenza sanitaria diventerà sempre più macchino-samente burocratizzata e fiscaliz-zata.

Gli accertamenti delle tre fasce di reddito, le autocertificazioni con riferimento al “riccometro”, le applicazioni dei “coefficienti di equivalenza” delle detrazioni e delle franchigie, si aggiungono alle croniche deficienze e alle inevitabili decadenze del sistema sanitario pubblico all’interno della società capitalistica. Ed avremo l’ufficializzazione dei cittadini furbi ed evasori, mentre i più ricchi saranno accolti, a braccia aperte e conti salatissimi, dalle reclamizzate strutture private.

La spesa pubblica assorbiva negli anni 80 il 78,4% della domanda sanitaria nazionale; oggi la quota è scesa al 69,9%. Ed abbiamo la percentuale di spesa pubblica sanitaria fra le più basse in Europa! Il modello americano fa scuola, riservando ai ricchi assicurati il meglio della sua medicina, e ai proletari prestazioni sanitarie ridotte e di qualità scadente. Per gli anziani e i poveri (40 milioni di persone, il 15% della popolazione americana), nessuna assicurazione e nessuna assistenza. E poichè, nonostante questo, la sanità americana costa il 14% del Pil a fronte del 7,5 italiano, si allargano gli spazi per sprechi, frodi criminali, pagamenti impropri, errori contabili, eccetera: quasi 21 miliardi di dollari nel ’97.

La barbarie sociale del capitalismo è davvero globale. Resta il fatto che i Governi borghesi, come il proverbiale Diavolo, possono far le pentole ma non i coperchi. Non è per noi un motivo di consolazione, ma l’incitamento a prepararsi per le prossime ebollizioni.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.