Franano i monti. Sta saldo il sistema

Questa la prima considerazione che a tre giorni dalla frana in Val di Sarno vien da fare a chi, come noi, si aspetta quotidianamento quello e altro.

Perché quel che leggiamo sulla stampa e la reazione generale della cosiddetta gente indicano che lo smottamento, per quanto drammaticamente possente, non ha ancora turbato gli equilibri del sistema.

“Bando alle polemiche, zitti e scavate” ha detto il governo. Qualcuno si è adombrato per la rudezza dell’invito, ma le polemiche continuano nell’ordinaria “dialettica democratica”. A nessuno è venuto il mente di andare oltre le ovvie accuse a qualche banda politica o al di là di “pressanti” inviti al governo di darsi un piano di prevenzione e riassetto del territorio. Ovvero a nessuno è venuto in mente di indicare il vero responsabile: il modo di produzione capitalista che informa di sé ogni politica e finanche ogni comportamento collettivo o individuale. Bocca, da vero opinion maker della classe dirigente ha sintetizzato per tutti: “La colpa? Di tutti e di nessuno” (La Repubblica del 9 Maggio).

Già, i nostri sarebbero discorsi passatisti, per tutta questa bella gente: il capitalismo non ha vinto come il “meno peggio” dei mondi possibili?

E invece è proprio nel modo di produzione e nella sua corrispondente formazione sociale che va rintracciata la causa del dissesto idrogeologico d’Italia e dei conseguenti ricorrenti disastri.

Le varie forze politiche che si sono succedute al governo (e dalla fine della seconda guerra mondiale si va dalla destra alla sinistra) non hanno mai messo in cantiere una politica del territorio provvedendo di tanto in tanto solo a cementificare dissennatamente. Vero. Ma questo perché da bravi amministratori del capitale hanno sempre avuto (e tanto più hanno oggi) altre priorità di spesa così raggruppabili: sostegno alla economia nazionale, vale a dire alle nazionali capitalistiche imprese; mantenimento della pace sociale.

La regolazione delle acque, la manutenzione dei canali naturali di scolo, la forestazione (invece della deforestazione) e la manutenzione delle foreste implicano spese ingenti non produttive di plusvalore e quindi improduttive punto e basta. Alla manutenzione delle foreste provvedeva in passato la distribuzione della popolazione su tutto il territorio con un diverso equilibrio fra città e campagna; ma l’urbanesimo, condizione d’esistenza e di crescita del modo di produzione capitalistico, ha portato allo spopolamento delle aree rurali e in particolare della montagna e supplire allo spopolamento con l’intervento mirato dalla città verso la montagna costa e non dà utili.

Qualcosa era forse possibile in tempi di bilanci positivi se solo gli amministratori borghesi fossero stati di vedute un pochino più ampie di quelle dimostrate dal cialtronesco ceto politico italiano. E non è stato fatto (né richiesto ai governi da parte delle opposizioni di fare). Solo degli illusi per vocazione o dei bugiardi impenitenti possono pensare che sia possibile oggi che la borghesia metta mano a una seria politica di riassetto e gestione del territorio.

Uno stato che, profittando dello stato di prostrazione della classe lavoratrice, taglia le spese che una volta erano intese al mantenimento della pace sociale, giungendo alla rapina vera e propria del salario indiretto per accumulare avanzi di bilancio che vadano a ripagare il debito pubblico, non farà mai una seria “politica del territorio”. Una qualche misura verrà presa (sta per essere presa) sotto l’emozione della emergenza e qualche miliardo verrà anche stanziato: si affronta così l’emergenza e si fa finta di affrontare il problema della disoccupazione con qualche migliaio di posti precari e provvisori per la gestione di un piano, magari quinquennale. Rifondazione potrà cantare ancora vittoria per aver spinto il governo sulla direzione giusta (ancorché insufficiente) e fra qualche tempo il disastro sarà dimenticato. E non ci meraviglieremo quando verremo a sapere, magari fra due anni, che i container in cui saranno state messe alcune migliaia di abitanti sono ancora lì con i loro inquilini. Si griderà ancora allo scandalo, si accuseranno i politici e gli amministratori, ma sempre indicando solo nelle persone o nei gruppi politici il responsabile. Ma già sin d’ora possiamo prevedere che i politici e gli amministratori di fronte a poche manciate di soldi, li impiegheranno (pardon, investiranno) in quelle direzioni che più facilmente portano mazzette o in quelle opere più immediatamente costose, di contenimento , e del tutto inefficaci alla famosa “politica del territorio”. D’altra parte, se chi sta ora nei container non ha capacità di spesa, continuerà a non averla e a essere quindi nessuno. Un buon motivo per risparmiare anche sui finanziamenti per le agevolazioni creditizie. È infatti con queste che il governo fa immediatamente bella figura: dando la possibilità di farsi una casa nuova a buon prezzo e pagandola poco per volta a interesse ribassato. Il borghese medio ritiene quello un appoggio concreto e ripagante. Ma chi non lavora o ha redditi troppo bassi anche per comprare una casa a metà prezzo? Resta nei container e non turba nessuno.

Non è questa la storia dell’Irpinia e della valle del Belice? Sarà anche la storia della Val di Sarno e a maggior ragione oggi che le imprese drenano tutto quel che rimane dal pagamento del debito per competere in Europa e nel mondo con le altre imprese.

E, ovviamente, i monti continueranno a franare, i fiumi a inondare, e magari i vulcani a seppellire centinaia di migliaia di uomini.... Finché come classe non saremo in grado di abbattere questo sistema e metter mano a una economia del lavoro finalizzata all’uomo e ai suoi bisogni invece che al profitto del capitale.

m.jr

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.