Rovesciamento della prassi

Prendiamo in esame lo schema di Alfa che esprime il suo modo di concepire la dialettica.

Curva discendente o rami di curva ascendente? Non accettabile la prima formulazione se ad essa fosse attribuito un gradualismo escludente “sbalzi, scosse o salti”; non accettabile la seconda dei “rami di curve sempre ascendenti” se a questo reale ascendente del mondo delle cose economiche non si facesse corrispondere anche un ascendere e un potenziare delle contraddizioni che è nel contempo anche un obiettivo “decadere”.

In che cosa allora il capitalismo sarebbe “moribondo” per noi che lo abbiamo appreso da Lenin?

“In complesso, nella fase dell'imperialismo cresce assai più rapidamente di prima, senonchè tale incremento non solo diviene in generale più difforme, ma tale mancanza di uniformità si manifesta particolarmente nel ristagno dei paesi capitalisticamente più forti (Inghilterra).” (Lenin, L'imperialismo)

Il grafico esprimente “i rami di curve ascendenti” non indica in nessun modo la contraddizione dialettica per la quale

“attraverso il suo stesso progresso, il capitale prepara doppiamente il proprio crollo finale... Il progresso economico del capitale esaspera nel mondo, man mano che ingigantisce, gli antagonismi di classe e l'anarchia economica e politica a un punto tale che provocherà, contro la sua dominazione, la ribellione del proletariato internazionale molto tempo prima che l'evoluzione economica abbia raggiunto la sua ultima conseguenza: il potere assoluto ed esclusivo della produzione capitalistica nel inondo.” (Rosa Luxembourg, Accumulazione del Capitale)

Vero è che l'imperialismo potenzia e ingigantisce i mezzi per prolungare l'esistenza del capitale ma costituisce nel contempo il mezzo più sicuro per abbreviarla. Questo lo schema delle curve sempre ascendenti non solo non lo dimostra, ma in un certo senso lo nega. È su questa falsa interpretazione del problema dialettico che si basa la teoria della inutilità della creazione del partito in una fase controrivoluzionaria come l'attuale; della sua riduzione, quando altri l'hanno costruito, nella sua struttura, nei suoi compiti e nella sua azione; di limitare la funzione della stampa ad un riordinamento teorico che rimastica il passato, non illuminante perciò il presente di una avanguardia rivoluzionaria saldamente innestata nel vivo dei problemi del proletariato e della loro traduzione sul piano della continuità storica della lotta rivoluzionaria.

Da questo modo dì sentire la dottrina rivoluzionaria è nata la più recente novità... dialettica di accettare un minimo di interessamento dell'azione pratica del partito se giustificata da un adeguato rapporto quantitativo, per cui, ad es., una partecipazione del partito alla battaglia elettorale sarebbe sempre possibile anche per certo astensionismo, se esistessero le possibilità obiettive di una decente affermazione quantitativa. È significativo a questo proposito il gioco capriolesco del teorico dell'astensionismo. Si è battuto sul terreno del più rigido astensionismo aprioristico e assoluto sino al convegno di Imola, nel quale accetta di abbandonare “obtorto collo” questa sola nota caratteristica dell'opposizione napoletana,. accetta a Livorno l'elezione tout court fino al congresso di Roma; ritorna poi astensionista quando le forze politiche del Partito sono di fatto disperse e con esse la direzione di sinistra del Partito, ed oggi è astensionista forse che sì forse che no, ed elezionista forse che si forse che no quando accetta di riconsiderare questa partecipazione se preventivamente risultasse acquisita la certezza di una affermazione numerica.

Sempre entro questa cornice di interpretazione... marxista, risulta

“priva di senso la pretesa analisi secondo cui vi sono tutte le condizioni rivoluzionarie ma manca una direzione rivoluzionaria. È esatto dire che l'organo di direzione è indispensabile, ma il suo sorgere dipende dalle stesse condizioni generali di lotta, mai dalla genialità o dal valore di un capo o di una avanguardia.”

Questo vorrebbe essere l'argomento cardine a riprova della validità teorica di quel tale schema relativo al rovesciamento della prassi per il quale “mentre il determinismo esclude per il singolo possibilità di volontà e coscienza, premesse all'azione, il rovesciamento della praxis le ammette unicamente nel Partito come risultato di una generale elaborazione storica”.

Nello schema prevale il senso geometrico a danno del senso pratico, un determinismo di “cose” senza un nesso con l'attività degli uomini per cui è matematicamente certo che se sulla scena politica fa difetto una direzione rivoluzionaria è perché mancano le condizioni rivoluzionarie; viceversa, se queste condizioni esistono realmente, una direzione rivoluzionaria non può mancare. Un argomentare come questo sta alla dialettica di Marx come... la politica ufficiale della Chiesa cattolica .sta al credo evangelico della predicazione di Cristo.

Vediamo di precisare il nostro pensiero in proposito.

I termini del noto schema vanno “storicizzati” nel senso che nel “prius” deterministico non giocano soltanto le spinte individuali prodotte dagli stimoli e appetiti economici, ma stimoli ed appetiti vanno intesi nel senso del loro muoversi e del loro modificarsi con tutto il processo della economia capitalistica, del grado di sviluppo dei suoi mezzi produttivi, del loro affinamento tecnico, delle variazioni del mercato, delle sue crisi ricorrenti, del crescente dominio del capitale finanziario, etc. etc.

Il formarsi e il modificarsi della coscienza umana, il suo trasformarsi in volontà e in azione, è il riflesso sul piano della vita sociale e politica di quanto avviene nel sottosuolo dell'economia in un nesso fra fattori determinanti e mondo determinato della sovrastruttura, che a sua volta compie l'azione di ritorno sulla base come elemento indispensabile al compimento di qualsiasi accadimento della storia. Non c'è schema geometrico, né calcolo aritmetico che possa chiudere questo nesso tra il mondo che determina e quello determinato in una formula sempre vera e sempre valida quale che sia la spinta proveniente dal sottosuolo dell'economia e quali che siano gli accadimenti della sovrastruttura.

Nel caso nostro, non sempre a date condizioni obiettive della crisi capitalistica corrisponde un adeguato e tempestivo condensarsi della coscienza rivoluzionaria e della volontà d'azione. La crisi del primo dopoguerra in Germania e in Italia ha dato la tragica dimostrazione di un proletariato istintivamente portato alla comprensione della necessità della lotta per il potere a cui è venuto a mancare la direzione rivoluzionaria. La storia delle lotte operaie è piena di esempi di situazioni favorevoli di fronte alle quali il proletariato perde ogni volta l'autobus della rivoluzione per la presenza di un Partito inadeguato al suo compito di guida.

Qui sta il punto focale, non solo della interpretazione dialettica, ma anche della natura e funzione del Partito di classe.

Il sorgere del Partito non dipende, d'accordo, “dalla genialità o dal valore di un capo o di una avanguardia”; ma è la esistenza storica del proletariato come classe che pone la necessità della esistenza, non episodica nel tempo e nello spazio, del suo Partito. Il proletariato tornerebbe al rango di plebe se perdesse le sue caratteristiche di classe antagonista al capitalismo; e le sue possibilità di classe sfruttata, che lotta per la sua difesa e liberazione, verrebbero frustrate e rese nulle se dal suo seno e dalla sua lotta non si originassero i motivi e le forze fisiche di una direzione rivoluzionaria.

Ma quali in realtà i rapporti tra Partito e classe? Va combattuto come estraneo al marxismo lo schema che nega l'esistenza del Partito nella fase della controrivoluzione e affida ad una avanguardia ristretta di rivoluzionari immalinconiti il compito di studio; che prevede il sorgere del Partito al fuoco dell'assalto rivoluzionario e dà al Partito e soltanto ad esso la funzione di soggetto nel rovesciamento della prassi. Non si sa per quanto tempo e per quale virtù magica il corpo (costituito dalla classe) dovrebbe rimanere senza la testa (il Partito della classe).

Nello schema, data l'errata concezione della natura e della funzione del Partito, si puntualizza una concezione del tutto catastrofica con l'apparire improvviso, in una fase X della crisi del capitalismo, del Partito uscito chi sa come dalla niente di Giove, per risolvere da solo il miracolo del rovesciamento della prassi. Si distacca così dal complesso della classe e dal suo sviluppo genetico il Partito verso il quale singoli lavoratori e classe lavoratrice indirizzerebbero stimoli, coscienza e volontà, accumulazione di quel necessario potenziale rivoluzionario senza il quale l'azione di ritorno alla base della determinazione non sarebbe possibile, come non sarebbe possibile una realizzazione rivoluzionaria della classe così distaccata dal Partito.

Tutto ciò spezza il processo dialettico che il marxismo storicamente attribuisce alla classe in quanto antitesi storica della borghesia; antitesi di classe e non di Partito, perché le contraddizioni sono di classe a classe e non di partito a partito, perché infine la forza di eversione dialettica è la classe e non il Partito. Il Partito sensibilizza e potenzia, rende cosciente e guida all'azione rivoluzionaria. In questo senso il Partito è parte della classe nella classe, non fuori della classe e distinto da questa. Il rovesciamento dialettico è operato dalla classe nel suo insieme non dal Partito in funzione della classe; solo che non avverrebbe il passaggio dalla classe in sé nella classe per sé dove questa mancasse del suo centro nervoso di preparazione e di guida che è poi il Partito.

Nulla perciò avviene per automatismo indipendentemente dall'attività umana. Non esiste sviluppo della sovrastruttura (morale, giuridica, filosofica, letteraria, artistica, etc.) che non riposi sullo sviluppo economico.

“Ma tutti (questi sviluppi) reagiscono congiuntamente e separatamente, l'uno sull'altro e sulla base economica.” (Engels: Lettera del 1894)

Si precisa così la questione dell' “influenza in ritorno” delle sovrastrutture sulla base economica e sulle forze produttive della società, con l'affermazione che “tra le diverse serie di fenomeni sociali vi è un processo incessante d'azione reciproca”, la causa e l'effetto si sostituiscono l'uno all'altro.

La “teoria delle azioni reciproche” viene precisata e limitata magistralmente da Engels:

“Sono gli uomini che fanno essi stessi la loro storia, ma in un ambiente dato che li condiziona (in einem gegebenen, sie bedingenden Milieu), sulla base di dati rapporti effettivi; tra questi ultimi i rapporti economici, qualunque sia l'influenza esercitata su di essi dagli altri rapporti d'ordine politico e ideologico, sono pertanto quelli la cui azione è in definitiva decisiva e che costituiscono il filo conduttore che permette di comprendere l'insieme del sistema.” (Engels: Lettera del 1894)


Dove incominciano a divergere queste due interpretazioni del materialismo storico e del metodo dialettico, lì ha inevitabilmente inizio il diverso modo di sentire i problemi del partito, di valutare i suoi compiti contingenti e permanenti, e quindi di concepire e realizzare la sua tattica e la sua strategia.

Chi ha la responsabilità di guida del partito rivoluzionario, e nel vederne i problemi parte da una interpretazione di automatismo economistico, state pur certi che rimarrà sempre in attesa che la rivoluzione bussi alla sua finestra per avvertirlo che è giunto il momento di costruire il partito di classe e di procedere alla insurrezione.

Non è assolutamente accettabile la teoria che conduce alla affermazione che non c'è niente da fare per il partito in questa fase della controrivoluzione e in logica coerenza formale è del parere che sia inutile e dannoso procedere alla formazione del partito o mantenerlo in vita e ciò fino a quando non ci troveremo di fronte ad un radicale rovesciamento degli attuali rapporti di forza tra le due classi storiche.

Sempre in coerenza formale con questa arbitraria ed aberrante interpretazione del marxismo di fronte ai problemi attuali dell'imperialismo e della guerra, si deraglia dalle fondamentali linee della valutazione di classe e dall'interesse rivoluzionario e si è giunti fino ad auspicare la vittoria delle forze borghesi che portano nel loro seno il domani del progresso capitalista, si è civettato e si civetta con le forme della dittatura solo per farla alle forme della democrazia, mentre si fa finta di ignorare o di dimenticare che Lenin, con i pochi e dispersi nuclei del partito bolscevico, ha innestato proprio nel cuore della guerra e dopo l'immane crollo della II Internazionale la possibilità anche fisica della ripresa e della vittoria rivoluzionaria.

Posti di fronte all'alternativa di rimanere quelli che siamo sempre stati o piegare la nostra milizia ad un atteggiamento di avversione platonica e intellettualistica al capitalismo americano e di benevola neutralità di fronte al capitalismo russo sol perché non ancora capitalisticamente maturo, noi non abbiamo esitato a riaffermare la posizione classista dei comunisti internazionalisti assunta di fronte a tutti i protagonisti del secondo conflitto imperialista per auspicare non la vittoria di uno qualsiasi dei contendenti, ma per volere la soluzione rivoluzionaria della crisi capitalistica.

Posti di fronte all'alternativa di salvare ad ogni costo il partito o accettare una direzione di uomini con idee e metodi che ci riporterebbero a ripetere di fronte alla terza guerra mondiale una posizione di nullismo politico, di abbandono del posto di lotta e di liquidazione d'ogni forma d'organizzazione, come è avvenuto alla vigilia della seconda guerra mondiale, noi non abbiamo esitato a reagire a questo rinnovato, subdolo tentativo e a preservare il partito alla funzione che gli interessi del proletariato e della sua lotta rivoluzionaria gli hanno assegnato.

A questo conduce e doveva condurre il contrasto teorico che abbiamo voluto qui precisare anche in sede dottrinaria, che non è soltanto d'ordine teorico, ma che per essere tale è nel contempo contrasto d'ordine politico di tattica e di strategia non più operanti verso lo stesso obiettivo di classe, sulla linea della rivoluzione proletaria.