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Home ›Elezioni in Egitto: vincono gli islamisti
... con poca sorpresa e tanta preoccupazione
Chiusa la tornata elettorale i risultati premiano i partiti islamisti. Il Partito dei Fratelli musulmani “Libertà e giustizia” ha fatto il pieno dei voti conquistando il 47%. Subito dopo il Partito salafita “Al Nour” con il 24%. Mentre il primo viene considerato un movimento di ispirazione islamica moderato, il secondo risponde ai dettami del fondamentalismo. Il primo è pesantemente conservatore, il secondo pericolosamente reazionario. Tutto come da programma.
Secondo le fantasiose aspettative della sinistra borghese internazionale, e non solo, la primavera araba sarebbe stata interprete di un rinnovamento politico radicale, progressista, democratico e perché no, con qualche possibile esperimento di tipo “socialista”.
Facili profeti avevamo scritto che il lungo e tragico processo di rivolte, con tanto di vittime prima e dopo la defenestrazione di Mubarak, si sarebbe risolto in un nulla di fatto. Tagliata la testa, il serpente capitalista sarebbe sopravvissuto più forte di prima, corrotto come sempre, con vecchi protagonisti come Tantawi, e nuovi interpreti della conservazione e della reazione come le forze islamiste. Scrivevamo che quando la piazza insorge sotto la spinta delle affamanti conseguenze della crisi economica, anche i regimi più infami possono crollare, ma che da queste macerie non sarebbe uscito nulla di positivo per le masse lavoratrici, per il proletariato egiziano, se sul mercato politico non si fosse presentato un partito politico rivoluzionario, classista, con un programma strategico di alternativa al capitalismo egiziano, come più in generale a quello magrebino.
Il pericolo paventato era che, eliminato Mubarak, il capitalismo egiziano non solo sarebbe rimasto in piedi, ma che il potere sarebbe stato appannaggio delle forze islamiche con o senza l’appoggio del potente esercito. Il perché era molto semplice. Come nelle precedenti elezioni tunisine le forze islamiche hanno rappresentato, e non da ora, l’unica alternativa borghese possibile alle vecchie dittature. Non solo ma l’islamismo è trasversale a molte realtà dei paesi arabi, impugnato dalle frange borghesi che si oppongono ai vecchi poteri, quale efficace strumento di coinvolgimento delle masse. In Tunisia come si è detto, in Siria contro il sanguinario potere di Assad, nello Yemen dell’altro dittatore Saleh, come in Algeria, Marocco, per non parlare del Pakistan e dell’Afghanistan l’opposizione si è tinta del verde dell’Islam, in chiave riformista e moderata, in termini di scontro militare tra il laicismo e il fondamentalismo, ma sempre in chiave reazionaria e conservatrice. Non era dunque fuori dalle possibilità concrete che anche in Egitto, patria del fondatore dei Fratelli musulmani, nonostante le pesanti persecuzioni del precedente Governo, o forse anche per queste, che hanno trasformato le vittime della repressione in martiri politici, che l’islamismo vincesse. In più le varie frange della Fratellanza musulmana, con Al Nour, imitando altri movimenti come Hamas nei territori palestinesi, gli Hezbollah in Libano, hanno saputo giocare la carta degli “ammortizzatori sociali”sostenendo le famiglie più deboli, trasformando le moschee in centri di reclutamento politico, mischiando religione, sussidi economici, impegno politico e religione. Il risultato è stato quello di convogliare la straordinaria rabbia e determinazione allo scontro delle masse egiziane verso la rinuncia ad una ulteriore radicalizzazione delle lotte per una più pacifica “democrazia della scheda”che le avrebbe viste stravincere.
Non ultima la drammatica assenza di una qualsivoglia organizzazione politica di classe in grado di convogliare, almeno in parte, la rabbia dei lavoratori egiziani. Così le lotte dei portuali di Suez, di Ismailya, di Porto Said, dei lavoratori tessili, dei contadini del delta del Nilo come dei proletari delle imprese petrolifere statali sono state risucchiate all'interno di un meccanismo elettorale che le ha smontate, annichilite, consegnandole nelle mani dell'altra faccia della conservazione borghese.
Il dopo è tutto da giocare all'interno delle componenti borghesi del post Mubarak, tra la coalizione dei due maggiori partiti islamici che hanno vinto le elezioni, l'esercito di Tantawi che ancora riceve circa un miliardo e mezzo di dollari dagli Usa e i resti del Wafd e del Partito liberale che assieme arrivano ad un misero 10%. Inoltre va tenuto in debito conto, sia per gli equilibri interni che per quelli imperialistici internazionali nell'area medio-orientale la recente “provocazione” da parte delle forze politiche vincitrici e di una parte dell'esercito contro una dozzina di Ong tra cui l'americana Freedom House, che hanno gridato allo scandalo denunciando brogli elettorali, e che potrebbe incrinare i rapporti tra Il Cairo e Washington. Il governo Obama si era immediatamente schierato a favore degli insorti per un radicale cambiamento di governo, sicuro che l'islamismo sarebbe stato contenuto e che l'esercito, come peraltro aveva immediatamente dichiarato, sarebbe rimasto il fedele alleato di sempre. Ma la vittoria dei Fratelli musulmani e di Al Nour, che non hanno digerito le critiche americane al loro fondamentalismo, ha fatto cambiare il giro del vento ed è destinata ad avere pesanti ripercussioni. Gli Usa che hanno avuto “il torto” di tifare per le forze laiche capeggiate dal “loro uomo” El Baradey, si trovano in difficoltà. Minacciano il ritiro dei finanziamenti all'esercito egiziano, ma non escludono un eventuale aumento dello stesso quale strumento di corruzione. I giochi sono aperti e le sorprese dietro l’angolo. La posta in palio non è solo il rapporto Egitto-Stati Uniti ma buona parte degli equilibri imperialistici medio orientali.
FDBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #02
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Comments
Ci sono quelli che mettono in dubbio il fatto per cui esisterebbe un islam 'moderato'. Che questo sia uno stratagemma voluto dagli stessi islamici per penetrare in occidente. Che l'islam è islam, un unico corpo ideologico politico-religioso, reazionario. Tanto conservatore, tradizionalista, patriarcale e socialmente conformista nel privato quanto astuto e dissimulatore negli affari internazionali.
Che un islamico non si sogna certamente di dividere il proprio credo in una parte più ortodossa e una più "contaminata".
Che per lui esiste solo l'Islam - assoluto, eterno, invincibile - espresso nella cosiddetta "Umma", cioè la comunità di fedeli che, stringendosi in un determinato territorio, produce e moltiplica gli effetti della fede.
Che l'islam, oggi, si ciba di uno sterminato serbatoio di degrado, sottosviluppo, miseria, povertà, ignoranza, stoltezza.
Che quasi la metà del mondo arabo è costituito di analfabeti con punte drammatiche in Marocco ed Egitto.
Riporto la parte finale del ragionameto trovato sulla rete:
<>
Interessante, pare che senza la prospettiva comunista l'orizzonte sia nerissimo! Saluti comunisti
E' saltata la citazione finale. Eccola:
L'imperialismo in salsa islamica sta facendo passi da gigante.. e c'è qualche intellettuale che continua a dire che l'islamismo è un retagio medioevale!
Già, pare che un certo eurocentrismo continui a sopravvivere in mancanza di solide basi di materialismo storico e dialettico ...