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Home ›Governo Conte bis - Niente di nuovo sul fronte occidentale
Proprio quando ci si aspettava che capitan Salvini, l’impavido, che aveva fatto il pieno di voti alle ultime europee, conducesse la barca italiana verso le ignote e perigliose rive del sovranismo leghista, non trascurando lungo il percorso di far da chioccia e sdoganare tutti i gruppi neofascisti in circolazione, abbiamo assistito invece al disarcionamento del prode, messo in minoranza da una coalizione parlamentare tra movimento Cinque stelle e Partito Democratico.
Non sappiamo in realtà se questo fosse anche l’esito segretamente sperato dagli stessi dirigenti della Lega, che sapevano in cuor loro di andare a cacciarsi poco alla volta in un vicolo cieco finanziario e in fondo avevano già raggiunto l’obiettivo primario di “cannibalizzare” politicamente l’alleato di governo e stabilire la leadership su tutto il centro destra: al momento non è dato sapere con certezza questo aspetto e in verità non è neanche essenziale ai nostri fini.
Fatto sta che ci troviamo ora a valutare, dopo un anno o poco più dalla partenza del “governo del cambiamento”, una nuova trasformazione politica del suddetto cambiamento che per molti aspetti, come spesso è avvenuto nel nostro Paese, non può che far tornare alla mente il noto aforisma: “se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”.
Con questo non vogliamo affermare qui il nostro indifferentismo politico, né nella versione popolare e qualunquista del “tanto son tutti uguali”, né nella versione professorale e saccente del “noi non ci abbassiamo a queste piccolezze”. Non siamo ciechi rispetto a quanto offre in termini di proposta politica la borghesia italiana, vediamo bene anche noi che ci sono delle differenze tra una proposta e l’altra, benché osservatori attenti e non superficiali – e soprattutto non schierati dalla nostra parte – hanno sottolineato (come diciamo da sempre) gli elementi di forte continuità delle politiche portate avanti negli ultimi decenni dai governi dei più vari colori, in ambito economico, di giurisprudenza del lavoro, previdenziale, sanitario e via discorrendo; ma ancora una volta seguire semplicemente fino in fondo questa strada ci porterebbe verso il famoso: sono tutti uguali. No, non sono tutti uguali, c’è una differenza soprattutto sul piano culturale, e osiamo dire, prendendo a prestito un termine in uso presso la sociologia accademica, sul piano simbolico. La Lega per esempio ha investito molto sul rinforzo in termini ideologici del razzismo, della xenofobia, del nazionalismo come termini caratterizzanti la propria linea politica, e, aggiungiamo noi banalmente, come modalità di gestione del consenso e del far digerire ai proletari i rospi che di volta in volta sono chiamati ad inghiottire. C’è chi come zucchero per far ingerire la pillolona usa certi argomenti e chi ne usa altri, molto più temperati e amorevoli: gli uni e gli altri però sembrano essere argomenti adatti a rassicurare chi dalla crisi economica è colpito, a placare spostando su altri la colpa e l’ansia, a dare sicurezza e punti di riferimento.
Diverso è il nostro punto di vista: da marxisti abbiamo sempre pensato che la vera politica, quella economica in primis, ma in realtà anche quella culturale, sociale, morale e tutte le possibili altre sfaccettature, la fa la classe che ha in mano le leve del comando, specialmente in questo periodo di lotta di classe a senso unico. Questa élite dirigente e dominante che gestisce e amministra i capitali, può scegliere in qualunque momento se investire risorse e quindi lavoro sociale e intelligenze in una produzione oppure in un’altra, se delocalizzare o chiudere interi rami d’impresa, se convenga investire sul petrolio o sull’economia green, o meglio ancora speculare con la finanza e poi nascondere il gruzzolo in un paradiso fiscale, indipendentemente da qualunque considerazione sulla utilità sociale, sul destino di chi lavora, sulla sostenibilità ambientale a lungo termine.
Di fronte a questo vero e proprio “iceberg” del potere politico, la punta, che essendo al di sopra del livello dell’acqua è in posizione più visibile, ha una sua importanza proprio in quanto è la parte evidente e quindi quella che il nostro cervello per primo elabora: occorre però tenere a mente che l’iceberg sta sotto.
Mille volte ci siamo trovati a discutere con chi criticava la nostra scelta di astensione elettorale e siamo stati posti di fronte all’argomento: “ma così lasci che siano gli altri a decidere per te, quindi per te è indifferente che ci siano gli uni o gli altri al potere”. Beh, per noi è proprio questo il problema: a decidere veramente è sempre la stessa classe e non chiede il nostro voto sulle sue scelte, casomai una ratifica a posteriori di decisioni già prese a monte.
Certo, in molti casi il governo può fare, e di fatto fa, da mediatore, e quindi può spostare il punto di equilibrio più in qui o più in là, concedere qualcosa di più o tagliare qualcosa di meno – sempre che le condizioni economiche lo consentano – a questo scopo e non per altro sono nati gli Stati, per noi marxisti: per evitare un conflitto permanente tra classi avverse che renderebbe ingestibile la situazione. In ultima analisi però, un governo nato sotto la pancia della borghesia non sovvertirà mai l’ordine sociale sul quale è assiso, casomai lo riconfermerà in forme e modalità diverse a seconda delle circostanze.
Il giorno che potremo davvero dire la nostra su come impiegare le risorse sociali come collettività, e non come singoli clienti atomizzati, bombardati da un’ossessiva e compulsiva propaganda pubblicitaria chiamata “campagna elettorale”, quel giorno andremo anche noi a votar cantando.
Fatte queste premesse per chiarire il nostro punto di partenza, diamo ora un’occhiata al nuovo “contratto sociale” e ai primi passi dell’incerta e bruttina creatura che alcuni esponenti di Forza Italia continuano a definire, con involontaria ironia, “governo di estrema sinistra”.
La prima cosa da osservare è che questa nuova coalizione non nasce per niente sotto una buona stella: le nubi di una congiuntura economica che tende nuovamente verso la recessione si addensano all’orizzonte, la curva dei rendimenti dei titoli di Stato USA si è già invertita, il che vuol dire che rendono di più i titoli a breve che quelli a lunga scadenza, in altre parole parecchi topi cominciano già a scappare dalla nave e sappiamo cosa questo di solito significhi. Poi c’è la guerra commerciale avviata da Trump, che sta deprimendo parecchio le economie esportatrici, Cina e Germania in primo luogo, e di conseguenza l’Italia sia come subfornitore della Germania sia come esportatore di prima istanza. Infine, c’è la cambiale che l’Italia si è autoinflitta da anni con l’Unione Europea e che si chiama clausola di salvaguardia: un meccanismo che prevede l’aumento automatico dell’IVA e quindi una tassa automatica sui consumi (una specie di tassa sul macinato dell’Italia postunitaria) se non vengono trovate le coperture per tenere in ordine il bilancio pubblico. Tale clausola non si deve imputare specificamente al governo precedente, ma quest’ultimo ha il “merito” di averla portata alla cifra impressionante di 28 miliardi di euro, cioè il doppio di quanto è stato stanziato l’anno scorso per Quota cento e Reddito di cittadinanza messi assieme.
Ora non scenderemo qui nel dettaglio di tutte le misure, le scappatoie e i veri e propri equilibrismi che sono stati messi in atto e ancora dovranno esserlo per cercare di aggirare la clausola, anche perché quella che un tempo si chiamava legge Finanziaria è ora qualcosa di molto diluito nel tempo e ballerino fino all’ultimo, su cui per mesi si assiste ad un tira e molla da parte delle varie componenti della maggioranza per far quadrare i conti e al tempo stesso piantare una bandierina da sventolare di fronte al proprio elettorato. Quello che è certo è che la clausola rimarrà attiva anche il prossimo anno e quindi se la troverà in eredità anche il prossimo governo del cambiamento, benché per un importo minore, probabilmente intorno ai 18 miliardi e con un’economia nella migliore delle ipotesi in stagnazione.
Inutile ora infierire sulla vera e propria imbecillità politica delle dichiarazioni che ci hanno regalato nel tempo quei moderni donchisciotte che sono i Cinque stelle di lotta e di governo: “siamo all’inizio di un nuovo miracolo economico”, “abbiamo abolito la povertà”, “mai e poi mai con il Partito Democratico, che ha rovinato l’Italia”: la classe dei lavoratori è talmente sulla difensiva, imbambolata e stordita, che chi è al potere oggi come oggi può permettersi di dire qualunque cretinata senza timore di dover pagare il dazio, anzi più la spara grossa e più si sente pago della propria impunità.
Ci limitiamo qui a fare solo alcune osservazioni: nel contratto di governo, checché ne dicano poi alcuni esponenti del PD che fingono di stracciarsi le vesti e proporre nuovi progetti di legge, c’è scritto che per quanto riguarda i Decreti sicurezza, l’opera più schifosa dello “Scarpia” Salvini e del precedente governo tutto, che si fece scudo a sua difesa, ci si limiterà ad alcune modifiche minori, per accogliere i rilievi di costituzionalità del Presidente della Repubblica, il che vuol dire che probabilmente verranno limati ma non eliminati. Nel frattempo, continua ad aumentare il numero di immigrati illegali nel nostro Paese, non tanto perché ne arrivino tanti, quanto perché scadono e non vengono rinnovati i permessi di soggiorno di quelli che sono arrivati prima, e peggiorano per effetto dei decreti sicurezza le loro condizioni economiche e di tutela sanitaria. Poi i vari destri hanno il coraggio di venire a denunciare il tasso di criminalità maggiore degli immigrati, dopo che li hanno costretti all’illegalità, all’emarginazione, al lavoro nero se non già alla miseria e a fare da manovalanza all’italianissima mafia. Né gli accordi di Malta, molto sbandierati come una svolta “comunitaria” della politica migratoria, sembrano cambiare direzione: l’Unione Europea si è affrettata a chiarire, per chi avesse dei dubbi, che i porti rimarranno chiusi e tutt’al più ci si limiterà a dividersi quelli che sono scampati all’annegamento.
Anche per quanto riguarda le lotte dei lavoratori, ci sono già dei casi di applicazione delle aggravanti stabilite dai decreti sicurezza per blocchi stradali e manifestazioni non autorizzate, lo stanno sperimentando per esempio i lavoratori denunciati della New Gel di Genova1.
In questo quadro generale spicca l’esponente più “a sinistra” di tutto il governo, il ministro Speranza (un nome, una garanzia verrebbe da dire) che, in un contesto in cui da anni la sanità pubblica arretra e perde risorse a favore di quella privata, specialmente passando attraverso quel terribile ariete che è il welfare aziendale, ovvero le assicurazioni sanitarie private, si mette a sventolare come la bandiera rossa sul Palazzo d’inverno il fatto che forse da giugno dell’anno prossimo, oppure da settembre perché le risorse sono quello che sono, riuscirà a far togliere il ticket da dieci euro sulle prescrizioni sanitarie. Che possiamo dire... ha ragione lui: è importante chiudere la stalla quando i buoi sono scappati, sennò il fieno prende freddo.
MB(1) Carmine Tomeo, “Conte bis, un simulacro della democrazia e dell’antisalvinismo”. In “La città futura” 14/9/2019 consultato il 26 ottobre 2019 sul sito lacittafutura.it.
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