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Home ›Marchionne ha reso la vita degli operai un inferno
A fine luglio è deceduto Sergio Marchionne. Dopo la sua morte si è scatenata una campagna di esaltazione della figura del famoso dirigente FIAT. Giornali, TV, politici, industriali, tutti ad osannare le sue doti di lungimirante manager.
Il nostro giudizio sull’operato di Marchionne è completamente diverso. Marchionne ha agito per difendere i profitti dei proprietari FIAT messi in pericolo dalla crisi economica internazionale, ricevendo in cambio stratosferici compensi. Ha condotto il suo lavoro in modo cinico e spietato. Per salvaguardare ad ogni costo i profitti ha peggiorato fortemente le condizioni degli operai, rendendo la loro vita un inferno.
Sergio Marchionne era entrato nel Consiglio di amministrazione FIAT già nel 2003 ma viene ricordato soprattutto per aver guidato la profonda ristrutturazione dell’azienda partita nel 2008. In una fase di acuta crisi economica la FIAT rischiava di perdere quote di mercato e la straricca proprietà di perdere profitti. Molti economisti avevano persino ipotizzato la scomparsa della “storica” azienda. La ristrutturazione condotta da Marchionne ha permesso di pareggiare i conti ma il prezzo da pagare per i lavoratori è stato enorme.
Il “Piano Marchionne” partì dallo stabilimento di Pomigliano d’arco (NA). Prima di far partire la ristrutturazione 316 operai vennero deportati da Pomigliano ad un fantomatico Polo Logistico di Nola. Si trattava degli operai a “Ridotte capacità lavorative” e dei lavoratori più combattivi che, dall’interno, avrebbero potuto ostacolare i piani di ristrutturazione. Gli operai che si opponevano al trasferimento forzato, organizzando picchetti fuori la fabbrica, vennero più volte manganellati dalla Polizia.
Il Piano Marchionne a Pomigliano prevedeva: passaggio dai 15 ai 18 turni con turno notturno obbligatorio, sabato lavorativo obbligatorio, aumento delle ore di straordinario obbligatorie, spostamento della pausa mensa a fine turno, riduzione della pausa sulle linee meccanizzate, recupero delle fermate tecniche, incremento dei ritmi produttivi per ogni lavoratore del 30%, taglio di diversi posti di lavoro attraverso la mobilità e contratti precari non rinnovati. Ed ancora: stretta sui permessi, divieto di sciopero in casi di recuperi produttivi o picchi di mercato. Il tutto venne imposto con il ricatto: o accettate queste condizioni o siete fuori. Il Piano Marchionne a Pomigliano, tra violenza e ricatto, passò e il “modello Pomigliano” venne successivamente esteso anche agli altri stabilimenti.
Se si guardano le cose dal punto di vista del profitto, ovvero con gli occhi della classe padronale, il lavoro di Marchionne rappresenta un mezzo miracolo. Ma se il tutto viene visto dal punto di vista delle condizioni operaie, come facciamo noi, il giudizio cambia completamente. Abbiamo ascoltato spesso testimonianze di operai FIAT , racconti che descrivono una situazione in fabbrica veramente infernale. Tutti questi sacrifici, inoltre, non hanno garantito un bel nulla ai lavoratori, periodicamente messi in cassa integrazione. Negli stessi giorni della morte di Marchionne, per esempio, proprio nello stabilimento di Pomigliano è stato annunciato un nuovo periodo di cassa integrazione. In Italia Fca è passata dai 120mila dipendenti del 2000 ai 29mila di oggi, per non contare i posti persi nell’indotto.
Oltre ai ritmi infernali gli operai in fabbrica lavorano in un clima di perenne ricatto ed intimidazione. La stessa cassa integrazione viene adoperata come strumento repressivo e di punizione. Nel descrivere questo clima non possiamo non ricordare il licenziamento di cinque operai di Nola, licenziati per aver simulato con un fantoccio il “suicidio” di Marchionne. Questa rappresentazione satirica era semplicemente un atto di denuncia del fenomeno dei suicidi tra i lavoratori estromessi dal ciclo produttivo; in particolare per ricordare il suicidio di Maria Baratto, operaia rimasta per un lungo periodo in cassa integrazione a zero ore.
La cosa che ci ha colpito è vedere il fascino che Marchionne ha suscitato verso la “gente comune” o meglio anche verso persone appartenenti alla classe dei lavoratori. Dopo la sua morte un commento in voga tra non pochi lavoratori è stato: “ha salvato la FIAT e tanti posti di lavoro”. Tanti, troppi, i “giovani” e i lavoratori che ancora oggi postano sui social foto e citazioni dell’amministratore FIAT, evidenziando il suo “senso dell’impegno”, la lotta per far “crescere il sistema paese” e l’interesse verso la “salvaguardi dei posti di lavoro”. La cosa ci colpisce ma non ci sorprende. Il martellamento ideologico che avviene attraverso i media serve a far acquisire anche alla classe lavoratrice il modo di pensare della classe padronale. Molti lavoratori, drogati da questa ideologia dominante, hanno giudicato Marchionne e il suo operato adoperando gli occhi dei padroni. Meglio questo che nulla, meglio il taglio di 5 posti di lavoro anziché di 10, meglio l’aumento dei ritmi di lavoro anziché la disoccupazione. Questi sono i ragionamenti che sviluppano i padroni ma che vengono fatti propri anche dai lavoratori.
I lavoratori guardano spesso le cose dal punto di vista padronale. Ciò accade anche perché non è presente tra la classe lavoratrice il senso - nemmeno vago - di alternativa al sistema economico basato sulla divisione in classi sociali, sullo sfruttamento e la logica del profitto. Credono, come i padroni, che il sistema economico attuale sia “naturale”, l’unica condizione possibile. Ragionano partendo da questo presupposto e per tale motivo riescono a concepire - come i padroni! - solo “soluzioni” compatibili con il sistema del profitto, circoscritte in questo recinto.
Manca il senso dell’alternativa ed è proprio questo senso di alternativa che con il nostro impegno dobbiamo far crescere affinché la casse lavoratrice conduca le proprie battaglie in modo indipendente rispetto l’ideologia dominante e possa dirigersi verso un progetto politico volto a rivoluzionare dalle basi la società, organizzandola ponendo al centro il soddisfacimento dei bisogni umani e non il profitto di pochi, superando la divisione in classi e abolendo il sistema dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Battaglia Comunista #09-10
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