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Home ›Dopo duecento anni, lo spettro di Marx aleggia ancora sul capitalismo
Karl Marx – filosofo della politica, storico materialista, analista dell’economia capitalistica e della società classista, ma soprattutto militante rivoluzionario – nacque a Treviri, in Germania, il 5 maggio 1818. Per chiunque oggi si batta per porre fine al capitalismo, la sua vita è motivo di festeggiamenti. Il lavoro di Marx ci ha reso possibile comprendere le dinamiche primarie del capitalismo, il suo posto nella storia della civiltà e imparare dal flusso e riflusso storico della lotta di classe. Come Engels disse accanto alla fossa del suo amico, Marx fu un rivoluzionario prima di tutto. La sua vera missione di vita fu contribuire, in un modo o nell’altro, al rovesciamento della società capitalistica e delle istituzioni statali che essa aveva creato, contribuire alla liberazione del proletariato moderno, renderlo cosciente della sua situazione e dei suoi bisogni, nonché delle condizioni per la sua propria emancipazione: questo fu il suo lavoro di una vita._
Marx non fu il primo ad accorgersi della lotta fra le classi o ad aggrapparsi alla prospettiva del comunismo che nasceva dalla rivolta degli oppressi contro i potenti e i ricchi che li derubavano del prodotto delle loro fatiche. Ma quando il Manifesto del partito comunista venne pubblicato, nel 1848, fu rivoluzionario anche in un altro senso: esso tolse la lotta epocale per una società senza classi dal regno dell’utopia e delle rivolte millenaristiche e le diede solide basi storiche e materialistiche.
È consuetudine considerare il Manifesto un brillante pezzo di prosa da parte di un giovane Marx, prima che egli diventasse un dogmatico intollerante. Non si può certo negare lo stile ispirato del documento a cui Marx diede forma a partire da appunti di Engels. Dal famoso esergo,
Uno spettro si aggira per l’Europa – lo spettro del comunismo, fino al provocatorio Le classi dominanti fanno bene a tremare all’idea di una rivoluzione comunista. I proletari non hanno nulla da perdere tranne che le proprie catene, e hanno un mondo da guadagnare.
il Manifesto
fu una chiamata a raccolta per la classe operaia.
Era quella un’epoca in cui la rivoluzione minacciava gli antichi regimi feudali in buona parte d’Europa, quando il proletariato iniziava a organizzarsi in maniera indipendente ma non era ancora in una posizione da poter rovesciare il dominio del capitale. Ma il Manifesto non deve essere accantonato come un romantico volo di fantasia da parte di un più che esuberante giovane Marx.
Sin da quando si unì ai Giovani hegeliani, da studente dell’Università di Berlino, Marx dedicò la sua cospicua energia mentale a sfidare le istituzioni e le idee esistenti, incluse religione, filosofia, storia, politica e le stesse basi economiche della società. Faceva da substrato al tutto l’approccio storico materialista che egli ed Engels svilupparono mentre demolivano e superavano i Giovani hegeliani. Come tutte le idee rivoluzionarie, il materialismo storico non spuntò dal nulla ed è sostanzialmente semplice (un po’ troppo diretto per la maggior parte degli accademici marxisti, in effetti). Partendo dall’intuizione che
la vita concerne prima di tutto il mangiare e il bere, un’abitazione, il vestiario e molte altre cose. Il primo atto storico è, infatti, la riproduzione della vita materiale stessa,
l’intera storia umana appare in una luce diversa.
Invece delle gesta dei “grandi uomini”, o del mondo che prende forma a partire dalle credenze religiose o dalle idee dei filosofi, ci accorgiamo che alla base di tutto sta la lotta di classe per il controllo della produzione e della distribuzione dei beni vitali. In questa prospettiva le varie civiltà del passato possono essere considerate secondo la maniera in cui a una classe sociale – quella il cui lavoro produce i beni necessari – viene negata la proprietà o il controllo della terra, delle materie prime e degli strumenti che essa adopera per lavorare, assieme al prodotto del suo lavoro. La dominazione della classe al potere è rafforzata da leggi, precetti religiosi, forza militare – in altre parole, dallo Stato – molto più che da un ipotetico “contratto sociale”.
Sinora tutti i cambiamenti epocali sono stati il risultato della lotta di una classe in ascesa per consolidare il proprio dominio economico sui mezzi di produzione attraverso il controllo dello Stato. Per quanto riguarda il proletariato, invece, la classe che vive di salario e che cresce con lo svilupparsi del capitalismo,
esso non ha nulla di suo da difendere e mettere al sicuro [...]. Tutti i precedenti movimenti storici sono stati movimenti di minoranze, o iniziati nell'interesse di minoranze. Il movimento proletario è il movimento autocosciente e indipendente della stragrande maggioranza, nell'interesse della stragrande maggioranza.
L'unico modo in cui noi proletari possiamo diventare padroni della società nel suo complesso è distruggere la base del nostro sfruttamento – cioè il capitalismo e il suo sistema dei salari – rimettendo i mezzi di produzione nelle mani della società intera, in modo che tutti possano partecipare nel decidere come meglio soddisfare i bisogni umani. In questo processo lo Stato, l'arma che assicura il dominio di una classe su tutte le altre, si dissolverà finché
Al posto della vecchia società borghese, con le sue classi e i suoi antagonismi di classe, avremo un'associazione in cui il libero sviluppo di ognuno sia la condizione per il libero sviluppo di tutti.
La necessità della lotta politica
Non c'è nulla di inevitabile in questo. Il materialismo di Marx non è affatto un credo religioso. Anche se è vero che i suoi successivi studi economici gli hanno permesso di spiegare la tendenza intrinseca del capitalismo alla crisi e al collasso, Marx non ha mai sostenuto che la crisi economica del capitalismo avrebbe di per sé portato al comunismo. Al contrario, proprio perché la classe operaia non ha alcuna proprietà da usare grazie alla quale poter costruire un proprio potere all'interno del capitalismo, la lotta per il comunismo deve essere una lotta politica cosciente nella quale gli operai nel loro insieme possono vedere la prospettiva di un mondo diverso oltre le loro schermaglie quotidiane contro il capitale. In altre parole, sui comunisti – coloro i quali hanno il vantaggio di comprendere chiaramente la direzione, le condizioni e gli ultimi risultati generali del movimento proletario – grava l'onere di dar vita a un partito politico specifico che guiderà quella lotta.
Questo non vuol dire che il programma comunista sia stato scolpito una volta per tutte nel 1848: il marxismo non è altro che un metodo per apprendere e preservare le lezioni provenienti dall'esperienza storica al fine di costruire una chiara guida per l'azione nella direzione del più ampio movimento della classe lavoratrice. Marx dedicò gran parte della sua vita alla Prima Internazionale i cui membri concordarono sul fatto che
conquistare il potere politico è perciò diventato il grande dovere della classe operaia.
Indirizzo inaugurale di Marx, novembre 1864
Quando essa crollò, dopo la sconfitta della Comune di Parigi, la storica calunnia fu che ciò fu dovuto allo "statismo" di Marx (secondo gli anarchici affermare la necessità della lotta politica era equivalente alla conquista dello Stato esistente). Non potrebbe essere più lontano dalla verità. Come l'Internazionale dichiarò, la Comune dimostrò soprattutto una cosa, cioè che
la classe operaia non può semplicemente impadronirsi del macchinario statale esistente così com'è e utilizzarlo per i propri scopi.
La guerra civile in Francia; Discorso del Consiglio Generale dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori, scritto da Marx
Questo è uno dei capisaldi del programma comunista oggi, ma non è l'unica questione sul tavolo. Oggi che il capitalismo mondiale sta affrontando una crisi di esistenza, che siamo in attesa del prossimo crollo finanziario, che sempre più proletari vengono esclusi dal "mercato del lavoro", che le guerre commerciali sono già all'ordine del giorno e che la carneficina in Siria viene apertamente presentata come una guerra per procura globale e, in breve, che è più urgente che mai che la classe lavoratrice mondiale comprenda che solo essa stessa ha la possibilità di un'alternativa civile alla barbarie capitalista, la lezione più importante che possiamo trarre da Marx oggi è l'urgente necessità di formare un'organizzazione politica che possa sempre e ovunque rappresentare gli interessi del movimento nel suo complesso. Questo partito non sarà un “governo in attesa” ma una guida per il più ampio movimento di classe che, attraverso la creazione di proprie organizzazioni comunitarie, può da solo costruire una nuova società.
È fondamentale che i marxisti del XXI secolo – coloro che hanno respinto la vecchia menzogna secondo cui lo stalinismo fosse comunismo, o che la proprietà statale sia un passo verso il comunismo – dovrebbero essere pronti a impegnarsi nell'urgente lavoro politico necessario per formare il partito rivoluzionario internazionale. Comprendere che è la caduta del saggio del profitto a provocare le crisi, riconoscere che dietro alle gerarchie e alle élites c'è una classe capitalista dominante e una classe operaia dominata, indagare sulle reali condizioni di lavoro e di vita degli odierni lavoratori salariati, incoraggiare i lavoratori a resistere e a organizzarsi autonomamente: tutto questo fa parte del lavoro dei comunisti di oggi. Dobbiamo solo ricordare a noi stessi la necessità di dar vita a quell'organismo politico internazionale che sia capace di comprendere la linea di marcia del proletariato nel suo complesso.
ER, 2018-05-04Da Aurora, n. 43
Battaglia Comunista #09-10
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