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Home ›Il proletariato meridionale e gli avvoltoi della borghesia
La corte spudorata che Salvini fa all'elettorato meridionale si commenta da sé. Tutto teso a raccattare voti anche al Sud a dispetto delle radici “culturali” e geografiche di un fenomeno tutto "padano" pare soffra di amnesia. Se non fosse così ricorderebbe qualche decennio di propaganda anti-terroni del suo movimento con una vasta iconografia fatta di gadget e manifesti. Cambiano i tempi ma chi, ragionando in termini regionalisti, accusava il Sud di essere la palla al piede del resto d'Italia è ancora lì a muovere la stessa accusa. Peccato che esistano dati e statistiche a dimostrare come sia difficile che con queste cifre si possa accusare – rimanendo nella logica borghese - l'area a sud del Garigliano di vivere sulle spalle del resto del paese, perché se così fosse (per assurdo), vivrebbe molto male. Chi, con questa accusa, intende alludere al clientelismo – fenomeno, non solo meridionale, in parte attenuato, forse, ma mai scomparso – dovrebbe sapere, anche se finge il contrario, che quel fenomeno viene alimentato dalla tassazione, a cui solo il lavoro dipendente – a qualunque latitudine – non può sfuggire. Anzi, alcuni studi indicano che il “Sud” (il suo proletariato) paga molto di più di quanto non riceva in servizi e prestazioni sociali. Ma per tornare al presunto tenore di vita da scialacquatore, il meridione italiano ha un tasso di sviluppo poco più alto della metà di quello greco, il 13 contro il 24% su una base che va dal 2000 al 2013. Basterebbe questo dato per fare drizzare i capelli in testa, ma poi si sbianca completamente nel sentire la cifra dei disoccupati : 5,8 milioni, il livello più basso almeno dal 1977, in larga parte donne e giovani. Un "terrone" su 3 vive sotto la soglia di povertà fissata a 12 mila euro annui, mentre la forbice tra la regione più ricca, il Trentino Alto Adige, e quella più povera, la Calabria, è di 22 mila euro di Pil pro capite. Anche l'irrisoria crescita dell'annus renzianum, il 2014, esclude anzi taglia fuori le regioni del mezzogiorno perché l'incremento di 88.400 posti di lavoro riguarda solo il centro-nord: il sud ne ha persi 45 mila. Anche a livello di occupazione femminile è peggio che andar di notte, dato che lavora solo una donna su tre circa. Se poi si guarda la fascia di età sotto i 34 anni, scendiamo a una su cinque. Infine, il quadro è completato dai dati sui giovani, visto che più si scendono i gradini dell'età e più alta è la percentuale dei senza lavoro che è del 34% negli under 34 (crollati in picchiata del 31,9%) e arriva al 56% sotto i 24 anni! Sicuramente complice l'età ancora quasi "scolare" e l'università intesa come parcheggio nell'assenza di prospettive lavorative, ma in quanti possono permettersela nelle regioni più povere dell'Euro si può immaginarlo. Inoltre Svimez, la fonte da cui provengono queste statistiche, non tocca l'argomento del lavoro nero, molto importante invece al Sud, in quanto incide sulle percentuali ufficiali abbassandole, a causa della convenienza per il caporale di assumere manodopera schiava immigrata a fronte della manodopera autoctona; che probabilmente dovrebbe mettere a libretto e pagare in maniera più “umana”, essendo quella immigrata molto più ricattabile.
Sono passati 5 anni da Rosarno e oggi le stesse forze politiche soffiano sul fuoco della guerra tra poveri. Non pochi abboccano all'amo lusingati dal fatto di non essere considerati più gli ultimi ma i penultimi (fa sempre comodo un gradino tra te e il peggio assoluto) e finiscono con l'unirsi alla crociata di chi dà tutta la colpa agli immigrati e, certo, al centralismo romano col quale per altro si è abbondantemente sporcato le mani. Promettendo, è ovvio, sviluppo al pari delle regioni padane (che in questo periodo non è che se la passino da pascià, ma sempre meglio comunque). Ma oltre alla Lega Nord, altre forze di un regionalismo di matrice opposta e altrettanto pericoloso. Ogni leghismo così come ogni nazionalismo indebolisce la classe operaia al suo interno e crea situazioni come quelle che abbiamo visto a Rosarno qualche anno fa. Nessun politicante con le sue promesse salverà il Mezzogiorno, nemmeno quelli che sbandierano la stessa origine e la stessa cultura, perché tutti una volta al governo dovranno fare i conti con le stanze del potere. E il nemico non sta nemmeno a “Roma”, oltre a non essere meridionale o padano o immigrato. Inoltre il nemico non puzza sicuramente di olio da officina o di sudore, a prescindere dalla provenienza. Il nemico è il capitalismo sotto qualsiasi veste si presenti, e dai lupi vestiti da Cappuccetto Rosso guai a non guardarsi sempre. E la prospettiva testarda quanto necessaria e priva di altre alternative che ci rimane è il superamento rivoluzionario del capitalismo.
IBBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #08-09
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