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Home ›Banche e credito - Il pianto degli industriali e quello del proletariato
Anche i ricchi piangano, recitava, grosso modo, una campagna propagandistica di Rifondazione comunista, per dire che, una volta dentro il secondo governo Prodi, avrebbe fatto vedere i sorci verdi alla grande borghesia. Naturalmente, ben pochi - e a ragione - credettero a quello slogan alquanto sbruffoncello, soprattutto i diretti interessati (i ricchi, appunto), poco spaventati da un partito il cui dirigente principale passava incomparabilmente più tempo nei salotti televisivi che davanti alle fabbriche.
A dare in parte sostanza a quella trovata elettoralistica ci sta pensando invece la crisi che, se picchia duro sulle condizioni di esistenza del proletariato e di strati crescenti di piccola borghesia, qui e là colpisce drammaticamente singoli imprenditori (medio-piccoli), spinti addirittura al suicidio per l'impossibilità di fra fronte ai propri impegni finanziari. Se fossimo cinici, diremmo semplicemente che simili drammatici episodi riguardanti il proletariato sono ben più numerosi, ma siccome cinici non siamo, ci limitiamo a sottolineare - mentre li denunciamo - come gli spietati meccanismi dell'accumulazione capitalistica non risparmino nessuno, nemmeno, se è il caso, membri della classe beneficiaria e agente di quegli stessi meccanismi: la borghesia. Ma, a parte i casi estremi, la vera ragione del “pianto” borghese è l'andamento di una crisi che non ne vuol sapere di passare e, anzi, per questo motivo, inasprisce le frizioni tra i diversi settori del capitalismo, più che mai spinti a difendere con le unghie e con i denti i propri interessi specifici. E' dunque un lamento interessato, strumentale e, in ogni caso, presuppone sempre che ci sia qualcuno da far piangere davvero (il mondo del lavoro salariato-dipendente), perché si possa ritornare a ridere.
La questione del credito o, meglio, del non-credito alle imprese è una delle voci principali del “quaderno delle lamentele” compilato da Confindustria. Nella sostanza, gli industriali puntano il dito sulla scarsa propensione, per così dire, delle banche a concedere prestiti alle imprese, già alle prese con un'altrettanto scarsa propensione della pubblica amministrazione - dallo stato agli enti locali - a saldare in tempi ragionevoli i debiti contratti con i fornitori di merci e servizi vari. Ora, a parte il fatto che nel capitalismo odierno è impossibile separare con un taglio netto il capitale industriale da quello propriamente bancario, vista la folta partecipazione di nomi importanti dell'industria nel mondo della banca e della finanza, è però vero che le banche concedono prestiti col contagocce e a caro prezzo, preferendo dirigere i loro capitali altrove, nonostante la Banca Centrale Europea le abbia riempite di soldi come un uovo. Il 21 dicembre dell'anno passato e il 29 febbraio scorso, la BCE ha
elargito a ottocento istituti di credito europei oltre un trilione di euro (per la precisione, 1.018,5 miliardi di euro) in forma di prestiti al tasso agevolato dell'1 per cento con scadenza a tre anni.
E. Piovesana, emergency.it, 6 marzo 2012
Di quella montagna di denaro, le principali banche italiane hanno preso circa cento miliardi (fonti diverse parlano di duecento miliardi circa) che però - esattamente come gli altri istituti di credito europei - li hanno depositati nei forzieri della BCE medesima oppure li hanno impiegati per sottoscrivere tutoli di stato ad alto rendimento, tra cui quelli italiani e spagnoli, al 5-6%, al fine di
tappare i buchi di bilancio, riacquistare le proprie azioni circolanti per conseguire grossi guadagni, speculare sui bond e altri investimenti con margini di guadagno netti del 4,4 per cento.
Piovesana, cit.
Tenendo conto dell'inflazione, si può dire che le banche pagano, alla BCE, interessi uguali o inferiori allo zero (mentre prestano, ricordiamolo, con interessi ben superiori) eppure, nel frattempo, il credito è diminuito di un altro venti per cento. Possibile che Draghi non sapesse come sarebbe stato utilizzato il denaro così generosamente concesso “per far ripartire l'economia”? Ovviamente, no; non è neanche ipotizzabile che il banchiere dei banchieri europei sia tanto ingenuo da credere veramente alle proprie parole. Il punto è che, nonostante l'aumento della pressione sul proletariato, non sono stati ristabiliti margini di profitto sufficienti a imprimere una svolta nel processo di accumulazione capitalistico. Dunque, rimangono intatte le ragioni per le quali alcuni decenni fa il capitalismo ha imboccato il tunnel della speculazione finanziaria esasperata, nel tentativo illusorio di creare artificialmente quella ricchezza che può essere creata solo nel circuito produttivo e, per essere più precisi, dallo sfruttamento del lavoro salariato.
Intanto, mentre gli industriali tengono il broncio ai banchieri - spesso soci in affari, come s'è detto - tutti insieme, tramite i loro governi, impongono politiche micidiali di più lacrime, sangue e fatica al proletariato, depredandolo del salario indiretto e differito (“Stato sociale” e pensioni), tempestandolo di tasse, imponendo l'aperta dittatura padronale nei posti di lavoro, accentuando lo “spread” tra i salari e costo della vita reale. Per questo, ci commuovono poco le lacrime dei borghesi, esattamente come la preda nei confronti di quelle del coccodrillo, al quale, se mai, pensa solo di sferrare un calcio poderoso sul muso. Esattamente come noi.
CBBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
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