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Home ›Quando il gioco si fa duro... la Fiom si trova fuori gioco
Dal 1 gennaio prossimo la Fiom è esclusa da ogni potere di rappresentanza all'interno degli stabilimenti Fiat e, stando alla lettera di intenti di Federmeccanica, verosimilmente anche dall'intero settore metalmeccanico entro breve termine, in quanto non firmataria del cosiddetto “contratto separato”.
Contemporaneamente, dalla stessa data verrà estesa a tutti gli 80mila dipendenti del gruppo Fiat l'organizzazione di lavoro che inizialmente - giugno 2010 - doveva entrare in vigore per il solo stabilimento di Pomigliano (ovviamente perché in crisi, secondo i criteri padronali di valutazione) e poi via via esteso a Bertone, a Mirafiori ecc. Senza contare la dismissione tout court di Termini Imerese.
Contratto di lavoro che prevede di intensificare i ritmi, spostare la mensa a fine turno, tagliare le pause, imporre 120 ore di straordinario obbligatorio, penalizzare le assenze per malattia, colpire le organizzazioni sindacali e i singoli lavoratori che attueranno scioperi “in deroga” al contratto medesimo; di fatto significa imporre un modello lavoro in cui tutti gli operai saranno destinati ad ammalarsi di più, pagando con la salute la produttività che Marchionne rincorre sui mercati internazionali. Marchionne, “più marxista” di tutta la Fiom, cerca di contrastare con l'aumento dell'intensità del lavoro e delle ore di lavoro (plusvalore assoluto e relativo insieme) la caduta del saggio del profitto della azienda di cui è Duce lautamente stipendiato e ricompensato. Ricordiamolo: dopo aver ricevuto gli applausi di tutto il circo politico e sindacalese sinistrorso, da D'Alema, a Fassino, a Bertinotti ecc., dopo il suo insediamento iniziale per la sua immagine e filosofia “nuove e positive”. Non fatichiamo a capire che per questi loschi figuri rappresenti il “nuovo” anche un personaggio come Monti - già dirigente Fiat dal 1979 al 1995, gli anni in cui sono maturate la disfatta operaia e la distruzione di ogni istinto di classe in fabbrica e sul territorio.
Per inciso, sottolineiamo che il motivo principale della lotta dei metalmeccanici di Melfi nella famosa primavera del 2004 fu proprio un'organizzazione del lavoro di tale tipo, che in pochissimi anni di operatività aveva trasformato quasi la metà degli operai dello stabilimento in RCL, ossia operai a ridotta capacità lavorativa. Lavoratori assunti giovani per poter loro applicare i contratti di formazione e lavoro e certificati come sani dagli stessi medici Fiat (ogni minima invalidità o difetto fisico era motivo di esclusione dall'assunzione, infatti). Senza contare, “ovviamente”, la valanga di sanzioni, ammonizioni, multe, pressioni varie - fino alle aggressioni verbali da parte dei capetti verso gli operai in linea - che servivano a tenere in piedi tale sistema di lavoro (cfr. il volume “Ci volevano con la terza media” di G. Barozzino - uno dei licenziati di Melfi) e che non facciamo fatica ad immaginare serviranno anche domani.
L'esclusione della Fiom va letta in questo contesto, riteniamo, oltreché, ovviamente, in quello della feroce concorrenza internazionale fatta, come da manuale (borghese), sulle condizioni di lavoro degli operai in carne ed ossa e sulla rimozione degli ostacoli anche formali al loro sfruttamento intensivo ed estensivo.
Nonostante la solenne bocciatura operaia che il nuovo contratto di lavoro ottiene dovunque venga votato, nonostante tutti i ricatti, la Fiom risponde balbettando come d'abitudine con i soliti sciopericchi di testimonianza di 4 o 8 ore - il prossimo il 12 febbraio - ed iniziative articolate per città , provincia, regione ecc, con una raccolta di firme contro l'incostituzionalità del nuovo Ccnl e con la lettera a Federmeccanica in cui si chiede di essere convocati per discutere della gestione del fondo previdenziale integrativo Cometa (vedi (1).pdf">rete28aprile.it ). Per inciso, anche questo elemento, niente affattao secondario, testimonia i legami antioperai che la Fiom ha allacciato con il nemico di classe, il padronato. Chiudendo l'inciso e proseguendo col discorso, a dispetto della sua rappresentazione mediatica di sindacato combattivo e battagliero, non si esita a censurare duramente quei delegati e lavoratori che spingono per azioni più incisive - scioperi ad oltranza ecc., unificazione delle lotte sul territorio - come avviene in Piaggio - o, peggio, ad espellerli, com'è avvenuto alla Fomas di Lecco (oltretutto con la presenza della Digos all'interno della Camera del Lavoro, cosa senza precedenti!, almeno nel recente passato), e, conseguentemente, a non muovere un dito contro licenziamenti politici di operai “scomodi”, come quello avvenuto ad ottobre scorso alla CNH di Modena - sempre gruppo Fiat - di cui abbiamo già dato notizia.
Siamo oltre mai convinti che il nocciolo della Fiom siano i suoi 500 funzionari e burocrati, legati indissolubilmente alla casa madre Cgil (i cui referenti ultimi sono il PD in parlamento e Cisl-Uil ai tavoli delle trattative… non certo i lavoratori!) anche e non ultimo per ragioni economiche, i quali funzionari hanno il ruolo istituzionale di far passare la linea collaborazionista della “casa madre” tra i 110mila iscritti della Federazione - anche contro, se e quando necessario, il volere della sua base più combattiva. A quest'ultima non possiamo che ribadire che nessuna risposta di classe - anche sul solo terreno della difesa degli interessi concretissimi ed immediati di salario, occupazione ecc. - potrà mai venire da una tale organizzazione. Solo ed eventualmente, e crediamo che la realtà ce ne sia testimone, dall'autorganizzazione dal basso delle lotte da parte dei lavoratori stessi - sempre più con le spalle al muro e senza alternative differenti dalla rassegnazione, se non si porranno, appunto, sulla strada, difficile, certo, ma “obbligata”, dell'iniziativa autonoma di classe.
DSBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #01
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