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Home ›Droga e armi nella tragedia afghana
Nel sanguinoso groviglio di contrapposti poteri e interessi nel quale è da anni precipitato l’Afghanistan e di cui, dopo otto anni dall’arrivo dei liberatori “democratici”, fa tragicamente le spese la popolazione civile con oltre 40mila vittime, il narcotraffico gioca un ruolo di notevole importanza. In barba ai precetti del Corano (ma qui le interpretazioni si sprecano) i talebani non tollerano la minima interferenza sul business dell’oppio, pronti ad eliminare i contadini che intendessero cambiare coltura. A ovest del paese, vicino al confine iraniano, sono attive bande di criminali organizzati, soprattutto dediti al contrabbando d'armi e di oppio. Ad oriente e al sud altre confraternite tribali scorazzano con l'appoggio dei servizi segreti pakistani e le infiltrazioni dei mercenari di bin Laden; tutti in proficue relazioni finanziarie coi paesi del Golfo.
L'Afghanistan, come ammette lo stesso rapporto dell'agenzia dell'Onu per la lotta alle droghe, si sta popolando di cartelli mafiosi sullo stile di quanto avvenuto in Colombia dove la lotta armata è stata prima l'insostituibile protezione dei trafficanti e poi lo sviluppo di una nuova casta di guerriglieri che coniugano kalashnikov a traffico d'oppio. Gli uni e gli altri impegnati a cacciare lo straniero invasore e chi, in modo… concorrenziale, va ad insidiare il loro lucroso mercato degli stupefacenti.
Le maggiori aree di produzione di oppio afghano (le province di Helmand, Kandahar e Zabul) sono dichiarate ufficialmente al centro di operazioni dei “liberatori” Nato, che non dovrebbero solo incendiare le coltivazioni ma consolidare il presidio dei territori e, in prospettiva, sovvenzionare proprietari e contadini per farli passare ad altre coltivazioni o a stare a braccia conserte sotto l'occhio vigile dei marine. Gli Usa hanno tentato in un primo tempo (come fecero quando erano alleati coi talebani contro i russi) di farsi amici i "signori della terra" non disturbando né la loro produzione d'oppio né il loro narcotraffico. Ora però sarebbero ben 70 milioni di dollari l'anno (un'agenzia Onu parla di 100, forse 200 milioni) secondo dati Cia e Defense Intelligence Agency. Un traffico attorno al quale si annodano alleanze tribali e si originano conflitti fra le fazioni interessate. Le armi abbondano: fanno fare affari d’oro alle lobby politico-economiche degli Usa mentre, da parte loro, i talebani sono sempre meglio dotati di armi acquistate in Russia e in Cina con denaro proveniente dall’Arabia Saudita. È cosi che le centrali dell’imperialismo, con i loro servi e… martiri, adempiono ai propri “doveri internazionali” bruciando ogni minuto nel mondo 2 milioni e mezzo di dollari in spese militari. Quanto basterebbe per risolvere la crisi alimentare sull’intero pianeta e per intere generazioni.
Decine e decine di tonnellate di armi arrivano ogni anno in Afghanistan e buona parte finisce poi nelle mani degli attuali “signori della guerra”. Questi, disponendo di centinaia di migliaia di uomini, hanno cooperato con tutti i servizi segreti nel mondo; oggi alcuni di loro sono appoggiati militarmente e logisticamente dagli Usa contro Al Qaeda e i talebani, altri destabilizzano l’amministrazione di Kabul, altri fanno il doppio gioco. Quasi tutti, nelle proprie regioni e a capo di una miriade di clan e sotto-clan, controllano e traggono enormi profitti sia dalla coltivazione che dai passaggi del traffico di eroina che, da quando Karzai è salito al governo (dicembre 2004) ha raggiunto i più alti livelli di produzione. Nel 1999 si coltivavano 91mila ettari; oggi 165mila. Il 92% del mercato mondiale dell’eroina fa capo all’Afghanistan mentre al tempo dei Talebani era del 40%. 900 tonnellate sono state prodotte nel 2009, con un fatturato di 150 miliardi di dollari. Le materie prime (papaveri, oppio, con piantagioni che occupano decine di migliaia di ettari) sono trasformate in eroina in laboratori situati presso la frontiera pachistana; i proventi di un tale commercio finanziano la guerra civile e i portafogli della narcomafia, dei leader dei mujaheddin, capitribù, grandi agricoltori, imprenditori e membri del Servizio segreto pachistano, l’ISI. I criminali coinvolti nel narcotraffico pullulano anche nel governo e nella polizia, dove politici e faccendieri partecipano alla gestione del via vai non solo di mazzette e tangenti ma anche allo smercio dei carichi confiscati e stoccati nei depositi dei ministeri dell’Interno e dell’Antidroga.
Nell’Afghanistan non esiste più una agricoltura alimentare tradizionale, né strutture economiche ed altre infrastrutture. Il sistema economico, se così si può chiamare, si basa quasi esclusivamente sul traffico d’armi e di droga; sui visti di transito alla frontiera e sui servizi e aiuti internazionali gestiti all’insegna della corruzione e del brigantaggio. Mussulmani e cristiani, avvolti nelle rispettive bandiere e armati fino ai denti, in una comune devozione al dio Capitale.
DCBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #2
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