Terremoto in Abruzzo

... e ora ci diranno che vogliamo dare la colpa anche del terremoto in Abruzzo al capitalismo!

Le evidenti responsabilità politiche nella vicenda sono già al centro del circo mediatico, debitamente strumentalizzate dalla fazione borghese di turno all'opposizione, e le lasciamo volentieri alle velleità di giustizia sociale (come se ci potesse essere, in uno stato diviso in classi!) di qualche sincero democratico. Il fatto che l'ospedale dell'Aquila, consegnato una decina di anni fa e costruito in teoria secondo le più avanzate norme antisismiche (!), si sia sbriciolato rende superflua ogni parola.

Quello che pare interessante sottolineare in un momento di così alta compartecipazione emotiva è innanzitutto la stomachevole ipocrisia che induce il cittadino medio intruppato nelle anguste mura dell'ideologia capitalista dominante, a commuoversi, indignarsi e movimentarsi solo quando le tragedie avvengono nel cortile di casa. Non più di tre mesi fa infatti c'erano altre case sventrate, altri soccorsi difficoltosi, altri morti e altri sfollati... bagnati dallo stesso Mediterraneo che bagna le coste dell'Abruzzo, ma evidentemente non accomunati dal sacro vincolo nazionale.

Parliamo ovviamente della città di Gaza. Con una differenza sostanziale: in Palestina non si trattava di un (più o meno) imprevedibile fenomeno geologico, ma del bombardamento israeliano pianificato a tavolino, nell'ambito di una precisa operazione militare (Operazione Piombo Fuso). Uno scenario sul quale, da qualche tempo, la docile informazione italiana ha fatto calare un significativo velo di silenzio.

Tutti quelli che oggi ritengono insopportabile la vista di “bambini, donne e anziani” sotto le macerie abruzzesi e terribilmente ingiusto il loro fatale destino, farebbero bene a volgere lo sguardo anche ai 1500 morti palestinesi, dei quali circa 500 sotto i 16 anni. Chi si dispera per le madri italiane che si ritrovano i figli stritolati dalle macerie, forse ora capirebbe cosa significa ad esempio per una madre di Gaza mandare i propri tre figli in tre asili diversi per aumentare le probabilità che almeno uno di salvi.

E tutti quelli che patiscono per le difficoltà delle operazioni di salvataggio e assistenza in Abruzzo, forse ora comprendono l'odissea di un soccorso prestato con l'esercito israeliano che dà una ripassata a tutti anche nelle fasce orarie “protette”; dove gli ospedali crollano non perché la terra trema, ma perché c'è qualcuno che li prende di mira (15 delle 27 strutture sanitarie di Gaza e 41 centri di primo soccorso hanno subito gravi danni e 29 ambulanze sono state danneggiate o distrutte (1; dove i feriti non ricevono le migliori cure che un Paese a capitalismo avanzato può offrire, ma subiscono frettolose amputazioni tra un raid e l'altro.

Ma l'idea che si possa davvero giungere a una tale “illuminazione collettiva” è ovviamente velleitaria. Troppo radicati sono i principi nazionalistico e democratico. Secondo il primo, i cittadini della stessa nazione sarebbero uniti da un invisibile legame interclassista, ancestrale ed eterno, che si risolve fatalmente in una “esclusione all'esterno” (esattamente come il concetto di “famiglia” di matrice cristiana). Secondo il principio democratico-parlamentare, essendo i governanti un'espressione diretta dell'entità interclassista “popolo”, sarebbe giusto - o al limite un inevitabile “danno collaterale” - che tutti i sottoposti condividano comunque il destino disegnato dai rispettivi rappresentanti politici e paghino il prezzo dello scontro interimperialistico. Si tratti di angloamericani contro nazisti o di un'organizzazione teocratico-oscurantista come Hamas contro lo stato sionista di Israele. È così che, anche agli occhi del sincero democratico, magari “di sinistra”, le bombe diventano “giuste”, o perlomeno tollerabili, se sganciate sulle città “naziste”, “jugoslave filo Milosevic” o “conniventi col terrorismo”. È davvero molto labile il confine che separa un pacifista borghese da un fervente sostenitore dello sforzo bellico della propria Patria: la Storia lo ha già dimostrato ampiamente.

Per questo è compito primario degli internazionalisti quello di denunciare ad ogni occasione questa gigantesca impalcatura ideologica e rendere manifesto l'interesse materiale di classe alle spalle di ogni operazione bellica. Forse, nel dramma, è più facile riconoscere l'omogeneità transnazionale di un proletariato su quale si riversano inevitabilmente le calamità, naturali o pianificate.

... ma ora ci diranno che stiamo sminuendo la tragedia abruzzese...

dr

(1) Fonte: “Health Situation in the Gaza Strip” (Organizzazione Mondiale della Sanità).

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.