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Non c’è tregua al massacro del capitale nei confronti della classe operaia
Secondo i dati emessi dal Governo e confermati da un recente studio (Marzo 2009) della Cgil, il potere d’acquisto dei salari sarebbe fermo al 1993. Contrariamente all’impostazione precedente che vedeva la produttività in calo del 20%, le recenti statistiche recitano che nel solo biennio 2006 2007 la produttività è aumentata del 5% mentre il salario è rimasto al palo. Il che, prendendo un segmento di tempo più ampio, dal 95 al 2007, i profitti hanno registrato un incremento del 74,5% mentre le retribuzioni sono aumentate solamente del 5,5%. In sostanza i salari reali, in altre parole il loro potere d’acquisto, nel periodo preso in esame, sono rimasti inalterati consentendo al capitale di migliorare la sua valorizzazione. Gli stessi dati ci dicono anche che, facendo una comparazione a livello internazionale, le retribuzioni in Italia (a parità di potere d’acquisto) sono inferiori di 12 punti rispetto a quelle spagnole, di 29 punti rispetto a quelle francesi, di 43 punti rispetto a quelle tedesche e di 56 rispetto alle buste paghe americane e di circa la metà di quelle inglesi. I dati, ovviamente si riferiscono al periodo precedente l’esplosione della crisi.
Scorporando i dati generali in segmenti retributivi concreti si ottiene che, nel periodo 1993 - 2007, le retribuzioni dei lavoratori italiano sono cresciute del 4%, ovvero di 700 euro contro i 1700 euro degli spagnoli, 4000 euro dei tedeschi e francesi , 3400 euro degli americani e 8300 euro per i lavoratori inglesi. Negli stessi 15 anni i lavoratori dipendenti italiani hanno versato nelle casse dello Stato, in termini di un diminuito potere d’acquisto, della mancata restituzione del fiscal drag e dell’aumento della pressione fiscale, la bellezza di 112 miliardi di euro.
Sempre secondo i dati del Rapporto, nel solo periodo 2002 - 2008 la diminuzione del potere d’acquisto dei salari in virtù della non restituzione del drenaggio fiscale ammonterebbe a 1182 euro per singola busta paga che diventano 2647 se si somma la pressione fiscale.
Discorso parallelo è quello del rapporto tra inflazione e aumento dei salari. Prendendo come base temporale il periodo 1993 - 2008, l’inflazione sarebbe aumentata del 41,6% mentre i salari nominali del 41,1%. Intanto va detto che il dato riferito all’inflazione è errato per difetto. Per gli oltre 25 milioni di lavoratori dipendenti il paniere di riferimento non è quello dell’Istat. Le famiglie proletarie consumano il loro salario facendo fatica ad arrivare alla quarta settimana del mese, il che significa che i loro consumi, oltre ad essere insufficienti, si riferiscono ad una ristrettissima gamma di prodotti che, negli ultimi anni, hanno registrato un incremento dei prezzi perlomeno doppio di quello proposto dal più ampio paniere Istat. Il che significa semplicemente che, mentre i salari nominali sono cresciuti del 41,1%, il loro potere d’acquisto non ha perso soltanto lo 0,5% ma circa il 50% senza contare gli incrementi di produttività precedentemente citati.
Questo vuol dire due cose. La prima è che la crisi, con relativo attacco alle condizioni di salario diretto e indiretto, ha origini ben più lontane dall’esplosione della bolla finanziaria, che ne è stata una conseguenza, con il devastante risultato di acuire ed accelerare un ancora più pesante attacco alle condizioni di vita e di lavoro del proletariato. La seconda è che, nonostante gli immani disastri che il capitalismo ha posto in essere, il peggio deve ancora arrivare sotto forma di maggiore sfruttamento, precarietà lavorativa, disoccupazione e miseria per milioni di famiglie.
Sempre ricorrendo ai dati ufficiali, questa volta recitati in proiezione, si prevede che, nonostante le promesse governative di mantenimento dei posti di lavoro e della messa in campo di una serie di ammortizzatori sociali (ma chi li ha visti?), si prevedono entro la fine dell’anno in corso un milione di disoccupati in più, ovvero si arriverà a toccare il 10% della popolazione economicamente attiva. Sempre che le cose non vadano peggio. Nel frattempo la Cassa integrazione ha subito, nel primo trimestre di quest’anno, un incremento del 500% investendo tutti i settori produttivi e dei servizi. Ma le cifre non raccontano la reale situazione che quotidianamente il proletariato è costretto a vivere. Già centinaia di migliaia di lavoratori in nero hanno perso il loro lavoro e sono stati immessi in quell’inferno sociale che ha come cornice la miseria e la fame. Adesso tocca ad altre centinaia di migliaia di lavoratori precari, il cui status giuridico - sindacale è stato creato apposta affinché il licenziamento arrivi con il non rinnovo del contratto a termine, senza affanni per il capitale e con buona pace per chi non può più nemmeno mettere assieme il pasto con la cena. Per gli altri, fin che dura, c’è la Cassa integrazione. Ma anche in questo caso, benché in situazioni meno drammatiche rispetto ai derelitti creati dal capitale di cui prima, le cose non è che vadano a gonfie vele. Per un lavoratore che entrasse in Cig a zero ore, con uno stipendio di 1320 euro mensili, arriverebbe a percepirne 762. Per chi avesse una retribuzione pari a 1100 euro ne riceverebbe 634. Come dire che per le famiglie mono reddito, se prima avevano difficoltà ad arrivare alla quarta settimana, ora faticano ad arrivare alla seconda. Senza contare che la Cig, che in parte sono gli stessi lavoratori a pagare, resta l’anticamera del licenziamento qualora le cose, e tutto fa pensare così, non dovessero migliorare. In più ci sono ben sette milioni di lavoratori che percepiscono meno di 1000 euro al mese e otto milioni di pensionati che non superano la stessa cifra. Il 35% delle famiglie italiane è sotto la soglia di povertà, pari a 10 mila euro l’anno. Disoccupazione, fame e miseria sono gli spettri che oggi la crisi del capitalismo dispensa a piene mani.
Non c’è scampo a questo massacro se non riprende alta e forte la lotta di classe fuori e contro le necessità di sopravvivenza del capitalismo, dei suoi meccanismi di sfruttamento, del suo modo di produrre e appropriarsi della ricchezza sociale, della sua perversa capacità di succhiare plusvalore quando le cose vanno bene, di scaricare le conseguenze delle sue contraddizioni quando le cose vanno male. O il proletariato, con il suo partito, riprende la lotta contro il capitale, o il dio profitto farà ancora più vittime di quelle che ha fatto fino adesso.
fdBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #04-05
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