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Home ›La CGIL s'é desta?
La Cgil rompe il tavolo negoziale con Confidustria e l’unità con Cisl e Uil sull’ipotesi della ri-definizione del Contratto Nazionale, ossia la sua concreta scomparsa ; nello specifico la Cgil ha rifiutato lo smantellamento tout-court dello stesso come proposto di fatto da Confidustria (posizione non nuova, è dal 1993 che la sostengono...) nonché la proposta padronale di togliere dal calcolo dell’inflazione la quota dovuta alle materie prime oltre ad allungare il periodo di durata vincolando così gli aumenti salariali ad un’inflazione programmata assolutamente astratta e determinando così un perdita di salario stimata dal 10 al 30%.
Sappiamo fin troppo bene che questo è già il meccanismo oggi operante con cui negli ultimi 15 anni si è colpito ed impoverito il mondo del lavoro dipendente; contratti rinnovati costantemente in ritardo ed in base ad un tasso di inflazione assai più basso di quello reale hanno determinato una perdita di potere d’acquisto di diverse centinaia di euro nelle tasche dei lavoratori dipendenti. Strategia che ha avuto il consenso firmato di tutte le centrali confederali!
Le chiavi di lettura possono essere molteplici pertanto. Intanto escludiamo più o meno categorica-mente che ciò voglia dire che essa torni ad un ruolo di attiva opposizione sociale, come molti auspicano (Rete 28Aprile, Fiom ecc.) illudendo se stessi e sopratutto i propri iscritti. Anzi, magari, proprio per non perderli. Noi pensiamo che questo ulteriore attacco al salario diretto comporti scossoni ed aggiustamenti che necessitano di tempo per essere assorbiti dalla “big” fra le tre confederazioni.
Volge all’epilogo quel processo iniziato da molto tempo verso la completa ed aperta mutazione in sindacato corporativo e di servizi (di schietta origine fascista, per inciso). Non a caso si parla nei documenti di cogestione sindacale negli enti bilaterali relativamente a formazione, reclutamento, investimenti dei fondi pensione (!) ammortizzatori sociali ecc. Cisl ed Uil sono pronte già da tempo, la Cgil richiede più tempo, più “anime” si agitano al suo interno, il legame col PD è stretto e vuole le necessarie mediazioni, l’autunno caldo prossimo venturo non dovrà certo vederle sfuggire di mano le piazze,almeno non significativamente ...che altrimenti il potere contrattuale con i padroni scenderebbe sotto terra e si diventerebbe comprimari al pari di cisl e uil.
Confindustria carica a spron battuto: contratto nazionale “leggero”, contrattazione effettiva al secondo livello, cioè aziendale. La chiamano Salario in cambio di Produttività, noi preferiamo il militante linguaggio marxista di attacco al salario diretto per la sua riduzione al fine di garantire alla controparte padronale una massa di profitti sempre crescenti ed allo stesso tempo sempre insufficienti data la caduta internazionale del saggio degli stessi.
La partita nasce già nel 1984 quando l’allora socialista Renato Brunetta lanciò la campagna per la riduzione della scala mobile poi abolita nel 1992 dal governo Amato, passando poi agli accordi sulla flessibilità (Ciampi 1993), la controriforma delle pensioni (Dini) nel 1995, poi il pacchetto Treu (Prodi 1997), l’attacco al diritto di sciopero (D’Alema 1999), la legge 30 (Berlusconi 2002), lo scippo del TFR verso i fallimentari fondi pensione integrativi attraverso la truffa del silenzio-assenso (Berlusconi 2006 - Prodi 2007), poi i protocolli sul welfare per aumentare l’età pensionabile e allungare la precarietà (Prodi 2007). Ora l’attacco frontale al CCNL.. Sanno così di poter vincere facile, nel tessuto storicamente polverizzato della piccola e media impresa italica (l’ottanta percento del totale degli occupati) dove semplicemente non si sciopera, non si contesta - perché non si può - e tutto si “aggiusta” tra datore di lavoro e dipendenti (sul come non serve la fantasia, così come non ne serve per stabilire lo svolgimento di un film a luci rosse...). Inoltre probabilmente la Cgil teme di esser ridimensionata qualora gli imprenditori potessero trattare direttamente coi propri dipendenti specie nelle piccole e medie fabbriche dove il sindacato è assente e quindi cerca contropartite in cambio.
Con un non piccolo paradosso apparente: sono quelle stesse realtà dove gli accordi anti-operai firmati dalla triplice raccolgono la maggioranza dei consensi mentre nelle grandi fabbriche sindacalizzate ricevono sonore bocciature. E talvolta come a Pomigliano padroni e confederali chiamano in causa la Magistra-tura a normalizzare la situazione licenziando i “rivoltosi”.
Abbiamo sentito, sentiamo e molto probabilmente sentiremo cianciare spesso nelle assemblee e nelle piazze de “L’ Italia è una Repubblica fondata sul lavoro” (art. 1 della Costituzione repubblicana) ; a costo di scandalizzare i quasi sempre ben pasciuti benpensanti di sinistra secondo noi ci c’è piena continuità di sfruttamento con l’art. 9 della Repubblica Sociale Italiana di Salò che recitava “Base della RSI e suo oggetto primario è il lavoro manuale, tecnico, intellettuale in ogni sua forma” - a sua volta ripreso dalla Carta Fascista del Lavoro del 1926. Noi, invece, rivendichiamo con orgoglio: “Abolizione del lavoro salariato, del capitale e della merce”.
dsBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #10
13 ottobre 2008
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