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Imagine - Marcia di lavoratori e comunisti a Shanghai - 1927
Per Trotsky la rivoluzione cinese del 1925-27 fu l’evento più grandioso dopo l’Ottobre. È doveroso quindi oggi sottolinearne gli aspetti di attualità politica, dato che essa anticipò di 10 anni l’esperienza spagnola - senza che la lezione ricevuta dal proletariato cinese fosse stata recepita - e che per molti rivoluzionari d’oggi la Cina ha iniziato ad “esistere” capitalisticamente al massimo negli ultimi 30 anni.
1911: Crolla la millenaria impalcatura politica rappresentata dal semi-dio Imperatore della dinastia Manciù dopo alcuni decenni di penetrazione capitalistica per opera delle principali potenze, le quali ne avevano minato le basi economiche feudali grazie al sistema delle Concessioni Extra-Territoriali. Anche la nostrana italietta aveva sin dal 1870 il proprio incaricato d’affari presso la corte del Celeste Impero.
La situazione che segue è caotica e vede una pluralità di centri di potere regionali incarnati dalla figura dei cosiddetti “Signori della Guerra” (SdG), tra loro spesso in conflitto e sempre legati direttamente ai capitalisti stranieri; i centri principali sono: nella Cina settentrionale, Pechino, in quella centrale, Shangai ed al sud, Canton - entrambe sulla costa, dato importantissimo - più un’altra dozzina di città di medie dimensioni nell’interno.
Tali SdG erano soliti imporre spietate dittature militari nelle regioni loro soggette fidando sull’appoggio economico e militare di questa o quella potenza straniera. Inoltre non era raro che riscuotessero le tasse con molti anni d’anticipo (ad es. nei primi anni 1920 in alcune regioni erano già state riscosse le tasse fino al 1935!) o che imponessero dazi doganali, spesso pesanti, sulle merci che circolavano sul proprio territorio coi relativi ovvi rincari sul prezzo finale. Talvolta poi venivano adottati autonomi sistemi di misura diversi dal vecchio sistema imperiale circa pesi, dimensioni etc. col conseguente caos.
Le potenze occidentali erano spesso proprietarie dirette di manifatture che, grazie all’esenzione fiscale di cui godevano in virtù dell’extraterritorialità accordata loro dai Trattati Ineguali (il cui nome già ne esplica bene il senso..) con la burocrazia imperiale, facevano concorrenza “sleale” alle ditte di proprietà di cinesi. Oggi la nostrana borghesia decadente si lamenta del contrario... Come evidente tutte queste cose cozzavano profondamente con l’esigenza di una efficiente circolazione delle merci, la quale avrebbe richiesto un mercato unificato politicamente, esigenza avvertita dalla borghesia cinese meno direttamente legata ai traffici con gli stranieri, i cosiddetti compradores. Ma, per la sua debolezza sociale, essa non si era espressa apertamente in un movimento nazionalista dopo il crollo dell’Impero.
Solo nel sud a Canton vi era un governo “nazionalista” ispirato dal Kuomintang (Kmt), il cosiddetto partito del Popolo, che non faceva mistero della sua vocazione alla riunificazione del paese.
Tale Kmt aveva il suo leader teorico e politico in Sun-Yat-Sen che aspirava a fondere la tradizionale cultura cinese con le moderne idee occidentali; le sue parole d’ordine erano “Libertà, Progresso, Benessere del Popolo” - talmente generiche che potevano, come avvenne in realtà, servire per unificare tutte le classi in unico progetto a seconda che gli si desse una lettura radicale o conservatrice. Nel suo seno convivevano infatti tendenze di sinistra, centro e destra a seconda delle classi di riferimento.
È importante ricordare che la Cina meridionale, rappresentata da Canton, aveva un vantaggio materiale non indifferente rispetto al resto del paese; infatti sin dal 1600 tale regione era riuscita, grazie alle particolari condizioni climatiche ed incroci delle varietà di riso, ad avere due od addirittura tre raccolti di riso all’anno anziché uno come nel resto del Paese. Cosa fondamentale dato che il riso oltreché elemento base dell’alimentazione consentiva di armare eserciti più numerosi e per periodi più lunghi.
Sempre a Canton inoltre il Kmt per non essere spodestato dai vari signori della guerra nel 1923-24 dovette fare affidamento sulle masse contadine ed operaie assumendo faccia e fraseologia rivoluzionaria; lo stesso Sun-Yat-Sen (a cui fu anche intitolata dai bolscevichi l’università per stranieri di Mosca) incontrò l’ambasciatore sovietico Ioffe e l’Urss invierà armi, mezzi e consiglieri militari in gran quantità al Kmt.
La situazione cinese presenta molte analogie con quella russa; un paese immenso, un’immensa popolazione oggi come allora (si stima di circa 400 milioni di persone) in maggioranza contadini poveri o poverissimi ed una classe operaia numericamente debole (2-8 milioni) ma socialmente imponente in quanto concentrata in poche grandi città: a Shangai come a Pietroburgo nel 1905 la concentrazione di proletari sul totale della popolazione era pari se non superiore a quella di Berlino o Londra.
A riprova marxista che il peso delle classi è un elemento dialettico e non tanto la somma aritmetica di numeri statistici come certi “rivoluzionari” ancor oggi sostengono (che è poi la visione economicista e gradualista propria dei menscevichi a cui in politica fa da contro-altare il mito della maggioranza da conquistare).
La differenza principale era che il marxismo era pressoché sconosciuto eccetto che per la versione anarchica; solo ai primi del 1920 le idee dell’Ottobre sono portate in modo informale e semiclandestino da emissari dell’Internazionale a due professori dell’università di Pechino - Cheng Duxiu e Li Dazaho, noti per le loro posizioni genericamente progressiste - grazie ai quali si inizia un lavoro di propaganda anche se all’inizio solo sul piano accademico con la confutazione alla luce del materialismo storico e dialettico di tutte le altre filosofie di interpretazione del mondo. Intorno ad essi si costituiscono abbastanza rapidamente gruppi di studio composti da studenti ed operai, le cosiddette “società per lo studio del marxismo”. Inizia una fitta corrispondenza con l’Internazionale con la traduzione in cinese di tutte le opere principali di Marx, Engels e Lenin.
È la scintilla iniziale; Cheng Duxiu, imprigionato per alcuni mesi per la sua opera di propaganda con la soldataglia del locale signore, della guerra, legato ai giapponesi che voleva ucciderlo, è costretto ad emigrare a Shangai dove continuerà la sua opera con risultati ancora più fecondi negli anni successivi.
Molti studenti conquistati alle idee comuniste vanno a lavorare nelle fabbriche, nelle manifatture, nelle ferrovie etc. per propagandarne i principi impegnandosi principalmente nella creazione di sindacati a caratterizzazione classista, allora inesistenti o totalmente corporativi. (ad es. gli scaricatori di porto erano divisi in gilde assolutamente separate a seconda che usassero per scaricare le navi le proprie mani, la testa o la classica pertica di bambù...).
In pochi anni saranno milioni i lavoratori iscritti al Segretariato Unificato dei Sindacati, ove i comunisti, tra i suoi fondatori, avranno un’influenza considerevole.
Nel luglio del 1921 nasceva quindi a Shangai il Partito Comunista Cinese - Gong Chandang in cinese - col proprio organo mensile “Il Comunista” ad opera di 13 delegati (tra cui il giovane maestro Mao Zedong) in rappresentanza dei sette gruppi comunisti sparsi per il paese, che seppur disomogenei per grado di assimilazione del marxismo contavano 57 militanti riconosciuti e 200 "Giovani".
Principali ispiratori ne furono i succitati Duxiu e Dazaho.
Il pre-esistente partito socialista, legato alla Seconda Internazionale ed ai cinesi d’Europa, fu sarcasticamente definito da essi “un partito nato tigre e diventato serpente” parafrasando un detto popolare. È da notare che quasi tutta la Gioventù Socialista, come in Italia, e molti anarchici passarono al PCC.
L’anno successivo i membri saranno rispettivamente 195 e 4mila, nel 1925 994 e 2600 e 20 mila in totale nel 1926. Suo limite fu certo quello di assimilare sin da subito il crescente gradualismo e frontismo che già promanavano dal 3o Congresso dell’Internazionale, ponendo perciò l’accento principale dell’attività sulla creazioni di sindacati, nella classica ipotesi della rivoluzione per tappe: prima si crea e rafforza il Sindacato e si fanno accettare alla borghesia conquiste salariali, poi si pensa ad unificare il paese contro gli Stranieri - magari in alleanza con l’ala “progressista” della “propria” borghesia - dopo si passa a preparare la Rivoluzione.
Il necessario ruolo dirigente del Partito Comunista viene annacquato, per così dire, nell’alleanza col Kmt.
Già dal 1922 esso, su precisa indicazione dell’Internazionale, entra nel Kmt per “conquistarlo dall’interno”.
Giugno 1925 - Canton e Hong Kong
A seguito di eccidi compiuti dai soldati inglesi sugli scioperanti di Shangai inizia a Canton ed Hong Kong uno sciopero generale, il più lungo di tutta la storia del movimento operaio durando infatti fino alla primavera del 1926 (!). I lavoratori eleggono i propri consigli di delegati revocabili che formano il Comitato di Sciopero e creano proprie milizie armate che vigilano sul rispetto dello sciopero. Si crea una classica situazione di dualismo di poteri col governo cantonese del Kmt. Il Comintern ha il proprio alleato in quest’ultimo, specie nella sua ala sinistra; il Pcc ubbidisce e non dà la parola d’ordine - doverosa per dei rivoluzionari coerenti - dell’estensione dei soviet a tutte le realtà della regione, specie nelle campagne. Il governo abilmente sfrutta il sentimento anti-inglese degli scioperanti in chiave nazionalista.
La borghesia cinese, seppur cautamente, appoggia lo sciopero sostenendo con donazioni le Casse di Resistenza dei Lavoratori per avvantaggiarsi commercialmente rispetto ai concorrenti stranieri.
Marzo 1926 - Canton
Il nuovo leader del Kmt Chiang-Kai-Shek fa occupare le sedi del Comitato di sciopero e delle organizzazioni operaie (Consigli, Sindacati) e arrestare i membri al fine testuale
di rimettere in riga i comunisti definendone i compiti e status come forze ausiliarie del Kmt con un colpo rude, ma non fatale.
Cioè con le sciabole e la galera.
Lezione magistrale che l’organo politico della borghesia cinese dà al proletariato contro la tesi zinovieviana/staliniana del “fronte unico di liberazione nazionale”, poi “blocco delle quattro classi” allora elaborata. E, contemporaneamente, a conferma delle Tesi del 2o Congresso dell’Internazionale sulla necessità primaria della totale autonomia politica e organizzativa del proletariato anche nelle lotte di liberazione nazionale, nonché del suo ruolo guida in esse.
Anzi, in ossequio alla disciplina (verso chi?? Non certo verso la Rivoluzione), il Pcc accetta di non poter avere propri giornali e circoli, di non svolgere nessun tipo di attività di propaganda tra lavoratori, contadini o soldati, di muoversi e parlare solo a nome del Kmt, il pensiero del cui fondatore è dichiarato “insindacabile e giusto” e di non avere nessun rappresentante di rilievo negli organi decisionali del Kmt. Inoltre il Kmt esige - accontentato - la lista dei nomi di tutti gli iscritti al Pcc presenti nelle sue organizzazioni (!).
Il Pcc in sostanza cessa di esistere come entità autonoma sotto le indicazioni dell’Internazionale guidata da Zinoviev. Suicidio politico o, da un altro punto di vista più coerente col marxismo, completa rispondenza alle esigenze di stabilizzazione del capitalismo russo in piena Nep, che spingeva per una rivoluzione democratico-borghese in Cina, e niente più, col potentissimo strumento dell’Internazionale e della sua disciplina, di cui anche la Sinistra Italiana stava allora subendo i colpi. Il giovane Pcc ovviamente aveva poche possibilità di resistere politicamente ed organizzativamente a tutto ciò, seppur alcune voci - ad es. Duxiu - si levarono timidamente contro la politica moscovita di appiattimento sul Kmt riprendendo le critiche di un Trostky già sulla via della sconfitta anche se in modo più moderato (ossia: appoggio esterno al Kmt).
Capovolgimento completo dell’impostazione del problema che era stata data nel 1920 al 2o Congresso: indispensabile ruolo guida del proletariato e del suo partito comunista, completa e totale autonomia politica,organizzativa e militare dello stesso. Il proletariato alla testa delle altre classi, non al suo rimorchio come massa di manovra.
L’importanza di questi eventi per le sorti della rivoluzione mondiale è tanto maggiore poiché tutto questo avveniva in coincidenza col grandioso sciopero generale che paralizzò per settimane la Gran Bretagna, in cui il primo ministro Lloyd Gorge dette la seguente celebre risposta alla Regina che gli chiedeva come mai non facesse intervenire l’esercito contro gli scioperanti
Vostra Maestà, così facendo, rischieremmo seriamente di trovarci coi Soviet a Westminster e Buckingham Palace...Aspettiamo che quest’ondata rivoluzionaria passi da sé.
Lo stesso Governatore Generale Britannico di Hong Kong, assediata e paralizzata da mesi di sciopero generale, riceveva risposta analoga alla sua richiesta di truppe per far cessare lo sciopero.
Parole che, non a caso, pochi anni prima aveva detto anche Giolitti a proposito dell’occupazione della fabbriche di fronte ai borghesi meno avveduti.
A riprova di come la borghesia nei momenti critici sia paralizzata e possa contare per la sua sopravvivenza principalmente - se non solamente - sulla mancanza di chiare indicazioni politiche nella sua classe antagonista, il proletariato.
Indicazioni che ovviamente possono giungere solo da un partito coerentemente rivoluzionario e sufficientemente radicato. Che, come detto sopra riguardo il “peso” del proletariato sul complesso della popolazione, non è tanto questione aritmetica del numero assoluto dei suoi militanti quanto del loro radicamento ideologico nei posti e nel momenti decisivi delle battaglie.
Fatto ciò il Kmt entra nel Comintern come partito “simpatizzante” e subito dopo inizia la cosiddetta spedizione del Nord volta ad unificare l’intero paese. Durante tale marcia i contadini, che vedono nell’esercito del Kmt coadiuvato dai consiglieri dell’Armata Rossa il proprio esercito di classe procedono a violente sommosse contro i latifondisti ed alla redistribuzione delle terre. L’arrivo dei soldati, accolti da folle festanti che sventolano bandiere e fazzoletti rossi insieme a quelli blu, simbolo del Kmt, mostra ben presto la dura realtà (e le analogie con le italiche folle festanti all’arrivo degli alleati non sono casuali..). Arresti in massa, esecuzioni e restituzioni di terre a quei proprietari scaltri quel tanto che bastava per schierarsi dalla parte del Kmt contro i vecchi SdG in tempo utile prima del loro arrivo. Nelle campagne esisteva da tempo una specie di esercito partigiano di contadini poveri denominato le “Picche Rosse” - V.Serge ne stima in circa 800mila-2milioni gli aderenti in tutto il paese - che fu letteralmente represso, scompaginato e poi sciolto dal Kmt su pressione dei proprietari terrieri.
Le vittorie militari del Kmt vengono enfatizzate a dismisura anche dal Comintern in chiave antioccidentale rendendolo credibile più che mai agli occhi dei proletari e contadini del resto della Cina.
Il Comintern continua a sostenere che bisogna sostenere il Kmt rinforzandolo di “sangue proletario”, fino a...farlo diventare un organismo di classe.
Febbraio-Marzo 1927 - Shangai
Proseguendo verso nord il Kmt arriva alle porte della città. Prevedendo a breve scadenza l’entrata in città delle truppe, i proletari della metropoli di oltre due milioni di abitanti insorgono contro i capitalisti stranieri barricati nelle loro Concessioni e che avevano concentrato in città un contingente di 15 mila soldati e 30 navi da guerra e contro il locale signore della guerra e la sua soldataglia. Organo guida ne è - in modo terribilmente significativo - il Sindacato Unificato che decreta lo sciopero generale e la formazione delle milizie operaie. Parola d’ordine “Appoggiare l’esercito del Sud, Viva Chiang- Kai-Shek !”... Male organizzata e preparata l’insurrezione viene repressa mentre l’esercito del Kmt resta acquartierato fuori Shangai per precisa volontà di Chiang-Kai-Shek che così vuole entrare in un città già parzialmente “ripulita”, dove migliaia di teste di proletari decapitati sono issate sui pali o portate in giro per la città dai soldati a monito e dove il “sangue scorre a fiumi” come riportano alcuni inorriditi cronisti occidentali. Alla fine di marzo il Kmt entra in città accolto con entusiasmo dalle masse, che nel frattempo erano nuovamente insorte in modo meglio pianificato formando per tempo centurie operaie che avevano assaltato l’Arsenale per impadronirsi delle armi e poi delle caserme per disarmare i soldati divenendo ben presto padroni delle strade.
Dopodiché l’esercito del Kmt era entrato in una città sotto il controllo dei proletari armati. Sempre sotto la guida del Sindacato Unificato.
Chiang-Kai-Shek si premura subito di accreditarsi come elemento “responsabile” presso le potenze occidentali con la formula magica “i rapporti tra capitale e lavoro non saranno toccati” che gli valse subito una loro donazione di 30 milioni di dollari e l’appoggio incondizionato delle potenti cinesi Camera di Commercio, dell’Unione delle Manifatture, delle Banche etc.
Gli Stranieri e la borghesia cinese, ma non i proletari, erano ben consci della situazione di estremo pericolo rappresentata dal dualismo di poteri esistente con migliaia di lavoratori in armi in città seppur privi di chiare prospettive politiche. Si rendeva quindi necessario il loro disarmo. Il Comintern rifiutò di armare le milizie operaie preferendo, assai significativamente, inviare armi e munizioni al Kmt ed ordinando alle stesse di nascondere le armi di cui erano in possesso “per non incorrere in provocazioni, per non dare a nessuno l’alibi per attaccare gli operai...” Chiang-Kai-Shek che non può fidarsi appieno del suo esercito che fraternizza sempre più spesso coi proletari in armi inizia a selezionarne al suo interno corpi scelti e meglio pagati.
Inoltre avvia contatti con gli esponenti della malavita cittadina per reclutare la manovalanza necessaria all’azione (altro esempio da manuale della contro-rivoluzione). Crea così delle specie di “squadracce” armate denominate Operai Nazionalisti che il 12-4 ad un segnale convenuto attaccano contemporaneamente i picchetti operai in tutta la città; dove essi resisteranno saranno sbaragliati dall’esercito ormai epurato con le mitragliatrici e le autoblindo, dove accetteranno il disarmo nel nome della pace tra le classi sancita da Chiang-Kai-Shek andranno incontro alle sciabole ed alla prigione. I morti proletari di quei giorni vengono stimati nell’ordine delle decine di migliaia. Il sindacato generale, il vero organo “guida” dei lavoratori, continuò in modo agghiacciante ancora per giorni ad accusare il Kmt di “lesa democrazia”, rinfacciandogli l’appoggio che i lavoratori gli avevano dato e a lanciare appelli alla buona volontà.
Negli stessi giorni a Pechino il locale SdG al soldo dei giapponesi lanciava con sinistra contemporaneità una propria campagna contro i comunisti e le organizzazioni operaie. Tra i molti assassinati dai soldati vi fu anche il fondatore del Pcc Li Dazaho. Fatti analoghi si ripeteranno nelle settimane successive in tutte le maggiori città cinesi. La borghesia di qualunque nazionalità e sotto qualunque impalcatura politica regolava così, preventivamente in questo caso, i conti col proletariato. Alla fine del 1927 il Comintern decise di far scoppiare “a freddo” un’insurrezione a Canton con gran impiego di mezzi, denaro ed uomini per non perdere la fiducia delle masse operaie e contadine nella sua sincera volontà rivoluzionaria; come prevedibile essa si risolse in una mera battaglia di strada con l’ennesimo inevitabile bagno di sangue per il generoso proletariato cinese dato che non vi era più nessun dualismo di poteri né situazione rivoluzionaria in essere. Azioni che, come rilevava Vercesi/Perrone su Prometeo pochi mesi dopo, “servono solo ad offrire alla mitraglia ed alla galera borghese la parte migliore, più generosa e disinteressata del proletariato facendone allo stesso tempo indietreggiare ed allontanare impaurita e disillusa la gran massa”.
Con la sconfitta del proletariato cinese nel 1927 si chiude definitivamente la possibilità storica dell’”assalto al cielo”.
Il Pcc cinese muterà definitivamente natura in partito contadino, nazionalista e filo-staliniano fino al raggiungimento del potere nel 1949 (si veda in proposito l’opuscolo di Partito “Per una critica del maoismo”).
Un potere sovietico in Cina - evento dimostratosi possibilissimo come risultato di un diverso corso degli eventi in Russia - verosimilmente avrebbe ridotto di molto i margini di manovra dei briganti imperialisti nella crisi del 1929, accelerandone lo sbocco bellico. Senza contare quale enorme influsso avrebbe potuto esercitare sull’altro gigante asiatico, l’India cioè, e quindi direttamente sulla Gran Bretagna.
La lezione cinese non fu assimilata dal proletariato internazionale mancante di riferimenti politici internazionalisti e 10 anni dopo il proletariato spagnolo si troverà infognato e sacrificato nella politica dei “Fronti Popolari/Antifascisti”.
Durante la seconda guerra mondiale toccherà a quello italiano e greco essere arruolati con tale modalità nel fronte di “liberazione nazionale”.
Dette lotte sono ancora oggi un discriminante fondamentale tra gli internazionalisti e tutta la variopinta fauna politica che affonda le proprie radici nello stalinismo più o meno consapevolmente (anche se sempre meno per la verità).
Fonti
- V.Serge - Le lotte di classe nella Rivoluzione Cinese del 1927
- AaVv - Origini e Sconfitta dell’internazionalismo in Cina 1919-27
- Pantarei Trotsky - Scritti e discorsi sulla Rivoluzione in Cina
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Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.
Prometeo #16
VI serie - Dicembre 2007
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