Lavorare da morire: il caso amianto

Il “Caso Amianto” e’ una bomba ancora inesplosa anche se parlarne oggi non fa certo “notizia” . Le direttive europee , e il loro recepimento da parte delle legislazioni nazionali sono numerosissime. Una grande mobilitazione legislativa insomma, iniziata nel 1983, oltre ai 28 milioni di euro stanziati recentemente dalla UE per ricerche, statistiche e smantellamenti in aree pubbliche. Paradigmatico ed esemplare per capire fino a quale punto lo sfruttamento del lavoro proletario e operaio sa spingersi, senza remore ed esclusione di colpi, con l’avallo criminale di istituzioni politiche, mondo scientifico e sindacati omertosi.

I numeri dell’amianto sono quelli di una strage, e sono ormai inoccultabili. Questa è la verità.

Si stima che tra il 2010 e il 2015 ci sarà il picco più alto di mortalità per malattie amianto-correlate, e parliamo esattamente, entro il 2025, di circa 30.000 morti per asbestosi, carcinomi polmonari, tumori del tratto gastro-intestinale, della laringe e di altre sedi, e mesotelioma polmonare, il tumore specifico legato all’amianto, di cui si conta moriranno circa 250.000 persone in europa nei prossimi 30 anni. La situazione emergenziale è evidente, oltre alla tragedia umana, una bomba ad orologeria anche per le finanze pubbliche. La mappa geografica del mesotelioma in Italia ricalca quella delle aree produttive e industriali che trattavano l’amianto, e segnala che la malattia e la morte hanno colpito prevalentemente chi era a diretto contatto con il minerale: chi lo estraeva nelle cave, gli operai dei cantieri edili che lo utilizzavano nelle costruzioni, quelli delle officine delle ferrovie dello stato che lo usavano per la coibentazione di rotabili e vagoni, e quelli delle industrie navali meccaniche (per esempio la Fincantieri, società del Gruppo IRI, azienda pubblica italiana, che ha prodotto la “Garibaldi”, l’ultima nave ammiraglia per la marina italiana nel 1985).

I primi morti per mesotelioma sono del 1965. Parliamo di Monfalcone, il paese con i piu’ grandi cantieri navali d’Italia (sempre Fincantieri) dov’è ancora in corso un a causa che coinvolge circa 600 persone. Eppure la legislazione italiana in materia ne riconosceva la pericolosità dagli anni ’30, ma la legge che ne ha vietato produzione e commercializzazione e’ la n. 257 del 1992. È questo l’enorme lasso di tempo che è servito alla legge per prendere atto della gravità delle conseguenze che l’amianto aveva sulla salute di chi lo lavorava, circa 60 anni, e intanto sono morti all’incirca 130.000 operai (solo in Italia ovviamente...). Per coloro che, vivi e non ammalati, non sono andati in pensione prima del ’92 (perché in questo caso non hanno diritti di sorta..), se hanno potuto dimostrare di aver lavorato a contatto con l’amianto per oltre 10 anni, una legge del 1993 aumentava del 50% gli anni contributivi, spingendo in pratica al prepensionamento. Ad oggi l’aumento è già stato ridotto al 25% dato il numero altissimo delle richieste, molte ancora inevase o rifiutate. E già si parla, in un disegno di legge del Senato del 2002, di creare dei fondi pubblici per risarcire i lavoratori, i primi due anni a carico dell’Inail e poi a carico delle assicurazioni private delle Imprese. Per evitare la caccia alle streghe, dicono.... I profitti dell’amianto però erano tutti privati, e lo sono ancora in moltissimi paesi, prevalentemente del sud e dell’estremo est del mondo, quelli in cui si continua a produrre e lavorare, e dove anche paesi occidentali “civili e democratici” continuano impunemente ad esportare. E qua? I costi della bonifica dell’amianto sono molto onerosi e a carico dei privati proprietari degli immobili, la legge che regolamenta la protezione degli operai che lo smantellano, e degli altri che eventualmente si trovano nei locali con amianto, è la n. 257 del 25 luglio 2006. Non c'è affatto da sentirsi al sicuro. Com’è noto a tutti la produzione non può fermarsi, chi smantella l’amianto spesso non è informato di ciò che fa, magari immigrati, meglio ancora se clandestini, e i controllori chiudono sempre almeno un occhio, perché la vita è la nostra e qualcuno ci vuole far credere che siamo “martiri” di questo capitalismo infame. Votati alla morte, per poche briciole, e per garantire il loro potere e la loro sfacciata opulenza.

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