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Home ›Condizioni e lotte operaie nel mondo
Bangladesh
Dal gennaio scorso il Bangladesh sta vivendo in una situazione di forte emergenza: il paese è infatti retto da un governo transitorio che fonda il suo potere su una legislazione straordinaria e che ha costretto all’esilio i precedenti leaders democratici.
Il regime sembra trovare forza e legittimazione dal sostegno degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, tanto che l’ex presidente Sheikh Hasina non riesce a lasciare l’Inghilterra per tornare nel suo paese.
La legislazione straordinaria ha in realtà colpito soprattutto il proletariato, tutte le dimostrazioni e assemblee politiche sono interdette e i sindacati, già deboli, sono oggi fuori legge. Il 20 aprile nel sud-ovest del paese dopo una settimana di sciopero dei lavoratori degli stabilimenti di juta, i padroni hanno reagito con una serrata. Gli operai stanno lottando per ottenere il pagamento di ormai venti settimane di salari arretrati.
Questa situazione va ad aggravare la consueta instabilità dell’attività nelle fabbriche di juta che è normalmente caratterizzata da periodici blocchi della produzione, sempre più frequenti in un quadro di crescente concorrenza dovuta alla maggiore diffusione di materiali sintetici. Tutto ciò ha fatto crescere la disperazione del proletariato che nonostante l’alto livello di repressione ha comunque deciso di lottare. Dopo la serrata per vari giorni gli scioperanti si sono duramente scontrati con la polizia. Molti studenti hanno sostenuto la lotta dei loro genitori scendendo in piazza al loro fianco, subendo violente cariche durante le quali molti di loro sono rimasti feriti.
La mancanza di strutture sindacali organizzate non sta affatto impedendo agli operai della juta di portare avanti con determinazione la loro battaglia, ma anzi ci sta mostrando come l’autorganizzazione sia l’unica via percorribile per la reale difesa degli interessi del proletariato.
Scandinavia
Il 24 aprile scorso il personale di bordo della Scandinavian Airlines ha iniziato uno sciopero non autorizzato contro le condizioni di lavoro in costante peggioramento. Già al secondo giorno di protesta più di 280 voli erano stati cancellati all’aeroporto di Copenaghen e circa 20 mila passeggeri sono rimasti a terra; si stima che questa agitazione stia costando alla compagnia circa 2,7 milioni di euro al giorno.
La compagnia ha denunciato i suoi dipendenti e il tribunale del lavoro della Danimarca ha dichiarato lo sciopero illegale. La SAS è la compagnia di bandiera non solo della Danimarca, ma anche di Svezia e Norvegia, l’agitazione si è però limitata al solo personale danese, rendendo la lotta meno efficace e gli scioperanti più esposti alla repressione.
Come purtroppo spesso succede nelle lotte operaie, i lavoratori sono divisi: tipologia di contratto, differenti stabilimenti produttivi, diverse nazionalità, non sono che alcune delle cause che portano alla frammentazione delle lotte e nei casi estremi al corporativismo.
Belgio
Anche in Belgio, i lavoratori dei trasporti stanno iniziando ad autorganizzarsi: il 20 aprile i dipendenti dell’azienda di trasporti pubblici di Bruxelles hanno infatti iniziato uno sciopero selvaggio. Il sindacato di categoria, dopo alcune trattative con l’azienda, ha affermato che lo sciopero non segue la legislazione sul lavoro ed ha quindi deciso, come prevedibile, di non sostenerlo in nessun modo.
Sempre in Belgio, gli operai dello stabilimento Opel, di proprietà della General Motors, hanno iniziato il 17 aprile una lotta dopo esser stati informati che la fabbrica non produrrà la nuova Astra e di conseguenza sono ben più che a rischio circa 1400 posti di lavoro.
Questa scelta è frutto della politica della General Motors di spostare la produzione nell’est Europa, dove il costo del lavoro è molto più basso.
Vittime di questa delocalizzazione sono sempre gli operai, anche in nord America 30 mila lavoratori rischiano il proprio posto. Nello stesso tempo anche i dipendenti della SLM, società dell’indotto Ford, stanno scioperando contro l’innal-zamento dei ritmi di lavoro e per l’aumento del salario.
Gli operai in sciopero si stanno scontrando col sindacato che aveva siglato un accordo inaccettabile con la proprietà e molti di loro hanno rifiutato di votare il nuovo contratto di lavoro.
Vietnam
Oltre 700 operai della Quinmax International Company, una fabbrica tessile di proprietà taiwanese, hanno scioperato a metà aprile per chiedere un innalzamento dei salari e condizioni di lavoro migliori.
Lo sciopero fa parte di numerose agitazioni che si susseguono da mesi in tutta la provincia, dove i lavoratori non hanno nè diritto alla sanità, nè alla pensione o alla maternità, e in alcuni casi sono costretti a lavorare la domenica, o fino a 1000 ore di straordinari all’anno.
Da Gennaio più di 30 mila lavoratori sono scesi in piazza, hanno scioperato e manifestato contro le condizioni di vita insopportabili.
Dopo un anno di lotte, il governo ha innalzato il minimo salariale, che è addiruttura più basso del 30% rispetto alla media della vicina Cina, ma gli investitori stranieri hanno già minacciato di spostare la produzione in altre zone se il costo del lavoro dovesse ancora aumentare.
jmBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #5
Maggio 2005
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