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Home ›I ferrovieri scioperano contro i licenziamenti
... Nell’indifferenza della Triplice e di tutti gli altri sindacati e sindacatini
Il 21 giugno hanno scioperato per la seconda volta per 24 ore i ferrovieri per chiedere il reintegro in servizio dei 5 macchinisti licenziati da Trenitalia negli ultimi 2 anni. Veniamo ai fatti: quattro sono stati licenziati in seguito all’inchiesta televisiva di Report, che mostrava macroscopiche lacune nella sicurezza e nella manutenzione del materiale rotabile destinato al traffico pendolari, ed uno nei mesi scorsi perché si era rifiutato di guidare un Eurostar dotato dell’ “uomo morto” o Vacma, un dispositivo nominalmente di sicurezza, ma che macchinisti, Asl ed Università sono concordi nel definire pericoloso e inutilmente stressante, perché distrae il macchinista durante la conduzione; infatti deve premere un pedale ogni 30 secondi, pena il blocco del treno. Teoricamente servirebbe per prevenire incidenti dovuti a malori del conducente, in pratica serve solo per risparmiare poiché consente di utilizzare un solo macchinista anziché due. Va considerato che in termini di sicurezza ogni addetto ai lavori sa che oggi esistono sistemi molto più moderni - il Vacma è una tecnologia vecchia di decenni - e sicuri, quali la ripetizione del segnale (rosso, verde etc.) in macchina e la comunicazione audio con la sala operativa che gestisce il traffico dei convogli. Per questi sistemi però servono attrezzature molto costose e perciò oggi presenti solo su akcune linee.
Va sottolineato che questa mobilitazione ha visto la totale assenza di Triplice sindacale, Faisa, Orsa (... nonostante l’ ultimo licenziato fosse un suo iscritto!) ed anche Sult che, pur combattivo in Alitalia, si è defilato pochi giorni prima dello sciopero con la motivazione di voler dare credito alle rassicurazioni del neo-ministro ai Trasporti appena insediato circa un suo interessamento per una risoluzione positiva della vicenda (ah, già, ora abbiamo un governo amico...).
Per cui a sostenere l’organizzazione dello sciopero sono rimasti la Cub ed il “Coordinamento 12 gennaio”, organismo nato dopo il disastro di Crevalcore (Bo) nel 2005 ad opera dei delegati Rls e Rsu, che finora ha mostrato ottimi segni di tenuta e combattività.
La percentuale degli scioperanti è difficile da quantificare sia a causa dei soliti balletti di cifre sia a causa dei “servizi minimi garantiti”, ma dovrebbe essere stata tra il 50% e l’80%. Sciopero riuscito perciò, a riprova che hanno aderito anche gli iscritti ai sindacati confederali, un dato questo da non sottovalutare.
Va detto anche che Trenitalia si era mostrata disponibile a reintegrare l’ ultimo macchinista come atto” umanitario” con la mansione di usciere “giusto perché tiene famiglia” - proposta immediatamente e sdegnosamente rifiutata dall’ interessato. Inoltre la direzione non ha prodotto le tabelle relative ai servizi minimi garantiti - cosa a cui hanno pensato autonomamente i ferrovieri ( e ciò ci mostra per inciso quanto utile sia oggi socialmente il padronato o management pubblico che sia...) - vuoi per congenita cialtronaggine, vuoi per aumentare di proposito i disagi per l’utenza per poi indirizzarne il malcontento contro i lavoratori o vuoi per poter così prendere nuovi provvedimenti disciplinari contro quei ferrovieri che non avessero rispettato le “fasce di garanzia” del servizio.
Il “Coordinamento 12 gennaio” è un’esperienza interessante perché si inserisce nel quadro di quelle lotte che i lavoratori stanno autorganizzando negli ultimi anni un po’ovunque e mostra buone capacità di mobilitazione dei lavoratori, prescindendo dalla loro appartenenza sindacale, a cominciare dai sacrosanti temi-base di sicurezza, salario e condizioni di lavoro. Sarebbe auspicabile che cercasse anche di uscire dai limiti della lotta di categoria raccordandosi con altre esperienze similari (es. Collettivo Precari Atesia, metalmeccanici etc.), come primo e necessario passo - sebbene non sufficiente - verso una più organica lotta anticapitalistica..
Due considerazioni infine sulla fase che stiamo vivendo; i licenziamenti nelle Fs purtroppo non sono isolati. Giusto il mese scorso il Tribunale del lavoro di Nola (Na) ha reintegrato gli 8 lavoratori appartenenti allo Slai-Cobas della Fiat e Tnt di Pomigliano d’Arco licenziati perché accusati di atti di violenza durante le assemblee di fabbrica (che erano state riprese in videocamera e che il giudice ha visionato) contro l’accordo sul contratto dei metalmeccanici. L’accordo, poi, fu bocciato e l’assemblea si concluse con la cacciata e gli insulti ai dirigenti sindacali - in seguito estensori della denuncia penale insieme alla direzione aziendale contro i “lavoratori ribelli” cui si unì poco dopo il coro dei mass media ( perfino il Manifesto parlò di “aggressione squadrista” di elementi esterni alla fabbrica contro i delegati Fiom/Fim/Uilm che parlavano ai lavoratori...).
Nel call-center Atesia ugualmente i lavoratori in prima linea nelle passate lotte contro la precarietà - vedi BC6 - sono stati licenziati o, meglio, non riassunti alla scadenza del loro contratto che è la nuova forma di licenziamento contro chi lotta contro queste forme di sfruttamento del lavoro; contro questa aggressione del capitale e dei suoi servi urge perciò riuscire a far circolare in queste lotte, che in futuro non potranno che aumentare, le parole d’ordine ed i principii internazionalisti: c’è sempre meno da contrattare con l’attuale sistema sociale, bensì ci sono (come diceva un tipo barbuto molto tempo fa) solo delle catene da perdere ed un mondo da conquistare.
dsBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #7
Luglio-agosto 2006
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