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Home ›Petrolio, risorsa strategica ancora per lungo tempo
Abbiamo più volte sottolineato che il petrolio e la rendita finanziaria ad esso legata spiegano tutti i conflitti imperialistici attuali. L'enorme consumo di questa materia prima, il suo preminente ruolo nella fornitura di energia ad ogni produzione, il conseguente flusso finanziario in dollari necessario per la sua commercializzazione e la rendita finanziari che si è costituita su questo flusso, sono gli elementi sostanziali per spiegare le guerre condotte dagli Usa nell'ultimo periodo. Non solo, la lotta per il controllo del petrolio è la chiave di interpretazione anche di tutte le guerre precedenti che hanno riguardato l'area medio orientale. Recenti documenti di cui ora parleremo, confermano il ruolo strategico di questa risorsa energetica ancora per molto tempo; di conseguenza il petrolio sarà ancora la causa scatenante dei più importanti scontri militari tra i grandi blocchi economici.
A settembre, l'Aie (Agenzia Internazionale dell'Energia) ha presentato a Osaka, durante il suo ottavo forum internazionale dell'energia, il World Energy Outlook del 2002. Il quadro che emerge dall'autorevole rapporto é drammatico. Primo: il consumo di petrolio è destinato ad aumentare vertiginosamente nei prossimi trenta anni passando dagli attuali 75 milioni di barili giornalieri a 120 milioni nel 2030 con un incremento del 60%. Secondo: nello stesso periodo le emissioni nocive nell'atmosfera dei paesi Ocse aumenteranno del 70%. Terzo: il ruolo strategico dei paesi arabi nell' approvvigionamento del petrolio, Arabia Saudita e Iraq in testa, crescerà conseguentemente dall'attuale 38% a al 54% e il ruolo degli altri produttori sarà solo complementare. Quarto: l'aumento annuale di domanda di energia, stimata all'1,7%, sarà soddisfatto al 90% dai combustibili fossili, in primo luogo dal petrolio, poi dal gas naturale, poi dal carbone. Quinto: la diversificazione delle fonti energetiche, che rimarrà un'operazione costosa rispetto all'estrazione del petrolio, rallenterà solo questo trend senza riuscire a scalfirlo significativamente. Sesto: il divario economico e il gap nei consumi di energia tra paesi avanzati e arretrati aumenterà ancora nei prossimi trenta anni portando in questi ultimi, con un aumento del 9 %, a 2,6 miliardi il numero delle persone che per scaldarsi e cucinare useranno solo la legna. Settimo: i paesi dell'Ocse non saranno in grado di rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti previsti dal protocollo di Kyoto.
Il rapporto, secondo gli accreditati estensori, vuole essere un monito per i governi che sono così invitati a porre al centro delle loro preoccupazioni le questioni energetiche e quelle ambientali ad esse connesse. È indubbiamente un grido d'allarme, precisiamo noi, di alcune istituzioni borghesi che si pongono non tanto dal punto di vista di questa o quella lobby petrolifera ma che mirano a salvaguardare gli interessi complessivi del sistema economico capitalistico indubbiamente impossibilitato a sostenere nel lungo periodo un tale drammatico insieme di problemi. È il punto di vista di una borghesia che si rende conto e si preoccupa delle sorti del suo stesso destino, seriamente minacciato come non mai da questo scenario, gravido di ulteriori sconquassi economici, sociali e ambientali.
Un recente scritto di Jeremy Rifkin sulla questione energetica completa il quadro andando a delineare, nello steso scenario di lungo periodo, la strategia dei blocchi economici che si contenderanno le fonti energetiche. Egli individua due precise tendenze: da una parte l'Europa, totalmente dipendente dal petrolio, che ha già iniziato a mobilitare tutte le sue forze per avviare una storica transizione verso un futuro di approvvigionamento energetico basato sull'idrogeno e sulle fonti alternative ai combustibili fossili; dall'altra parte gli Stati Uniti decisamente legati alla conservazione dell'attuale situazione incentrata sul consumo del petrolio. Rifkin fa notare come la prima automobile all'idrogeno presentata a settembre a Parigi al salone dell'automobile sia stata realizzata dalla americana General Motors con la quasi totale progettazione svolta da aziende europee (ingegneria, software e design). Inoltre mentre i giganti europei del petrolio, British Petroleum e Royal Dutch Shell, stanno investendo grosse somme per la ricerca e lo sviluppo dell' idrogeno come fonte energetica, le potenti compagnie americane come la Exxon Mobil dedicano pochi sforzi alla ricerca di fonti di energia rinnovabili. In mezzo la Russia, anch'essa con importantissimi interessi legati al petrolio, ma con riserve attuali di gas e petrolio pari alla metà di quelle dell'Arabia, destinate ad esaurirsi anche più velocemente con l'entrata nel mercato mondiale petrolifero delle sue compagnie.
Forse, aggiungiamo noi, le tendenze, ammesso che oggi siano così nettamente delineate, potranno subire forti cambiamenti quando gli Usa cercheranno, se saranno in grado di farlo, di recuperare il terreno perso. Difficile sarebbe pensare che la potentissima lobby petrolifera americana possa imporre senza alcuna conseguenza una scelta così perdente nel lungo periodo. È anche vero però che tutti i sistemi economici sono sempre decaduti proprio per il conservatorismo della classe che li dominava, quasi sempre più avvezza a godere a buon mercato dei propri privilegi che incentivata a ricercare nuove soluzioni, a modificare la realtà esistente.
Questi gli scenari tratteggiati sul lungo periodo; si tratta di modelli costruiti partendo dalla situazione attuale e ipotizzando, nei trenta anni futuri, sviluppo e consumi simili a quelli trascorsi. Il modello è solo teorico e serve esclusivamente da monito per la borghesia perché un simile sviluppo avrebbe delle conseguenze sul piano economico, sociale e ambientale talmente insostenibili che provocherebbero nella società, sicuramente prima dei trenta anni considerati, delle reazioni fortissime. Si pensi alle conseguenze di un ulteriore impoverimento delle aree economiche arretrate popolate da enormi masse di uomini ridotte già oggi alla miseria e costrette a esodi disperati dalle zone depresse; le reazioni a questa situazione stanno già provocando fenomeni difficilmente controllabili come la radicalizzazione di enormi masse di persone sotto le insegne dell'Islam e un terrorismo diffuso a scala planetaria. Si pensi ancora alla situazione ambientale già gravemente compromessa e drammaticamente alla ribalta con sconvolgimenti climatici che hanno un impatto sociale devastante (alluvioni incontenibili in alcune zone, siccità e drammatiche carestie in altre). Si pensi, per tornare a Rifkin, allo sconvolgimento che deriverebbe da economie non più basate sul consumo prevalente di petrolio: intere aree, Medioriente in testa, sarebbero messe in ginocchio e la stessa organizzazione sociale dei paesi capitalisticamente avanzati, oggi fortemente legata al consumo di petrolio, ne verrebbe sconvolta con conseguenti ripercussioni in termini di conflitti sociali. Insomma, prima di trent'anni il capitalismo, secondo gli attuali modelli di sviluppo economico, avrà prodotto tali conseguenze che tutto il quadro sociale, sarà inevitabile, verrà sconvolto. Non bisogna nemmeno sottovalutare la questione ambientale che avrà sempre più effetti economici rilevanti e determinanti sull'azione delle classi sociali. Difficile quindi pensare che si realizzerà questa prospettiva; strada facendo si imporranno problemi e conflitti che renderanno sempre più evidente il dilemma che l'umanità dovrà risolvere: o la barbarie del capitalismo o la la realizzazione di una società basata su nuovi rapporti di produzione che prescindano dalla disastrosa logica del profitto che informa quelli attuali.
clBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #10
Ottobre 2002
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