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Home ›Per una Rifondazione... del nazional-comunismo
Al recente Comitato Politico Nazionale del PRC (14 - 15 settembre), la guerra - posta come elemento centrale dell'agenda politica del partito - è stata interpretata come "una tendenza che costituisce il nocciolo dell'attuale capitalismo". In quanto tale (ed evidentemente nella speranza di modificare questo capitalismo per farne uno... migliore) può essere fermata con...
la determinazione di un baricentro per un vero e organico movimento per la pace all'altezza dei nostri tempi. Il movimento dei movimenti è la sua leva.
All'Europa Bertinotti guarda quindi come un possibile...
soggetto tendenzialmente fra i protagonisti della lotta per la pace.
Un'Europa che:
finalmente si materializzi come un soggetto politico e si opponga alla guerra [e che] faccia precipitare dal punto di vista politico la sua latente opposizione. Una circostanza che oggi non è politicamente data.
Conclusioni:
la guerra sarebbe però evitabile se l'Europa esprimesse con nettezza una propria autonoma soggettività ed un progetto alternativo in grado di interloquire con le divisioni che pure vi sono negli Usa.
Dopo di che, fermando la guerra, potremo avere "la possibilità di costruire delle relazioni stabili a livello internazionale". Povera Europa capitalista, così "condannata - per le sue posizioni incerte - ad una paralisi politica"...! Costretta a subire un imperialismo che da oltranzista si potrebbe costringere ad un atteggiamento quanto meno... moderato.
La relazione di Bertinotti ha poi sfiorato quella ragion d'essere del partito che si accentrerebbe sulla famosa "costruzione dell'alternativa" all'attuale governo di destra, verso un governo di "sinistra" strategicamente fondato sulla...
costruzione del blocco sociale e del blocco storico su cui si impegnò il movimento operaio e comunista nel novecento.
Una rifondazione, dunque, al seguito delle tattiche e strategie ispirate da quella filosofia della prassi che ebbe in Gramsci il suo "ideatore" e che, oltre alla deformazione in chiave idealistica del materialismo storico, produsse nefasti risultati sul piano politico, aprendo le porte al nazional-comunismo di Togliatti e soci (anche se è soprattutto al pensiero e alla prassi del secondo, cioè del Migliore, che la compagine bertinottiana si rifà). Al dilemma del che fare, ossia al come dare un minimo di linea programmatica sulla quale il popolo della sinistra dovrebbe marciare, si comincia innanzitutto a rispondere con affettuosa e costante simpatia verso il keynesismo. Al punto che la sua attuale "cancellazione provoca una totale perdita di prospettive nel pensiero e nelle politiche economiche". Ecco perché gli economisti, di fronte alla recessione economica, si troverebbero in difficoltà...
In concreto, e al seguito del "grande economista americano e premio Nobel, Paul Samuelson", che altro fare se non "prestare grande attenzione alla questione distributiva, così come facciamo per quella dei diritti?".
Dagli interventi trapelano non pochi "disagi", a cominciare dalla federazione di Milano (da sette mesi senza una segreteria eletta a maggioranza dal federale), per finire alla constatazione di un patto congressuale concordato (cioè con una maggioranza articolata che non avrebbe dovuto mettere in discussione la gestione comune del partito sul territorio) ma non rispettato. Il risultato sembra essere quello di "un clima da congresso permanente, che avvelena i rapporti interni". Qualcuno si è persino accorto della "mancanza di una seria piattaforma politica e di una identità comunista del partito"; un partito ossessionato dalla "centralità del movimento dei movimenti". Altri hanno chiesto "una efficace piattaforma economico sociale" o hanno a loro volta invocato il progetto di "un keinesismo sociale europeo"; altri infine si sono aggrappati alla "innovazione e all'autoriforma" di un partito appena rifondato ma che "non gode di ottima salute, e che anzi si trova in una crisi profonda." E Bertinotti spiega: "c'è la crisi della sinistra (borghese, aggiungiamo) e anche noi siamo interni a questa crisi..."
La minoranza "trotskista" (Leone ci perdoni), aggrappata ad una non meglio identificata concezione del partito che - anch'essa a rimorchio del pensiero togliattiano - dovrebbe essere contemporaneamente gramsciana e leninista, incita alla battaglia per un'egemonia in grado di cavalcare (innescandola e dirigendola) "una possibile esplosione, sociale e politica, contro il governo". Quindi, "parola d'ordine centrale: la cacciata di Berlusconi", e per questo è necessario "proiettarsi verso l'insieme delle ragioni popolari, sociali, politiche, democratiche", eccetera. Ecco allora pronta la "piattaforma di lotta unificante" che dovrebbe "infilarsi in tutte le pieghe della protesta sociale e popolare", per far propri gli obiettivi che i social riformisti radicaleggianti ci hanno già propinato in tutte le salse e in tutte le occasioni nelle quali si trattava di attirare, su ben altre strade che non fossero quelle della lotta di classe, una possibile crescita della protesta e della resistenza proletaria agli attacchi del capitale.
"Per una alternativa dei lavoratori", questo sarebbe l'obiettivo. Anticapitalista, aggiunge qualcuno; ed ecco uscire alla luce il più demagogico e servile dei programmi socialdemocratici di raddrizzamento delle gambe storte del capitalismo e della borghese società. Fatto apposta per trascinare le masse in un'ennesima sconfitta. Naturalmente, i rapporti di produzione non sono messi minimamente in discussione, anzi, se necessario si rafforzeranno, concentrando l'attenzione su quella illusione che da mezzo secolo almeno incatena la classe operaia alle sorti del capitalismo: un'equa e giusta distribuzione delle merci prodotte.
Si valorizzi, dunque, il lavoro salariato; si introducano le famose 35 ore (salvaguardando produttività e profitto aziendale); si attui il controllo dei prezzi; si abolisca il segreto commerciale; si nazionalizzino, senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori - udite, udite! - "le compagnie d'assicurazione". Siamo, in fondo, al suggerimento di qualche misura che, un domani e in casi estremi, sarebbe compatibile (qualcuno lo ha fatto!) con un capitalismo che, dopo la maschera del liberismo, fosse pronto ad indossare quella della "democrazia economica", all'inseguimento dei progetti di piena occupazione, della innovazione di prodotto e di uno sviluppo industriale, fondato sulla conservazione dell'azienda capitalistica e compatibile con l'ambiente... Infine, con un colpo al cerchio e uno alla botte del capitalismo, e come ispirazione ideologica del tutto, si tratterebbe di "far riemergere quella vasta coscienza antifascista, già costruita e diffusa ai tempi delle grandi lotte storiche del Pci."
A conclusione, ecco nuovamente il Bertinotti pensiero che non trova di meglio, in un suo momentaneo dissenso con Toni Negri, che elogiarne l'autorevolezza, come sempre ha fatto. Un Bertinotti che non vuole il partito Arlecchino e per questo chiede a chi dissente di salvare almeno la faccia delle opinioni del partito quando si scrve su Liberazione; che insegue i movimenti popolari per non essere marginalizzato; che cerca di mascherare una certa sua doppiezza (da alcuni criticata) con una pretesa articolazione politica:
Del resto, anche il Pci, nei suoi momenti migliori, ha praticato un'articolazione dell'iniziativa, di posizioni e collocazioni: semmai il nostro è un problema di deficit di articolazione...
Movimento, compagni, movimento!
dcBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #10
Ottobre 2002
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