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Home ›Per l'OCI si scrive Lenin ma si legge Kautskj
La guerra dei Balcani ha chiarito la vera natura di certi sedicenti internazionalisti
La guerra è un evento così estremo che è quasi impossibile sottrarsi al suo tragico fascino se non si è capaci di andare alle sue radici e comprenderne le cause che la determinano. L'indagine critica dell'economia capitalistica condotta dal marxismo è riuscita a svelare in modo compiuto i nessi tra essa e le contraddizioni del processo di accumualzione del capitale e specificatamente quella da cui si origina la caduta tendenziale del saggio medio del profitto motore delle crisi e dei processi di concentrazione e centralizzazione dei capitali. Lungo questo filo conduttore, Lenin nel suo " L'imperialismo ultima fase del Capitalismo", ha dimostrato la stetta connessione che vi è tra lo sviluppo dei monopoli, l'approdo del capitalismo al suo stadio imperialistico e la guerra. Muovendo da queste premesse teoriche egli pervenne, poi, alla sua tesi, esposta nel marzo del 1915 nella famosa conferenza di Zimmerwald, secondo cui, essendo la guerra un prodotto delle contraddizioni del capitalismo ovvero un prodotto dell'imperialismo, la risposta a essa non poteva che essere rivoluzionaria e non nel senso di una generica agitazione a favore della pace, ma di uno sforzo per "trasformare la guerra imperialistica in guerra civile".
Negli stessi anni, e in via del tutto autonoma, perveniva alle stesse conclusioni di Lenin anche il giovane Bordiga già fortemente impegnato nella battaglia che porterà poi alla fuoriuscita della corrente di sinistra da lui guidata dal vecchio partito socialista e alla fondazione, nel 1921, del Partito Comunista d'Italia.
La relazione crisi/guerra/caduta tendeziale del saggio del profitto, che poi, in ultima istanza, è la denuncia che la guerra è un prodotto del capitalismo, è stata ed è tuttora, dunque, un punto fermo del marxismo rivoluzionario per cui metterlo in discussione significa automaticamente mettere in discussione tutto l'impianto della critica marxista dell'economia capitalistica. Nel corso del tempo, nonostante non siano mancate differenziazioni, polemiche e contrapposizioni anche frontali nella valutazione delle diverse guerre che il capitalismo ci ha regalato, mai alcuno, in special modo nella sinistra comunista, lo ha fatto tanto più che la teoria marxista della guerra ha ricevuto da ben due guerre mondiali la sua definitiva conferma. E, a meno che non si voglia credere alla favola dell'intervento umanitario o delle guerra come scontro fra civiltà diverse, anche quelle in corso nei Balcani e quella endemica contro l'Iraq sono li a dimostrarne la sua stringente attualità.
Di quanto abbiamo fin qui affermato esiste una documentazione così ampia che è pressocchè impossibile per chiunque, e per qualunque ragione, si sia avvicinato al marxismo non venirne a conoscenza. Non così deve essere stato per l'Oci; apprendiamo, infatti, dalla lettura di un recente articolo apparso sul loro giornale, dopo un incredibile tentativo di distinguere fra i propri possibili interlocutori su base - come dire? - ematologica e l'immancabile peana a Bossi e alla sua Lega, che tale relazione sarebbe poco più di una stravaganza da intelletuali acchiappanuvole. Leggiamola, dunque, questa perla: "Ci tocca dire qualcosa anche a proposito di certe intrepretazioni...che hanno corso in certi ambienti "rivoluzionari" che osano, talora, persino richiamarsi alle tradizioni della sinistra comunsita.
Abbiamo letto da alcune di queste parti che, nelle guerre in corso, non c'entra l'Iraq, non c'entra la Serbia, non c'entrano i popoli oppressi, i quali soffrono della "sola" scomoda situazione di trovarsi piazzati in punti vitali dello scontro inter-imperialistico, dal momento che l'unica realtà di tali guerre consiste in tale scontro causato dalla "caduta tendenziale del saggio del profitto". Noi credevamo, con Lenin e Bordiga, di sapere che lo scontro inter-imperialistico si fa per e sulla pelle dei popoli del mondo, sulle terre votate alla spartizione e al macello. Credevamo di sapere che la caduta non tendenziale, ma effettuale delle bombe su di essi chiama i popoli direttamente coinvolti a ribellarsi e che questo è il fattore decisivo in grado di rimettere in moto la guerra internazionalista di classe chiamando alle proprie responsabilità le metropoli..". Lo confessiamo: fin qui non ritenevamo fosse possibile scrivere in così poche righe tante sciocchezze e ne diamo incondizionato merito all'anonimo autore! Ma ritorniamo all'imperialismo e alla guerra. Dunque la guerra non c'entra con la caduta del saggio medio del profitto. Ma se è così perché è imperialistica? Se non è per la rendita con cui viene integrato il saggio medio del profitto in diminuzione, che il controllo del petrolio assicura, per quale motivo l'Iraq è sotto tiro? L'idea che l'imperialismo non traesse origine dallo sviluppo dei processi di concentrazione del capitale e non fosse uno stadio irreversibile del capitalismo, ma piuttosto "una politica" - come sarebbe se lo scopo della guerra all'Iraq o alla Serbia fosse solo quello di fare la pelle ai "popoli" serbi e iraqeni perché "eroici" oppositori dell'"imperialismo occidentale" e indipendentemente dalla collocazione di questi due paesi rispetto alla lotta inter-imperialistica per il controllo del petrolio e delle sue vie - è stata una delle tesi caratteristiche di Kautskj e dei partiti della Seconda Internazionale che Lenin e Bordiga avversarono con tutte le loro forze fino alla rottura con essi. Ed è falso anche che siano le bombe il motore della ripresa rivoluzionaria della lotta di classe. Tutte le guerre combattute in questo secolo e sotto tutte le latitudini ivi comprese quelle cosidette di liberazione nazionale si sono immancabilmente concluse con la vittoria dell'uno o dell'altro fronte dell'imperialismo. Solo nella prima guerra mondiale si è verificata una frattura di classe nel pieno della guerra ed è stata la rivoluzione russa del 1917 e cioè nell'unica circostanza in cui, coerentemente con la teoria marxista, il proletariato, sotto la guida del Partito bolscevico, ha risposto alla guerra con la pratica del disfattismo rivoluzionario. Sostenere oggi, quando è più evidente che mai che l'imperialismo è la fase ultima del capitalismo e perciò non può meritare neppure una goccia del sangue proletario, significa essere lontani le mille miglia da un qualunque ancoraggio al punto di vista di classe.
D'altra parte è solo con l'approdo alle tesi fondamentali del riformismo e dell'idealismo che può essere spiegato anche il loro considerare il criterio di classe (il considerare cioè la società divisa in classi) applicabile solo all'occidente metropolitano, ma non ad altre situazioni, fra le quali la Yugoslavia, alle quali, invece, viene applicato il borghesissimo oltre che ultramistificante concetto di popolo per cui il disfattismo rivoluzionario va bene solo nei paesi dell'Occidentale metropolitano e non anche, per esempio, in Yugoslavia e in Iraq. L'Oci può credere al lupo cattivo, a Bossi, a dio e alla jihad islamica. Può credere anche che Milosevic e Saddam sono gentiluomini d'altri tempi e baluardi insostituibili nella lotta contro l'imperialismo. Può crederlo anche contro ogni evidenza; ma con tutto ciò Lenin e Bordiga no, non c'entrano proprio. Qui ci troviamo, per opportunismo o per ignoranza poco importa, di fronte allo stravolgimento dell'abc del marxismo.
gpBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #5
Maggio 1999
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