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Home ›E il massacro continua
Ma quanto dura una guerra umanitaria? Il tempo necessario perché l'imperialismo americano possa portare a compimento il suo progetto contro i resti della Yugoslavia per integrare i Balcani una sorta di protettorato di Washington in chiave strategica ed economica. Le ragioni di questo infame massacro stanno tutte nella logica dall'attuale fase imperialistica post guerra fredda.
Mentre l'opinione pubblica internazionale è costretta a bere il bicchiere sempre pieno della menzogna propagandistica anti serba, sorretta come non mai dai mezzi stampa e di informazione televisiva, l'esercito Usa-Nato continua a vomitare su tutto il territorio iugoslavo tonnellate di bombe e di missili con una capacità distruttiva cieca e inumana sia per la popolazione civile serba che per quella albanese cosovara, che la più cinica e idiota delle motivazioni vorrebbe che fosse il movente umanitario di questa immane strage.
Le ragioni, lo sappiamo, sono di ben altra natura. In gioco c'è una pluralità di interessi che vanno ben al di là del Kosovo, la partita si gioca sulla pelle dei cosovari e serbi e albanesi ma la posta in palio è a migliaia di chilometri di distanza. Una porzione di questa posta in palio è rappresentata dal controllo del petrolio caspico che secondo i piani americani, con i soldi del Fmi, dovrebbe avere uno dei suoi terminali proprio nella zona compresa tra Macedonia e Kosovo per arrivare a Valona in Albania, con il dichiarato intendo di escludere la Russia e di gestire i rifornimenti petroliferi europei e la rendita che ne deriva. Un'altra porzione riguarda il progetto americano di cogliere l'occasione per rendere necessaria l'estensione della Nato all'Europa dell'est in modo da sviluppare il proprio dominio militare, a garanzia di quelli politico ed economico, a tutta l'Europa, dal Portogallo sino ai confini della Bielo Russia.
La terza è un monito esplicito all'Europa, ai suoi balbettanti tentativi di ergersi a polo imperialistico anti Usa, al ridimensionamento preventivo delle sue ambizioni, per un incondizionato allineamento alle strategie Nato, pena il rischio, peraltro già in atto, di ritrovarsi la guerra in casa senza avere nemmeno la possibilità politica di opporsi a decisioni prese oltre oceano per interessi che non le sono propri se non addirittura contrari.
Il mezzo o la trappola che ha fatto scatenare tutto questo è stato relativamente semplice. Sulla scorta di una crisi già in atto tra la Serbia e popolazione albanese del Kosovo, gli Usa hanno messo in atto un dispositivo a tenaglia nei confronti di Milosevic. Da un lato la Cia ha consentito il riarmo dei separatisti dell'Uck sino a trasformare una banda di non più di settecento uomini, disorganizzati e incapaci di offendere l'esercito di Belgrado, in un esercito di trenta mila uomini munito di armamento pesante e in grado di agire sul territorio. Dall'altro, una volta esasperato il conflitto con tanto di repressione serba nei confronti della guerriglia separatista, si sono poste a Rambouillet condizioni che il governo di Milosevic non avrebbe mai potuto accettare. Una delle condizioni, quella meno pubblicizzata che non sempre appare nei resoconti ufficiali proposti dalla stampa nazionale, recita che la presenza di forze militari a difesa della popolazione albanese non si limita al territorio cosovaro ma all'intero territorio iugoslavo, Serbia compresa. Un simile comportamento aveva come scopo quello di esasperare la reazione di Milosevic e, contemporaneamente, di isolarlo dai negoziatiti in modo da farlo apparire come l'unico responsabile dell'intervento militare Nato-Usa in chiave umanitaria in favore dei profughi cosovari.
Fatta scattare la trappola, eliminata la Russia dalle trattative ufficiali, costretti i governi europei ad un forzoso allineamento, il massacro è cominciato rendendo ancora più inumane le condizioni di sopravvivenza di centinaia di migliaia di profughi che in teoria si volevano difendere. Dopo 40 giorni di bombardamenti su obiettivi civili e militari, spesi 40 miliardi di dollari, la Nato non ha ancora predisposto i campi di prima accoglienza per i profughi. Tutto quello che sinora è stato fatto va ascritto al volontariato prevalentemente italiano, alle associazione umanitarie e al tardivi peraltro intervento della Croce rossa internazionale. Nessuna meraviglia, i profughi, le loro sofferenze artatamente usate dalle televisioni occidentali, non erano lo scopo dell'intervento della Nato, il vero obiettivo era ed è quello di trasformare i Balcani in una sorta di protettorato militare dell'alleanza atlantica, ovvero degli Usa. Prima ancora di Rambouillet erano stati elaborati piani di spartizione del Kosovo da parte della Nato secondo ipotesi di occupazione del territorio che rispettassero le gerarchie europee scandite dal loro grado di allineamento nei confronti del governo americano.
La gestione del petrolio quale materia prima strategica, la sua erogazione,il suo trasporto attraverso gli oleodotti, la rendita petrolifera, l'amministrazione dei rapporti di subordinazione dei paesi alleati che se ne servono, presuppongono in questo caso il controllo del territorio. La zona balcanica, in quanto terminale del progetto petrolifero finanziato dal Fmi, deve essere ripulita dalla presenza di regimi ostili o di non facile assoggettamento alle strategie proposte dalla logica dell'imperialismo. Una sorta di pulizia etnico petrolifera di cui i resti della Yugoslavia sono il principale obiettivo.
Il massacro continuerà sino a quando il progetto di assoggettamento dell'area non sarà concluso. Nella logica dell'imperialismo, spinto alla barbarie della guerra dalla necessità di sopravvivere alle sue stesse contraddizioni, tutti i mezzi sono buoni, tutte le menzogne hanno una loro giustificazione, purché l'obiettivo venga raggiunto nei tempi e nei modi che le modalità di estorsione del profitto e di mantenimento del saggio del profitto impongono. Il capitalismo è imperialismo, l'imperialismo è guerra e tutte le guerre sono l'espressione della barbarie sociale a cui l'umanità proletaria è destinata se non sarà in grado di rovesciare i rapporti economici che le determinano.
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #5
Maggio 1999
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