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Dalla guerra del Golfo allo scandalo Clinton, le nuove tecnologie della comunicazione al servizio dell’imperialismo Usa
Da mesi si protrae lo spettacolo del Sexgate, con i media scatenati a raccontarci nei minimi particolari i fatti piccanti svoltisi durante gli incontri tra Clinton e la Lewinsky. Come se il mondo si fosse fermato e guerre, fame e tutte le innumerevoli atrocità che il capitalismo planetario produce e riproduce quotidianamente si svuotassero della loro drammaticità passando in secondo piano per fare posto alle analisi psicologiche sulle manie sessuali e sugli atteggiamenti da bambinone non cresciuto del presidente.
Perché un fatto come questo utilizzato dalla fazione politica borghese repubblicana per colpire gli avversari non rimane maggiormente circoscritto entro i limiti nazionali ma è dato in pasto a miliardi di persone? Per di più con metodi tanto screditanti la massima autorità dello stato?
La vicenda assume un significato emblematico nei suoi molteplici aspetti, in quanto mette in luce le nuove forme del dominio ideologico borghese, facendo intravedere per il futuro scenari di orwelliana memoria. Con la differenza che gli individui non si vedranno costretti a recitare un copione già scritto attraverso la forza brutale e immediata di un apparato sempre presente quanto invisibile, ma piuttosto col bombardamento di immagini e parole apparentemente diversificate e libere, formalmente al servizio dell’utente il quale potrà formarsi una propria opinione.
La realtà delle cose, invece, è ben diversa, il grande calderone multimediatico dell’informazione alla fine conduce a un punto preciso: al tentativo di domare totalmente i cervelli all’interno di schemi funzionali alla conservazione del capitale, svuotati da qualsiasi capacità critica autonoma della realtà presente. In sostanza la realizzazione più raffinata della dittatura democratica borghese senza che il pubblico la percepisca come tale.
Il primo dato della vicenda, come già abbiamo detto, è la lotta per il potere tra il partito repubblicano e quello democratico, in previsione fra l’altro delle prossime elezioni parlamentari di novembre. Come accade anche negli altri paesi avanzati oramai le differenze tra i vari partiti borghesi, di destra e di sinistra, hanno perso qualsiasi contenuto anche ideologicamente fittizio che in qualche modo li differenzi. D’altra parte il sostrato costituente tutte le forze politiche borghesi è lo stesso, ovvero la difesa del sistema capitalista e quindi fare pagare i costi della crisi alla classe lavoratrice. Da qui la ricerca di surrogati per gli elettori, molto spesso basati sulle virtù personali dei vari candidati o su argomentazioni esteriori che in determinate circostanze, nei momenti più acuti dello scontro politico interborghese, possono scadere in colpi bassi di dubbio gusto e nella bieca polemica scandalistica.
Un’altra caratteristica della vicenda riguarda i mezzi di comunicazione considerati in se stessi, in primo luogo la televisione, che pur di aumentare l’ascolto sono costantemente alla ricerca dello scoop e girano e rigirano quelle notizie che più si prestano a suscitare curiosità morbose e un basso istinto triviale, sviando l’attenzione dai reali problemi. Contribuendo a determinare nell’individuo isolato e spoliticizzato un senso di vacuità e d’impotenza rispetto all’ambiente circostante, sentito come ostile e immutabile.
Ma la posta in gioco di gran lunga più importante che sta dietro il sistema della comunicazione ha un duplice aspetto. Da una parte l’enorme business delle nuove tecnologie, oltre a quelle tradizionali, dai sistemi via cavo e via satellite, alle frontiere del cyberspazio di cui Internet costituisce solamente l’inizio, capaci di coprire l’intera rete mondiale dell’informazione. Di conseguenza in grado veramente di globalizzare opinioni e comportamenti in modo totalizzante. Da questo punto di vista gli Stati Uniti sono nettamente i più avvantaggiati dato il monopolio quasi esclusivo di tali mezzi.
L’altro aspetto ancora più determinante che vede gli Usa impegnati con il massimo sforzo in questo campo, riguarda la riaffermazione della propria supremazia imperialistica di cui il controllo del sistema informativo costituisce oggi uno strumento di non secondaria importanza. La guerra del Golfo insegna, Gli Stati Uniti sono riusciti a convincere l’opinione pubblica mondiale della giustezza dell’intervento militare costruendo una montagna di falsità, propinando a getto continuo immagini prodotte ad arte come in una sceneggiatura per film.
La telenovela clintoniana è un ulteriore tassello che va nella stessa direzione: assuefare l’opinione pubblica internazionale al suono delle solite campane d’oltreoceano, importante è essere sempre presenti anche a costo di apparire a volte ridicoli. Le borghesie dei paesi europei, incapaci per il momento di contrastare lo strapotere americano, hanno reagito allo spettacolo con la solita sufficienza deridendone il moralismo puritano. Cogliendo l’occasione, tuttavia, per elogiare se stesse alimentando strumentalmente il dibattito, attraverso gli opinionisti di regime, nell’intento di fare credere ai propri proletariati che gli Stati Uniti come le altre democrazie occidentali non guardano in faccia nessuno, nemmeno i potenti, quando si tratta di applicare la legge in nome della giustizia.
Il capitalismo come una piovra avvolge tutto con i suoi tentacoli. Quanto più sembra forte e inattaccabile tanto più esso sviluppa i presupposti della sua dissoluzione. La crisi economica capitalistica con tutto il suo fardello di miseria rimescola le carte e potrà spingere in futuro il proletariato a non subire più il ruolo di semplice comparsa.
cgBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #10
Ottobre 1998
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