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Nel dicembre 1943, alla ripresa su vasta scala delle agitazioni sociali, il Partito lancia invano un appello per la creazione di un Fronte Unico Proletario contro la guerra, fondato sull'unità dei lavoratori indipendentemente dalla loro ideologia politica.
Il 10 febbraio de 1945, nella imminenza di possibili moti insurrezionali e nella prospettiva di una nuova fase di lotta politica aperta, il Comitato di Agitazione del Partito Comunista Internazionalista rivolgeva un appello ai Comitati di agitazione di fabbrica clandestini.
Non si chiamava in causa i Comitati Centrali dei partiti a tradizione proletaria poiché l'appello partiva dalla premessa della impossibilità di trovare “un benché minimo comune denominatore ideologico e politico” per una intesa di azione rivoluzionaria. La profonda crisi aperta dalla guerra indicava nel proletariato il solo protagonista per una nuova storia del mondo, alla condizione che “esso abbia preventivamente risolto il problema della sua unità nell'organizzazione e nella lotta”. Una unità irrealizzabile sul piano del C.L.N., assertore e animatore delle ragioni e delle finalità della guerra democratica e non degli obiettivi storici della classe operaia.
Richiamandosi chiaramente alla unità classista del proletariato contro la guerra e contro i suoi agenti fascisti e democratici, l'appello veniva inviato a PCI, PSIUP, PIL, Federazione Comunista Libertaria, Partito d'Azione, e sindacalisti rivoluzionari. Solo i comunisti libertari e i sindacalisti rivoluzionari risponderanno affermativamente. Ma il rapido succedersi degli avvenimenti sul piano militare e l'aggravarsi della situazione politica generale, portavano di fatto al superamento di un ultimo tentativo tattico, che concludeva la esperienza della Sinistra Italiana nella applicazione del “fronte unico dal basso” preconizzato dal P.C. d'Italia durante la polemica degli anni 1921-23 con l'Internazionale Comunista.
Ed “è ovvio - osserverà Prometeo dell'aprile 1945 - che l'unità classista del proletariato non può trovarsi né oggi né domani sul piano di accordi fra partiti operai” divisi dalla pratica del compromesso con la borghesia, gli uni, e da un atteggiamento esplicito di classe, gli altri.
L'unità operaia non può realizzarsi che alla base, sul posto di lavoro, in organismi unitari in cui la classe operaia sia rappresentata democraticamente nell'interezza delle sue diversificazioni politiche, ed i suoi interessi contingenti e storici siano affermati da legami innaturali e comunque contingenti con organismi legati alla guerra e ad una politica di collaborazione.
Da Prometeo, aprile 1945
Le parole d'ordine e la considerevole attività svolta dal Partito in contatto diretto con i lavoratori, nonostante l'esile organizzazione e la difficile lotta su due fronti e contro due blocchi politici e militari del capitalismo...
smentivano categoricamente le accuse di settarismo e di astratta intransigenza lanciata da molte parti all'indirizzo politico del P.C.Internazionalista. I comunisti internazionalisti erano per il fronte unico che non partisse dai vertici che non fosse concordato tra gli esecutivi dei partiti in nome della guerra; i comunisti internazionalisti erano per il fronte unico delle fabbriche, nei luoghi di lavoro; erano per un vasto moto spontaneo che, ponendo in secondo piano alcune marginali divergenze interpretative, convogliasse operai e contadini “di tutte le correnti politiche e senza partito” contro i due fronti borghesi contro la teoria del male minore, contro l'arbitrarismo barricadiero, per legare le agitazioni economiche alla guerra di classe. Su tali basi gli operai avrebbero dovuto organizzarsi sul posto di lavoro per aumentare e centuplicare le forze destinate a battersi sulle barricate di classe contro la guerra.
Da Il proletariato e la seconda guerra mondiale - in Battaglia comunista, febbraio 1948
Esperienze in alcuni loro aspetti storicamente conclusesi, ma fondamentalmente preziose per gli insegnamenti raccolti, nella classe e nel vivo delle sue lotte, affermò più tardi il compagno O. Damen al congresso di Firenze - 1948:
Proprio alla determinazione di muoversi con le masse in agitazione, su di un piano preciso di critica anti-rivendicativa e per una lotta frontale e spietata contro la direzione opportunista, patriottarda ed imperialista del nazional-comunismo, il nostro Partito deve la possibilità della sua affermazione, così nella fase antifascista della guerra di liberazione, così nel periodo della ricostruzione, così ora, in questa torbida fase di preparazione della terza guerra mondiale.
Fascismo e antifascismo
La Sinistra Italiana si era battuta, nelle file stesse del P.C. d'Italia contro la direzione Gramsci-Togliatti sostenendo la tesi dell'inconsistenza teorica e storica d'un generico antifascismo che mirava a ridicolizzare questo fenomeno classificandolo come sottospecie borghese-capitalista che andava battuto con le forze del “blocco storico” del proletariato, cioè, in alleanza con le forze progressive della stessa borghesia capitalista.
O. Damen - 1963
È merito della Sinistra Italiana d'aver considerato il fascismo tutto uno col capitalismo preso nel suo insieme, come la espressione politica di un particolare momento della crisi aperta dalle conseguenze disastrose della prima guerra mondiale, in una parola come la guardia armata della sua conservazione contro l'assalto, sempre possibile allora, del proletariato.
E va aggiunto che la Sinistra non è mai venuto meno questa giusta considerazione del fascismo-capitalismo, per cui ha potuto, costituendosi nel 1943 “Partito Comunista Internazionalista”, sottrarre la sua ideologia e alcuni quadri essenziali di combattenti di classe all'inevitabile sbocco della collaborazione con le forze della guerra e dell'imperialismo, verso cui dovevano precipitare tutti i partiti nazional-comunisti legati alla politica dello Stato russo e al nazionalismo della più grande Russia.
Il termine “internazionalista” sta proprio a significare la distinzione precisa che non ammette confusione tra i comunisti marxisti-leninisti che sono rimasti fedeli al principio dell'internazionalismo operaio, e i nazional-comunisti che tale principio hanno tradito suggestionati dal mito della potenza russa e dai miracoli della tecnica che il Capitalismo di Stato porta inevitabilmente con sé in questa ultima fase della sua esistenza di classe.
E come Comunista Internazionalista, il Partito ha denunciato da solo, la falsità, il tradimento e la nuova prepotenza che si nascondevano dietro le parole d'ordine della guerra di liberazione, della guerra per la libertà e la democrazia, portando a compimento il più mostruoso tradimento che doveva superare, specie nelle conseguenze, quello perpetrato dai capi della II Internazionale di fronte alla prima guerra mondiale e contro i quali Lenin diresse la critica più spietata e demolitrice.
Questo richiamo ad una fra le più importanti e caratterizzanti della Sinistra, fece da presupposto dichiarato alla iniziale attività del Partito:
L'antifascismo dei partiti democratici, che nella fase più acuta della crisi italiana si affiancarono al fascismo come un fratello maggiore; l'antifascismo del vecchio e glorioso partito socialista che per congenita verbosa dabbenaggine politica gli ha spianato la strada lastricandola con le sue debolezze e i suoi errori, non è il nostro antifascismo. Semmai, il comunismo è antifascista allo stesso modo che è anticlericale e antidemocratico; la distinzione perciò tra fascismo e borghesia antifascista è per noi quanto mai arbitraria, artificiosa e polemica, che pullulano entrambe dalla stessa matrice storica.
Da Prometeo clandestino n° 7 dell'1-5-1944
Concepiamo la lotta contro il fascismo come lotta che deve essere condotta innanzitutto contro il capitalismo, che al fascismo ha dato anima e corpo, gli ha trasfuso tutto l'odio che la paura folle della perdita del privilegio può ispirare, e gli ha armato la mano per farne l'esecutore cieco e bestiale della sua vendetta di classe.
Chi sul piano della formulazione teorica, come su quello della lotta politica, distingue il fascismo dalla borghesia, la guerra fascista dalla guerra democratica, è esso stesso obiettivamente, inconsciamente, forse, fascista in potenza.
Solo la lotta totale, spietata, contro il capitalismo, contro ogni sua manifestazione e in particolare contro la guerra che del capitalismo è la estrema più iniqua e barbara manifestazione, garantisce la serietà e la concretezza della lotta contro il fascismo mussoliniano di oggi e il fascismo democratico di domani.
Le “socializzazioni di stato”
Nell'analizzare le proposte di “socializzazione” contenute nel programma fascista della Repubblica di Salò, il P.C.Internazionalista denunciava la tendenza, presente nello sviluppo generale del capitalismo in crisi, “in senso collettivo”, verso forme di Capitalismo di Stato.
Era evidente la mossa demagogica con la quale l'ultimo Mussolini tenta di “coinvolgere sul piano della guerra dell'Asse strati sempre più vasti di masse operaie”. Un coinvolgimento, uno “spirito di collaborazione per migliorare le condizioni dei lavoratori” (come dichiarava il fascismo) attraverso strumenti che saranno fatti propri dai partiti “democratici” del congresso di Bari, e riproposti dal C.L.N. nel suo decreto sulla socializzazione del 25 aprile 1945.
Ed infatti - si chiedeva Prometeo - che cosa c'era dietro queste nazionalizzazioni statizzazioni e socializzazioni che i fascisti e i democratici, con metodi e accorgimenti diversi, promettono agli operai? È quella forma di intervento dello Stato avoca a sé, dietro adeguato compenso, la proprietà privata di quelle imprese industriali che rivestono il più odioso carattere di monopolio o che la classe dominante giudica di massimo interesse nazionale; e assumendone la gestione, le inquadra in un piano economico che non è più dettato da interessi di singoli o di categorie, ma dalle superiori necessità della classe nel suo insieme.
Da Prometeo 1-4-1944
Per tutti, ovvero per le “superiori necessità della classe dominante nel suo insieme”, esistono dei precisi condizionamenti di natura oggettiva - cioè economici - e quindi soggettivi - cioè politico-sindacali.
Se occorressero altre prove del fatto che tutti gli strati borghesi, fascisti e democratici, si trovano a dover fronteggiare gli stessi problemi [...] basterebbe la circostanza che, proprio sul terreno sociale, i loro programmi tendono gradatamente a identificarsi [...] la socializzazione non solo non rappresenta una deviazione dal sistema capitalistico, ma ne è anzi il potenziamento estremo; non solo non è il socialismo, ma è l'estremo espediente della classe dominante per sbarrare la via alla rivoluzione proletaria.
Da Prometeo, 1-4-1944
Ed anche sulla questione della pseudo socializzazione, orchestrata dallo Stato borghese tanto in veste fascista che democratica, gli internazionalisti saranno i primi e i soli a smascherare le manovre controrivoluzionarie del capitale e dei suoi fiancheggiatori nazional-comunisti, tenendo alta la bandiera del vero socialismo e degli interessi del proletariato.
Senza rivoluzione proletaria non vi può essere concreta socializzazione e ogni altra esperienza collettiva nei quadri dello Stato borghese è sempre da considerarsi come esperienza in funzione anti-operaia.
Da Prometeo, 1-3-1944
Il moto partigiano
Operai!
Da Prometeo n. 4 - febbraio 1944
Che cosa vogliono, ciascuno dal suo punto di vista, i due blocchi borghesi, il fascista e il democratico? Mobilitarvi a favore della loro guerra. Che cosa vogliamo noi? Mobilitarvi contro la guerra, contro il più spaventoso macello che la storia ricordi.
Essi vi promettono in premio una “repubblica sociale” di cartapesta e un governo di coalizione democratica - il proletariato accanto al padrone e al prete - noi vi convochiamo alla lotta per la presa del potere da parte del proletariato, in nome di tutti gli sfruttati del capitale.
Fra il tricolore e la bandiera rossa voi avete già scelto. Viva la rivoluzione proletaria.
-
Il nostro atteggiamento di fronte al fenomeno del partigianesimo - si legge su Prometeo n. 4 del febbraio 1944 - è dettato da precise ragioni di classe. Nate dallo sfacelo dell'esercito, le bande armate sono, obiettivamente e nelle intenzioni dei loro animatori, degli strumenti del meccanismo della guerra inglese, ed i partiti democratici le sfruttano col doppio intento di ricostruire sul territorio occupato un potenziale di guerra e di sviare dalla lotta di classe una minacciosa massa proletaria, gettandola nella fornace del conflitto. Alla propaganda dei sei partiti, che incita i giovani proletari ad abbandonare il loro terreno specifico di lotta - le città e le fabbriche - per raggiungere in montagna le schiere partigiane, dissanguando così l'esercito della rivoluzione, noi non possiamo perciò che opporre il più categorico rifiuto.
Ma l'attenzione del Partito si rivolgeva anche a quanti - operai, perseguitati politici, soldati disertori, giovani renitenti alle leve fasciste - erano stati costretti alla macchia e quindi reclutati nelle formazioni partigiane, sotto l'illusione di imbracciare il fucile per la rivoluzione proletaria mentre si trattava di “far uscire dalla porta un imperialismo per farne entrare dalla finestra un altro”.
L'indicazione pratica del Partito fu quella di...
scindere la propria azione da quella dei difensori della patria dei borghesi e dalla guerra nazionale, ed a trasformare i propri nuclei armati in organi di autodifesa operaia, pronti a riprendere domani il loro posto nella lotta, non per il fantasma delle libertà democratiche, ma per la realtà dura ma luminosa della rivoluzione proletaria.
Occorreva diffondere anche fra i gruppi alla macchia le posizioni sostenute dagli internazionalisti; e, ove fosse possibile, fare opera di penetrazione nelle file partigiane per diffondere principi e tattica del movimento rivoluzionario. In questo difficile lavoro profusero il loro impegno i compagni Mario Acquaviva in Piemonte e Fausto Atti in Emilia, prima di essere entrambi trucidati dagli emissari del Pci.
Le posizioni del Partito Comunista Internazionalista rimasero sempre, chiaramente ed inequivocabilmente, differenziate sia nei confronti dei gruppi romani di Bandiera Rossa che di quello torinesi di Stella Rossa, entrambi ed in maggioranza confluiti poi nel Pci. Gli internazionalisti di Prometeo furono conseguentemente l'unico centro politico-organizzativo esistente nel cuore della guerra, che combattesse contro la guerra nel suo complesso in nome del marxismo rivoluzionario.
Su Battaglia comunista del marzo-aprile 1960, così Onorato Damen ricordava e commentava criticamente l'esperienza del moto partigiano:
Data la chiara, aperta e conseguente posizione assunta dal Partito di fronte ai problemi di fondo - fascismo e guerra - l'antifascismo e la guerra antifascista condotta con la forza, la ideologia e i mezzi materiali e morali offerti a piene mani dall'imperialismo americano, erano avvenimenti estranei agli interessi specifici del proletariato e andavano osservati come fenomeni che trovavano la loro ragione d'essere nella dialettica interna della borghesia capitalista. Di fronte, quindi, al fascismo e alla guerra antifascista bisognava formulare una denuncia politica, tanto più precisa e spietata quanto più grave appariva il pericolo incombente sulle masse operaie di prestarsi ad una diversione politico-sentimentale e patriottica attraverso un generico antifascismo a cui si dava l'obiettivo di salvare i valori tradizionali del capitalismo e della democrazia parlamentare.
Si poneva quindi per il Partito più che il problema di azione immediata, per la quale mancavano tutte le premesse, quello di creare un centro vivo di chiaro, preciso orientamento marxista e di polarizzazione di classe col compito immediato di intrecciare alla critica e al resistentismo, legato agli ideali e agli interessi della guerra di liberazione, l'opera teorica, politica e organizzativa mirante a fare del resistentismo la punta avanzata di un movimento il cui terreno di azione non fosse l'antifascismo e la guerra di liberazione ma l'anticapitalismo e la conquista rivoluzionaria del potere da parte del proletariato armato.
I tentativi fatti in questa direzione, se hanno procurato al Partito la perdita per mano partigiana di uno dei suoi combattenti migliori, Mario Acquaviva, hanno provato all'evidenza che era impossibile allora tentare di penetrare con queste idee e con questi propositi nel dispositivo delle formazioni partigiane e di incrinarne lo spesso involucro impastato di guerra e di immensi interessi che esso portava con sé in ogni settore della sua ordinaria attività.
E al Partito Comunista Internazionalista avevano aderito, e si erano organizzati...
i pochi che avvertirono la vera natura del moto partigiano, lanciato alle reni del fascismo stretto nella morsa non di una insurrezione proletaria ma di una guerra senza speranze, e situarono tempestivamente ed esattamente questo movimento nel quadro di una visione strategica della guerra. Erano stati i soli ad opporsi alla guerra imperialista, i soli a non subire la suggestione della guerra democratica antifascista, i soli a dissociarsi apertamente e duramente dalla guerra sovietica, i soli che avevano al loro attivo la lotta, anche armata, contro il fascismo fin dal suo sorgere, i soli che per coerenza al marxismo rivoluzionario e ai recenti insegnamenti di Lenin, avevano affrontato il fascismo in tutte le sue manifestazioni e con esso i rigori delle sue galere.
La fondazione, l'organizzazione e l'attività del Partito Comunista Internazionalista
Dal Quaderno di BC n. 6 - Il processo di formazione e la nascita del Partito Comunista Internazionalista
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