L'incubo nucleare - Per una caratterizzazione di classe della lotta contro il nucleare

I movimenti contro l'opzione nucleare, come abbiamo visto, hanno una marcata caratterizzazione interclassista, cioè tendono a fare delle rivendicazioni (importantissime) di una diversa scelta energetica e della salvaguardia dell'ambiente umano il punto di forza nell'incontro fra le più svariate correnti ideologiche e fra gli appartenenti alle più contrapposte stratificazioni sociali.

Si parte dal principio che il nucleare, con la sua incombente ombra di morte e di pestilenziali calamità, riguarda tutti, in quanto cittadini direttamente minacciati. Fanno cioè leva sul sacro terrore che il nucleare può suscitare, accogliendo le più svariate personalità politiche ed ideologiche e, dunque, la più generale confusione; la quale dà a sua volta luogo alle più generiche approssimazioni.

Sanno gli ambientalisti che in regime capitalistico gli uomini non appartengono a se stessi ed alla propria volontà ma appartengono invece a classe sociali distinte e in conflitto fra loro e, spesso, in stato di profondo antagonismo e di diretta contrapposizione? E fra queste classi vi sono anche quelle che dal nucleare hanno tratto e traggono i massimi vantaggi economici e fintano adesso una adesione all'ecologismo per un "riciclaggio politico" dello stesso, all'interno delle strutture del capitalismo.

Ciò avviene con l'azione e la strategia dei partiti politici borghesi che, tanto di destra, di centro o di sinistra, con la loro forza e capacità organizzative, operano per conquistare "dal di dentro" movimenti di lotta come quello contro il nucleare.

Prima o poi un qualche partito (o più d'uno) riuscirà a mettere il proprio cappello su un movimento originariamente spontaneo ma, progressivamente, segnato dal marchio politico di una delle correnti con cui la borghesia esercita il suo potere.

Ma anche la spontaneità, che inizialmente era da annoverare fra i pregi del movimento, va superata, va sublimata in una strategia politica chiara e finalizzata all'individuazione del vero nemico da combattere e da abbattere: il capitalismo.

Certe metodologie di lotta hanno solo il triste privilegio di disarmare ogni potenzialità eversiva che si manifesta nella società a causa dei crescenti disagi imposti dal regime del profitto in crisi. Fra queste spiccano quelle del movimento "verde" che basa le sue analisi sulle apparenze delle cose e non sulla loro reale natura.

In quanto movimento di massa, il movimento antinucleare contiene di tutto. Bisogna da questo "tutto" tentare una selezione delle potenzialità rivoluzionarie da quelle "conservatrici" e obbedienti alle regole del sistema democratico borghese.

I rivoluzionari devono lavorarci dentro, per creare una frattura dì classe, la più profonda possibile, per separare e contrapporre gli inconciliabili interessi che si agitano all'interno ma sono sparsi e dispersi nel falso unanimismo dell'"autodifesa" e della "difesa dell'intera specie umana".

La nostra caratterizzazione deve essere la più netta possibile, affinché risulti ancor più chiaramente la nostra importazione politica, la nostra strategia di lotta.

Nessun compromesso con le forze borghesi operanti nei movimenti ecologicisti; all'interno di questi bisogna evidenziare quello che è il campo proletario da quello invece borghese e piccolo borghese.

La lotta antinucleare assume un senso solo se e in quanto lotta anticapitalistica. Oggi vi sono le premesse che ciò possa avvenire; la lotta al nucleare, la lotta in difesa dell'ambiente, devono diventare lotta al modo di produzione che quotidianamente avvelena tutto l'ecosistema.

Non è più il tempo dei patteggiamenti e dei compromessi (tra l'altro irrealizzabili); anni e anni di questo modo di far politica non hanno fermato né la costruzione delle centrali, né il ripetersi degli incidenti.

Alla violenza di scelte antiumane e criminali bisogna opporre la determinazione e la forza di massa dei lavoratori che finora hanno solo subito la becera logica del profitto.

Il problema non è, come pensano gli antinucleari, di una maggior democrazia o delle astruse e impossibili rivendicazioni che il capitalismo non potrà mai soddisfare.

Noi siamo contro il nucleare; siamo soprattutto contro l'uso capitalistico della scienza, che la piega al servizio del profitto. Per questo ci battiamo affinché alle scelte della borghesia contro l'umanità, il proletariato opponga la sua determinazione rivoluzionaria verso una società basata sull'interesse di tutti e di ognuno.

Spetta alla classe operaia, antagonista storica della borghesia, il compito dell'abbattimento di questo modo di produrre e di distribuire; quella classe operaia oggi latitante ma che, pur relegata nel ghetto del finto partecipazionismo democratico delle strutture borghesi, ogni tanto risorge come unica forza capace di mettere in questione il sistema.

Spetta al proletariato, somma di tutti i lavoratori sfruttati, di rimettersi alla testa di tutti i movimenti e di tutti i ceti che subiscono il capitalismo e le sue scelte disgraziate.

Perché ciò avvenga è indispensabile che si rafforzi la avanguardia cosciente del proletariato, il partito di classe, senza il quale nessuna soluzione finale si può rendere possibile. È questo uno dei più grandi ed istruttivi insegnamenti della storia, da Marx ad oggi. Al quotidiano lavoro nelle fabbriche e sui posti di la vero, per stimolare la ripresa della lotta autonoma di classe, deve oggi affiancarsi un capillare lavoro di denuncia e di informazione sui nessi precisi fra capitalismo e danni all'ambiente.

Solo così le future lotte sociali in difesa dell'ambiente si potranno collegare e fondere nella complessiva strategia rivoluzionaria per un mondo diverso, costruito a misura dell'uomo che lavora.

Socialismo e superamento della barbarie ereditata dal mondo capitalistico di produzione

La produzione energetica capitalistica è di tipo "intensivo" (legata alle strategie militari) e organizzata sulla base di grandi impianti per grandissime produzioni concentrate nello spazio. È per tale motivo che si è sempre dimostrata dannosissima per l'ambiente e per l'equilibrio uomo-natura.

L'incidente di Chernobyl non è altro che la punta di un iceberg, dell'enorme problema che investe l'ambiente e il suo degrado portato avanti criminalmente da responsabilità precise.

Inquinamento atmosferico, devastazioni territoriali, acque avvelenate, oceani ridotti in pattumiere, laghi morti, fiumi pericolosamente compromessi, specie viventi estinte ecc.; l'uomo ha conosciuto e sta conoscendo le più terribili malattie in seguito a ciò e, fra queste, tumori vari e il frequentissimo insorgere di casi di cancri maligni.

Al socialismo spetterà l'immane compito di risanamento dell'ambiente. Sarà una lotta durissima che tenderà a ripristinare le vitali funzioni dell'atmosfera. Sarà una generale opera di "pulizia" che si caratterizzerà come il prolungamento della lotta al capitalismo, come la "rivoluzione permanente" del futuro.

Si pensi soltanto agli studi e alle ricerche per risolvere il problema delle scorie radioattive sepolte, al momento, al di là di qualsiasi forma di reale sicurezza per il futuro, nei "cimiteri commerciali", dove giace il plutonio, pericolosissimo, che rimarrà attivo per milioni di anni.

Si pensi allo smantellamento delle centinaia di centrali nucleari esistenti, delle strutture e dei manufatti contaminati e degli impianti di ritrattamento del plutonio.

Si pensi, ancora, all'opera di bonifica di immensi territori devastati dalle attività estrattive indiscriminate e al riassorbimento dei processi di desertificazione oggi in pieno ritmo di espansione; o, ancora, alla preservazione delle specie viventi e alla salute della collettività umana. E si potrebbe continuare all'infinito.

Riuscirà il socialismo a fare tutto ciò? Si, poiché, essendo una società che ha abolito il profitto, avrà anche abolito ogni forma di speculazione.

Potrà essere fatto veramente ciò che è utile e non ciò che è vantaggioso in puri termini economici e finanziari. Non ci saranno gruppi (economici o politici) prevalenti su altri ma vi sarà un potere fondato sull'amministrazione delle cose, in antitesi all'odierno dominio di classe, dello sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo.

La rivoluzione proletaria dovrà mettere a punto il programma di riorganizzazione della produzione che rimetterà in causa le scelte di fondo del capitalismo che oggi nessun ecologista sa contestare alla radice, né tanto meno, può pensare di poterne imporre le modifiche più necessarie ed urgenti.

Il socialismo non è per le megacentrali che arrecano danni disastrosi all'umanità; il socialismo è per una produzione energetica distribuita (cosa, questa, che il capitalismo non si può permettere).

Il programma energetico sarà definito all'interno di una strategia complessiva di sviluppo sociale, valutando le priorità dei fabbisogni da coprire, la disponibilità dei mezzi che si rendono necessari, l'esistenza delle alternative.

Sarà necessario, immediatamente dopo la vittoria della dittatura del proletariato, introdurre delle politiche di controllo della crescita, della distribuzione temporale e della domanda di energia. L'economia si dovrà ristrutturare nell'ambito di "vincoli" espansivi collegati ad una generale pianificazione delle territorialità, anche sovranazionali, (quando la rivoluzione, com'è auspicabile, si sarà diffusa a livella internazionale) e nella direzione di un rinnovamento tecnologico diffuso ed equilibrato nello spazio e nel tempo.

In altre parole, compensare i divari fra i paesi a diverso stadio di sviluppo produttivo e tecnologico. Ciò comporterà, anche se nell'Occidente industrializzato la tendenza alla crescita dei consumi di energia sta invertendosi, un aumento enorme della domanda complessiva di energia. L'entità dei fabbisogni energetici globali, sugli attuali livelli e standard dei consumi europei, sarebbe di circa quattro volte l'attuale consumo complessivo di energia.

Ci si dovrà scontrare dunque, con la disponibilità di risorse tenendone presente la distribuibilità a livello internazionale: solo lo sviluppo continuo delle fonti alternative potrà dare soluzione definitiva al problema. La sostituzione delle fonti convenzionali (a parte quella nucleare e le altre ad alto tasso inquinante) potrà avvenire con sufficiente gradualità ed in favore di un insieme differenziato di nuove fonti dedicandovi un adeguato sforzo di ricerca.

Si dovrà puntare sul miglioramento dell'efficienza delle conversioni e degli impieghi, politica mai attuata dal capitalismo. Una semplice razionalizzazione degli impieghi avrebbe già consentito, oggi, ai paesi sviluppati, un risparmio dei consumi di circa il 30-40%, senza modificare né il ritmo, né i caratteri del loro sviluppo né, infine, lo "stile" di vita; ma l'energia merce va consumata nella maniera più indiscriminata per poter essere rivenduta in più copiosa quantità: è la legge del mercato capitalistico.

Il socialismo partirà invece da presupposti "sovversivi" che sono quelli della produzione e del consumo a partire dai bisogni. Ciò presuppone una gestione economica con lo scopo di soddisfare il massimo possibile di bisogni mediante il minimo possibile di lavoro e di risorse fisiche.

È la negazione della logica capitalistica: la sfera delle necessità e quindi il tempo di lavoro socialmente necessario possono essere ridotti al. minimo solo mediante una pianificazione articolata: verrà allargata la sfera della libertà per liberare l'uomo dalla schiavitù del lavoro.

Aiutato e compendiato in ciò dalla tecnologia più avanzata, posta al servizio della collettività, l'uomo potrà dimenticare la barbarie che il capitalismo gli aveva impietosamente, per centinaia di anni, fatto subire.